Lunedì, 05 Novembre 2018


Un nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Medicina interna e specialità mediche, ha dimostrato sperimentalmente il ruolo del particolato atmosferico nell’insorgenza di malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista Cell Death & Disease
Sempre più numerose evidenze scientifiche sostengono il concetto secndo cui i fattori ambientali possano contribuire alla patogenesi delle malattie autoimmuni, specialmente di quelle reumatologiche. Dimostrare il ruolo dell’inquinamento ambientale nel determinismo di tali patologie, ne amplia lo spettro dei fattori di rischio, ma anche il campo d’intervento e prevenzione.

È in questo contesto che si inserisce la ricerca coordinata da Guido Valesini del Dipartimento di Medicina interna e Specialità mediche in collaborazione con Silvana Fiorito e i ricercatori dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale (IFT) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), recentemente pubblicata sulla rivista Cell Death & Disease. Lo studio ha approfondito il ruolo del particolato atmosferico proveniente dai gas di combustione dei motori diesel Euro 4 ed Euro 5 e ne ha valutato gli effetti sulla funzionalità e sulle caratteristiche biologiche delle cellule del tessuto bronchiale.

I risultati degli esperimenti hanno dimostrato come le nanoparticelle carboniose (uno dei principali componenti derivanti dalla combustione dei motori diesel) siano in grado di indurre autofagia (una forma di autodigestione) e morte per apoptosi delle cellule dell’epitelio bronchiale, con concomitante produzione di proteine “citrullinate”.

“È interessante sottolineare – commenta Guido Valesini – come il particolato Euro 5 sia risultato potenzialmente più dannoso rispetto a quello proveniente dai motori diesel Euro 4. Questo fatto dimostra che una riduzione della quantità delle emissioni di particolato non comporta automaticamente una riduzione degli effetti tossici”. La citrullinazione è un processo naturale e fisiologico che rappresenta un modo per regolare la funzione delle proteine. Nei soggetti affetti da artrite reumatoide tuttavia questo processo diventa eccessivo e provoca un accumulo patologico di proteine citrullinate, le quali evocano una risposta immunologica che causa la produzione di anticorpi diretti contro queste stesse proteine, determinando un attacco autoimmune contro i tessuti normali.

Pubblicato in Medicina
Lunedì, 05 Novembre 2018 12:32

Stress idrico e termico minacciano il mais

Variazione delle perdite di resa dovute alla siccità in mais (a) frumento invernale (b) nel periodo 2040-2069 (centrando l’orizzonte temporale al 2050) per lo scenario RCP4,5 rispetto al periodo di riferimento (1981-2010). I risultati sono presentati considerando l’effetto della CO2 (in alto) e senza (in basso) per due GCM: HadGEM2-ES (prima colonna) e MPI-ESM-MR (seconda colonna). I risultati mostrati sono la risposta mediana tra i 10 modelli colturali considerati.


Siccità e ondate di calore nel periodo estivo saranno, da qui al 2050, responsabili della diminuzione di produzione a scala europea del mais. Per il frumento, che presenta un ciclo colturale più precoce, si prevedono invece aumenti di resa. A individuare nuovi modelli di pratiche colturali e di miglioramento genetico delle varietà erbacee per contrastare gli effetti del riscaldamento globale, un team di ricercatori internazionali di cui fanno parte Istituto di biometeorologia Cnr e Università di Firenze. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Communications
L’agricoltura è fra i settori produttivi maggiormente esposti alla variabilità climatica. Stress idrico e termico potrebbero essere causa di una riduzione, da qui al 2050, della produzione, su scala europea, di mais. Per contrastare questi effetti, anche in considerazione dei nuovi dati del Rapporto Speciale “Global warming of 1.5°C” - IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change sul superamento del limite di 1,5 gradi del riscaldamento globale nel 2040), un team internazionale di cui fanno parte ricercatori dell’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibimet) e del Dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente (Dispaa) dell’Università di Firenze, ha individuato nuovi modelli di pratiche colturali e di miglioramento genetico delle varietà di mais e frumento. I risultati della ricerca, realizzata all’interno del progetto europeo MACSUR (Modeling European Agriculture with Climate Change for food Security), sono stati pubblicati su Nature Communications.

Pubblicato in Ambiente

 

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