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Scoperta possibile connessione tra iperparatiroidismo primario lieve e malattie cardiovascolari

Università di Trieste 23 Apr 2021

 

Un gruppo di ricercatori dell’Università degli studi di Trieste, dell’ospedale Cattinara di Trieste e dell’Università di Padova ha osservato la presenza di un legame tra iperparatiroidismo primario lieve - malattia endocrina che colpisce fino all’11% della popolazione femminile in età da menopausa - e rischio cardiovascolare. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista americana The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.

Una recente meta-analisi di un gruppo di ricercatori dell’Università degli studi di Trieste, dell’ospedale Cattinara di Trieste e dell’Università di Padova, ha osservato la presenza di un legame tra iperparatiroidismo primario lieve – una malattia endocrina che colpisce fino all’11% della popolazione femminile in età da menopausa – e rischio cardiovascolare.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica di riferimento del settore The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, e poi ripresa da Physician’s Weekly.

Nonostante sia stato ampiamente dimostrato che le forme gravi di iperparatiroidismo primario siano associate ad un aumentato rischio di ipertensione, ipertrofia cardiaca e mortalità cardiovascolare, il legame tra le forme lievi di malattia - molto più frequenti nella popolazione – ed il rischio cardiovascolare resta dibattuto. In questa meta-analisi si documenta per la prima volta che l’iperparatiroidismo primario lieve è associato ad un aumento della rigidità arteriosa, che è un marcatore emergente di rischio cardiovascolare. Non solo, dall’analisi degli studi esistenti, il trattamento chirurgico dell’iperparatiroidismo primario lieve si dimostra in grado di ridurre in maniera significativa la rigidità arteriosa e quindi il rischio cardiovascolare dei soggetti affetti da tale patologia. Questo dato fa emergere quindi l’utilità di intervenire chirurgicamente nei soggetti con iperparatiroidismo primario lieve non solo a protezione del danno renale ed osseo, come indicato dalle attuali linee guida, ma anche a protezione cardiovascolare.

Lo studio è stato condotto dalla dott.ssa Stella Bernardi (MD PhD), ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di scienze mediche dell’Università degli Studi di Trieste, grazie alla collaborazione con la dott.ssa Fabiola Giudici (MSPH), ex-assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Trieste e attualmente dottoranda in biostatistica ed epidemiologia clinica presso l'Università degli Studi di Padova, ed il dott. Andrea Grillo (MD, PhD), dottore di ricerca in sanità pubblica e dirigente medico presso l’UCO di medicina clinica dell’Ospedale di Cattinara.

“Quest’analisi apre indubbiamente il dibattito sulla eventuale necessità di rivedere le linee guida correnti – dichiara Stella Bernardi ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di scienze mediche dell’Università degli Studi di Trieste - anche se essendo basata su dati derivanti da studi prevalentemente osservazionali, sono necessari ulteriori studi randomizzati su casistiche più ampie. Sicuramente, però, la ricerca fa emergere che nell’inquadramento dei pazienti affetti da iperparatiroidismo primario lieve va inclusa la valutazione del rischio cardiovascolare, che non può più essere dimenticata.”

 

Ultima modifica il Venerdì, 23 Aprile 2021 09:21
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