Gennaio 2022

Lo studio internazionale, al quale hanno partecipato ricercatori ENEA e INGV, ha evidenziato anche che i cinque anni più caldi si sono verificati tutti a partire dal 2015 e ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente

È stato completato il primo studio sul riscaldamento globale degli oceani con i dati relativi all’anno 2020 elaborato da un team internazionale di scienziati tra cui ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’ENEA. Secondo lo studio dal titolo ‘Upper Ocean Temperatures Hit Record High in 2020’ appena pubblicato sulla rivista internazionale Advances in Atmospheric Sciences, la temperatura media globale dell’oceano nel 2020 è il valore più caldo finora registrato. Ma non è tutto. L’analisi mostra anche che i cinque anni più caldi mai registrati si sono verificati tutti a partire dal 2015.

I dati del 2020 evidenziano che lo strato dell’oceano tra la superficie e i 2.000 metri di profondità, ha assorbito 20 Zettajoule di calore rispetto all’anno precedente, equivalenti al calore prodotto da 630 miliardi di asciugacapelli in funzione giorno e notte per un anno intero. Per il ruolo che l’oceano riveste nel modulare il clima della Terra, il contenuto di calore dell’oceano rappresenta il miglior indicatore del fatto che il pianeta si stia riscaldando o meno. Come peraltro affermato pochi giorni fa per l’ambito atmosferico dal servizio europeo Copernicus Climate Change, il 2020 e il 2016 sono i due anni più caldi mai registrati considerando, però, che il 2016 è stato l’anno de El Niño, il fenomeno climatico periodico che determina un forte riscaldamento delle acque oceaniche.

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Scoperto il fenomeno responsabile dello scurimento della doratura ne La Maestà di Santa Maria dei Servi a Bologna, grazie alle indagini di un team di ricerca guidato da Cnr-Scitec e Università di Bologna. Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Analytical Atomic Spectrometry, ha esaminato campioni del “pigmento dorato”, adoperato dal pittore fiorentino come sostitutivo della più costosa foglia di metallo. Il risultato è utile per mettere a punto strategie di conservazione preventiva.

 Non è tutto oro quel che luccica. Il detto sembra attagliarsi bene ai dipinti di arte sacra nei quali al posto della costosa foglia d’oro, venne utilizzata una miscela composta da polvere d’argento metallico ed orpimento cioè un pigmento giallo “simigliante all’oro”, così come definito da Cennino Cennini, (Il Libro dell’Arte, Capitolo XLVII), destinato con il tempo a scurire e perdere lucentezza. La celebre Maestà di Santa Maria dei Servi, opera di Cimabue custodita nella omonima chiesa di Bologna, (1280-128 5ca., tempera e oro su tavola) è tra le opere interessate da questo processo di imbrunimento. Per capire le cause del fenomeno un team di ricerca guidato dall’Istituto di scienze e tecnologie chimiche "Giulio Natta" (Scitec) del Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e l’Università di Anversa (Belgio), ha esaminato il capolavoro cimabuesco. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista «Journal of Analytical Atomic Spectrometry»

https://pubs.rsc.org/en/content/articlehtml/2021/ja/d1ja00271f

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Pubblicato su European Child & Adolescent Psychiatry il primo studio longitudinale in Italia. Dopo 4 anni dalla nascita incremento dei disturbi emotivi e comportamentali, associati allo stress della mamma. Il Direttore Sanitario del Medea: occorre aiuto psicologico.

L'umore materno condiziona la traiettoria dei problemi emotivi e comportamentali nei bambini in età prescolare, specie durante la pandemia. Lo dice uno studio dell'IRCCS Medea, appena pubblicato sulla rivista European Child & Adolescent Psychiatry.

La pandemia di COVID-19 e il successivo lockdown hanno avuto un impatto drammatico sulla vita delle famiglie e molte ricerche stanno evidenziando l'incremento di problemi psicologici negli adolescenti. Tuttavia, pochi studi hanno indagato l'impatto del lockdown sui più piccoli attraverso un disegno longitudinale, grazie al quale è possibile confrontare il funzionamento adattivo dei bambini prima e durante il lockdown.
C'è stato un effettivo incremento di problemi emotivo-comportamentali nei bambini in età prescolare? Esiste una relazione tra il benessere del genitore e quello del bambino?

Coppie mamma e bambino, da 7 anni sotto la lente
Il gruppo di ricerca dell'Attachment Lab del Medea di Bosisio Parini sta monitorando gli effetti dell'umore materno sullo sviluppo del bambino da diversi anni nell'ambito dello studio EDI (Effetti della Depressione sull'Infante), nato in collaborazione tra l'IRCCS Medea e il Research Department of Clinical Educational and Health Psychology dell'University College London.

"Abbiamo iniziato a seguire un gruppo di mamme con i loro bambini 7 anni fa, a partire dalla gravidanza, valutando l'impatto dello stress materno sullo sviluppo del bambino in diverse fasi del suo sviluppo. Tra i diversi aspetti esaminati, abbiamo indagato la sintomatologia ansioso e depressiva nelle madri e il funzionamento emotivo-comportamentale dei bambini prima dello scoppio della pandemia, a 1 e a 3 anni di distanza dal parto, e durante il primo lockdown, dopo 4 anni dal parto. Abbiamo osservato non solo un incremento dei problemi di ritiro, ansia-depressione, reattività emotiva ed aggressività nei bambini di questa età durante il lockdown rispetto a prima, ma scoperto anche il ruolo giocato dalla sintomatologia ansiosa-depressiva materna nel moderare tale traiettoria", spiega la responsabile dello studio EDI Alessandra Frigerio.

Il campione di mamme e bambini, reclutato negli ospedali Valduce di Como, Mandic di Merate e Fatebenefratelli di Erba, è stato valutato attraverso gli strumenti maggiormente utilizzati negli studi epidemiologici in ambito internazionale per i problemi emotivo-comportamentali (Edinburgh Postnatal Depression Scale e State-Trait Anxiety Inventory per le mamme, Child Behavior Checklist per i bambini).

Il contesto familiare può avere un ruolo protettivo
Nel complesso, i problemi emotivi e comportamentali dei bambini sono aumentati significativamente durante l'isolamento. Non solo, il disagio psicologico delle madri durante il lockdown ha contribuito a esacerbare il malessere dei figli. Al contrario, i bambini le cui madri sperimentavano meno sintomi d'ansia e di depressione durante il lockdown non mostravano un incremento di problemi internalizzanti ed esternalizzanti durante la prima ondata della pandemia rispetto al periodo precedente.

Bonus psicologo?
Questi risultati contribuiscono a far luce sul ruolo giocato dal benessere emotivo materno nel tamponare l'impatto del lockdown sullo sviluppo comportamentale dei bambini: "anche se preliminari, i risultati attuali evidenziano la necessità di fornire interventi psicologici tempestivi alle madri in difficoltà per aiutare i loro figli ad affrontare meglio gli effetti della pandemia" sottolinea il Direttore sanitario dell'IRRCS Medea Massimo Molteni, che conclude con un appello: "auspico un intervento delle istituzioni per aiutare chi ha bisogno di un sostegno psicologico ma non può permetterselo".

https://rdcu.be/cECIA

 

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Lo studio, pubblicato su Hearth Rhythm, consente una valutazione più esatta dei rischi connessi alla patologia cardiaca e dell’efficacia delle misure di prevenzione.
La sindrome di Brugada è una patologia cardiaca ereditaria con rischio di morte improvvisa, in assenza di difetti strutturali del cuore. Gli eventi avversi riguardano soprattutto giovani adulti tra i 30 e i 40 anni, ma, in presenza di alcuni fattori di rischio, non sono esclusi i bambini. Il carattere piuttosto recente della scoperta e la scarsità di una casistica accurata, provoca un comprensibile  allarme nelle famiglie di bambini e ragazzi con sospetto clinico. Questo può spingere ad accrescere in maniera immotivata il numero di esami finalizzati alla diagnosi e alla stratificazione del rischio, fino addirittura all’adozione di strumenti terapeutici non adeguati. Uno studio del Bambino Gesù pubblicato sulla rivista Heart Rhythm, una delle più autorevoli nel campo dell’aritmologia, descrive in maniera specifica e per la prima volta gli effetti della sindrome di Brugada in soggetti di età inferiore ai 12 anni.

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La ricerca, coordinata dall’Università degli Studi di Milano, ha identificato per la prima volta un nuovo meccanismo che coinvolge molecole di RNA derivanti da “elementi ripetuti” del DNA: fino a pochi anni fa considerate “DNA spazzatura”, sono invece fondamentali per la corretta funzione dei linfociti T, cellule in prima linea nella lotta contro il cancro. La pubblicazione su Nature Genetics.

Le molecole di RNA non codificanti derivanti da DNA ripetuto, fino a pochi anni fa considerate poco importanti, sono invece fondamentali per l’attivazione e la funzionalità delle cellule immunitarie, in particolare dei linfociti T, e possono diventare un target farmacologico in strategie innovative di immunoterapia.
Lo studio, pubblicato su Nature Genetics, è stato coordinato da Beatrice Bodega, docente di Biologia molecolare, e Sergio Abrignani, docente di Patologia Generale, entrambi dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare "Romeo ed Enrica Invernizzi", ed è stato realizzato in collaborazione con l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e l’Humanitas University di Milano, il CheckmAb spin-off della Statale di Milano, il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, il Policlinico di Milano, l’ospedale San Giuseppe MultiMedica IRCCS di Milano.

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Pubblicata su Medicinal Research Review, la ricerca coordinata dall’Università di Pisa e dall’Aoup apre nuove prospettive per la cura del cancro e di alcune malattie tipiche del neonato prematuro


Il meccanismo biologico è lo stesso e, sebbene con valenze opposte, gioca un ruolo fondamentale nel caso della crescita dei feti nel grembo materno e dello sviluppo di alcuni tumori particolarmente aggressivi. La scoperta pubblicata su Medicinal Research Review, una delle prime riviste di farmacologia al mondo, arriva da una ricerca condotta da un team di neonatologi e di fisiologi composto da Luca Filippi, Maurizio Cammalleri, Paola Bagnoli e Massimo Dal Monte per l’Università di Pisa e Alessandro Pini per l’Ateneo fiorentino.

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Lunedì, 17 Gennaio 2022 10:12

Batterie quantiche superveloci

Ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr e del Politecnico di Milano hanno costruito una batteria che, seguendo le leggi della fisica quantistica, presenta un tempo di ricarica inversamente correlato alla quantità di energia immagazzinata. Possibili applicazioni per dispositivi come caricabatterie senza fili, celle solari e macchine fotografiche. Lo studio è pubblicato su Science Advances.

Le batterie quantiche sono una nuova classe di dispositivi di accumulo di energia che operano secondo i principi della fisica quantistica, la scienza che studia l’infinitamente piccolo dove non sempre valgono le leggi della fisica classica. Tersilla Virgili dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) e Giulio Cerullo del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano hanno dimostrato che è possibile fabbricare un tipo di batteria quantica dove il potere di ricarica aumenta più velocemente aumentando la capacità della batteria. Il lavoro, svolto insieme ad altri gruppi di ricerca internazionali, è stato pubblicato su Science Advances.

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Oggi 14 gennaio entrano in vigore in Italia le nuove regole sulla plastica monouso, frutto del recepimento della Direttiva europea SUP (single-use plastics) 2019/904, che mettono al bando alcuni prodotti usa e getta di uso comune con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento da plastica, soprattutto di mari e oceani.

Oggi, infatti, circa 80% dei rifiuti rinvenuti nelle spiagge europee è costituito da plastica e il 50% dei rifiuti marini da plastiche monouso.

Ad essere inclusi tra gli oggetti che non potranno più essere immessi sul mercato italiano, ci sono: piatti e posate, cannucce, agitatori per bevande, aste dei palloncini e contenitori per cibi e bevande in polistirolo espanso e relativi tappi e coperchi.

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Un anticorpo monoclonale può bloccare la fibrosi e proteggere il muscolo cardiaco dopo un infarto del miocardio.

È questa la significativa conclusione di uno studio guidato da Serena Zacchigna, professoressa associata al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute (DSM) di UniTS e responsabile del laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, che ha dimostrato l’efficacia di un nuovo farmaco biologico. Nel gruppo di lavoro, oltre a Serenza Zacchigna, anche i biologi molecolari Mauro Giacca, professore ordinario, e Andrea Colliva, assegnista di ricerca, entrambi afferenti al DSM.

La ricerca, pubblicata dalla prestigiosa rivista Nature Communications, ha rilevato l'effetto benefico dell'anticorpo attraverso un doppio meccanismo: da un lato riduce la deposizione di tessuto fibroso che limita la funzione di pompa del cuore e dall’altro promuove la sopravvivenza delle cellule muscolari cardiache.

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Lo studio coordinato da Università di Pisa e Scuola Normale Superiore è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports.


Il microbiota intestinale – conosciuto da tutti come microflora intestinale – svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento della funzione del sistema immunitario e nella regolazione del peso corporeo. Nuovi studi suggeriscono che il microbiota potrebbe essere coinvolto anche nella via di comunicazione tra centro e periferia chiamata asse intestino-cervello, modulando le funzioni cerebrali e infine il nostro comportamento.

Per esaminare in modo dettagliato la connessione tra microbiota e cervello, Paola Tognini, ricercatrice del Dipartimento di Ricerca traslazionale (Unità di Fisiologia) dell’Università di Pisa, in collaborazione con il professor Tommaso Pizzorusso della Scuola Normale Superiore, hanno studiato come segnali provenienti dai batteri intestinali possano influenzare la plasticità neuronale. Lo studio, dal titolo The gut microbiota of environmentally enriched mice regulates visual cortical plasticity, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Cell Reports ed è frutto di una collaborazione tra Università di Pisa, Scuola Normale Superiore, Istituto di Neuroscienze del CNR, Fondazione Stella Maris e Università di Milano.

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