Stampa questa pagina

Giorno del Ghepardo: La Nostra Corsa per la Speranza in Namibia

Veronica Rocco 04 Dic 2025

 

Oggi, 4 dicembre, il mondo celebra la Giornata Internazionale del Ghepardo, un momento cruciale per riflettere sulla sorte del mammifero terrestre più veloce, ma anche uno dei più vulnerabili. Per noi, questa ricorrenza ha un significato molto personale: affonda nel cuore rosso e polveroso della Namibia, dove abbiamo visitato il Cheetah Conservation Fund (CCF), un faro di speranza nella conservazione di questa specie magnifica.
Lasciate alle spalle le vaste praterie namibiane e raggiunto il centro di ricerca del CCF, vicino a Otjiwarongo, hai la sensazione di entrare in un santuario. Si respira subito l'impegno totale che anima il lavoro della Dott.ssa Laurie Marker, fondatrice del CCF nel 1990 e pioniera nella difesa del ghepardo (Acinonyx jubatus).
La nostra visita è stata resa particolarmente istruttiva grazie a un'addetta del centro estremamente preparata che ci ha spiegato chiaramente quale sia la minaccia più grande per il ghepardo, non le malattie o il bracconaggio, ma il conflitto tra uomo e fauna.


"Gli allevatori," ci ha spiegato, "sono giustamente preoccupati per i loro capi di bestiame e, di conseguenza, vedono il ghepardo come un predatore da eliminare.” Ci è stato subito chiaro che l'approccio non poteva essere proteggere solo l'animale: salvare i ghepardi significa, in primo luogo, salvare il bestiame e trovare un modo per la coesistenza.
La nostra guida, ci ha accompagnato all’interno delle aree dove vivono i ghepardi residenti e ci ha svelato l'ingegnosità delle soluzioni proposte dal CCF per risolvere il conflitto uomo-ghepardo e come il programma dei Cani Pastore Anatolici (Livestock Guarding Dogs) abbia avuto un grande successo.
Il ghepardo è uno sprinter (raggiunge i 120 km/h ma solo per brevi distanze) ed è un animale schivo che tende ad evitare il confronto. Il programma sfrutta proprio questo comportamento. Il Cane Pastore Anatolico è una razza originaria della Turchia, che discende dai mastini e dalle razze guardiane di greggi, selezionata da millenni per la guardia del bestiame. Non attacca i ghepardi, ma si limita a marcarli con la sua presenza costante e, se necessario, con latrati, spaventando il felino e inducendolo ad allontanarsi senza scatenare un combattimento.


L'addetta ci ha spiegato come i cuccioli vengano introdotti nel gregge quando sono ancora molto giovani, in modo che si "improntino" sul bestiame e lo considerino la propria famiglia, ha sottolineato l'attenzione etica del programma: il CCF non si limita a fornire gratuitamente i cani agli allevatori, ma ne controlla continuamente il loro stato di salute per assicurarsi che non vengano maltrattati. Inoltre, tutti i cani pastore vengono sterilizzati prima della consegna. Questa precauzione è vitale per impedire la riproduzione non controllata e la nascita di meticci che potrebbero perdere le caratteristiche di guardia specifiche della razza, compromettendo così il successo dell'intero progetto.
Da quando è stata introdotto l'utilizzo di questi cani il tasso di predazione sul bestiame si è ridotto fino all'80%. È una soluzione elegante ed efficace che dimostra come la convivenza sia possibile solo con rigore scientifico e etico.
La nostra visita ci ha portato anche nel cuore della scienza. Il CCF non è solo un centro di riabilitazione, è un'istituzione di ricerca all'avanguardia soprattutto nel campo della genetica della specie, con una banca genetica per la conservazione del seme congelato. Queste ricerche si sono sviluppate soprattutto per trovare una soluzione ai rischi reali di estinzione legati alla bassa diversità genetica dei ghepardi che è direttamente legata al numero esiguo di individui e a una storia evolutiva caratterizzata da eventi noti come colli di bottiglia genetici (genetic bottlenecks).


Il ghepardo ha subito almeno due grandi crisi che hanno ridotto drasticamente la popolazione mondiale, causando una perdita massiccia di variabilità genetica. Si ritiene che un evento di estinzione di massa avvenuto nel Pleistocene, circa 10.000 anni fa, (Collo di Bottiglia Preistorico) abbia ridotto la popolazione globale di ghepardi a un numero estremamente piccolo, pochi esemplari sono sopravvissuti per ricostruire la specie. Questo evento ha agito come un filtro evolutivo che ha eliminato la maggior parte degli aplotipi (variazioni genetiche) dalla popolazione.

L'ulteriore declino del numero di ghepardi causato dall'uomo (perdita di habitat e conflitto) negli ultimi secoli e decenni (Collo di Bottiglia Moderno) ha esacerbato il problema. Le popolazioni moderne sono spesso isolate in "isole" di habitat, il che riduce ulteriormente lo scambio genetico.

Quando una popolazione è esigua (si parla di circa 7.500 individui in natura oggi) e, soprattutto, quando il numero riproduttivo efficace (gli individui che contribuiscono geneticamente alla generazione successiva) è ancora più piccolo. Gli individui sono costretti ad accoppiarsi con parenti stretti (inbreeding). Questo è particolarmente vero nelle popolazioni piccole e frammentate.
L'inincrocio aumenta la probabilità che i cuccioli ereditino due copie di alleli recessivi dannosi (omozigosi) che altrimenti sarebbero mascherati (eterozigosi) in una popolazione più ampia e diversificata. Questi geni causano i problemi di fertilità e la suscettibilità alle malattie.

In sintesi, il numero esiguo di ghepardi non è solo un sintomo della loro vulnerabilità, ma è la causa storica e attuale della loro uniformità genetica, che a sua volta li rende meno capaci di resistere a malattie e cambiamenti ambientali.

La bassa diversità genetica si traduce in un sistema immunitario meno efficiente. Meno geni diversi significano meno varietà di anticorpi che lottano contro i patogeni. Se emerge un nuovo virus o un parassita, c'è un'alta probabilità che tutti gli individui della specie abbiano una risposta immunitaria simile, o addirittura assente. Questo rende l'intera popolazione potenzialmente esposta a un'epidemia che potrebbe spazzare via gran parte dei ghepardi.

Nei ghepardi, la ridotta diversità genetica è stata associata a una qualità dello sperma generalmente scadente (bassa motilità e alta percentuale di spermi anomali o non vitali).
Nonostante il successo riproduttivo nelle aree protette possa sembrare buono, in alcune popolazioni e in natura, l'elevata mortalità dei cuccioli (spesso fino al 90% a causa della predazione di leoni e iene) è aggravata anche da fattori genetici.

La diversità genetica è essenziale per la capacità di una specie di evolvere e adattarsi ai cambiamenti ambientali (come il riscaldamento globale, la perdita di habitat o nuove fonti di cibo).

Quando l'ambiente cambia, solo gli individui con geni che conferiscono un vantaggio (es. resistenza al calore o a una nuova malattia) sopravvivono e si riproducono. Con una bassa diversità genetica, ci sono poche "opzioni" genetiche nella popolazione, rendendola meno resiliente e più a rischio di estinzione nel lungo periodo.

Quindi la ridotta diversità genetica agisce come una sorta di handicap evolutivo, indebolendo la specie di fronte a sfide sia biologiche che ambientali. Questo è il motivo per cui programmi come quello del CCF, che includono la ricerca genetica e le banche dello sperma ("zoo congelato"), sono cruciali per mantenere la massima variabilità genetica possibile tra gli esemplari.

 

Vedere la dedizione dei veterinari e dei ricercatori, che uniscono la passione per il felino alla rigorosa disciplina scientifica, ci ha dato una prospettiva più ampia: salvare il ghepardo non è solo una questione emotiva, è un progetto complesso che richiede intelligenza e innovazione.

Lasciare il Cheetah Conservation Fund è molto più che concludere un'escursione. È portare con sé il messaggio che il ghepardo può farcela.

Nonostante siano rimasti meno di 7.500 esemplari in natura in tutto il mondo, di cui la maggior presenza è in Namibia, organizzazioni come il CCF ci insegnano che il futuro di questo animale non è determinato dal suo destino biologico, ma dalle nostre scelte. La sua sopravvivenza non dipende solo dalla sua velocità, ma dalla velocità con cui l'umanità riuscirà a imparare la coesistenza.

Oggi è il momento perfetto per sostenere il loro lavoro, per diffondere la consapevolezza e per ricordarci che ogni specie, per quanto veloce, ha bisogno di noi per vincere la corsa contro l'estinzione.

Cheetah Conservation Fund
Per aiutare il Cheetah Conservation Fund 

AFRICAS/AFRICHE 

Vota questo articolo
(0 Voti)