“Questo tipo di anomalia è piuttosto comune nella specie suina”, spiega Viviana Genualdo del Cnr-Ispaam, “soprattutto quando non vi è stata una selezione genetica forte da parte dell’uomo e in special modo nelle razze autoctone. Infatti, essa non comporta la variazione del numero di cromosomi, ma solo il riarrangiamento del materiale genetico, con il risultato di soggetti fenotipicamente normali che possono maggiormente generare gameti sbilanciati, causa di aborti spontanei o embrioni con anomalie. Succede, infatti, che gli allevatori selezionano i riproduttori solo sulla base di caratteristiche fenotipiche trascurando l’aspetto più importante, quello genetico”.
Lo studio è stato sviluppato dal Gruppo di citogenetica e genomica animale e vi hanno preso parte Angela Perucatti, Viviana Genualdo, Cristina Rossetti e Domenico Incarnato del Cnr-Ispaam, con la collaborazione di Alfredo Pauciullo dell’Università di Torino e Petra Musilova del Veterinary Research Institute di Brno (Repubblica Ceca), con la collaborazione del veterinario e allevatore lucano Domenico Mecca viene evidenziata la necessità di screening genetici in modo da preservare sia la biodiversità animale che l’allevatore da eventuali perdite economiche: “L’effettuazione di test citogenetici – esami rapidi, economici e non invasivi per l’animale – può consentire di rilevare i capi portatori di anomalie, escludendoli dalla riproduzione”, conclude la ricercatrice. “È auspicabile una collaborazione più stretta tra i singoli allevatori, le associazioni di allevatori delle razze autoctone e i ricercatori, al fine di sottoporre a screening genetici massivi queste razze, che costituiscono un patrimonio di biodiversità da non disperdere e che possono diventare uno stimolo alla crescita dell’economia delle aree interne del nostro Paese”.