Da questi interrogativi sono partiti i ricercatori della Sapienza che hanno indagato il posizionamento dei nuraghi e le potenzialità di gestione dei territori attraverso l’applicazione di metodi geostatistici avanzati e innovativi, in uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE.
Diversamente da quanto ipotizzato in passato sul significato dei nuraghi come costruzioni pianificate per il controllo e la gestione del territorio, non risulta verificato che questi abbiano un controllo puntuale dei percorsi di spostamento e delle vie di accesso alla Giara, mentre questi nuraghi associano un buon potenziale difensivo locale, per la posizione spesso isolata sulle creste sul ciglio dell'altipiano, alla possibilità di visualizzare il territorio a media e grande distanza. Questi caratteri fanno ritenere che l'aspetto primario fosse la volontà di essere visti e riconosciuti come segni di un potere che si esplica su specifici segmenti del territorio, ovvero come marcatori del paesaggio, associata a una certa capacità di difesa.
“Questo corrisponde al concetto anglosassone di landmark, più che all'idea di controllo attivo del territorio: un potere che si fonda sul riconoscimento reciproco, basato sulla conoscenza, più che sul controllo militare contro ipotetiche incursioni”, spiega Davide Schirru, dottore di ricerca della Sapienza.
"I paesaggi della Sardegna - aggiunge Schirru - segnati da forse 8.000 nuraghi dell'età del bronzo, sono un campo straordinario per l'applicazione di tecniche digitali di modellazione geostatistica, ma l'applicazione di metodi di analisi avanzata e formalizzata è ancora sottovalutata".
"Lavorare sulla Sardegna è illuminante – conclude Alessandro Vanzetti – e mostra quanto sia importante utilizzare gli studi tradizionali per sottoporli ad analisi formale, e magari, come in questo caso, capovolgere il punto di vista: è una lezione di metodo".