Un metodo per misurare la potenza di fusione nei reattori nucleari

CNR 07 Ago 2024

 

A sinistra, l'interno del JET. A destra, rappresentazione schematica della reazione di fusione deuterio-trizio

 


Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Cnr di Milano ha dimostrato che i raggi gamma prodotti nella reazione nucleare deuterio-trizio possono fornire un metodo di misura accurato e alternativo della potenza raggiunta nei nuovi reattori a fusione. Lo studio è oggetto di due articoli scientifici pubblicati su Physical Review C e Physical Review Letters

Un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Istp) fornisce un importante contributo nel risolvere una delle più grandi “sfide” legate all’utilizzo dell’energia nucleare: misurare la potenza raggiunta nei nuovi reattori a fusione basati sulla reazione deuterio-trizio.

Ad oggi, l’unica tecnica di misura diretta della potenza di fusione utilizzata nei reattori a confinamento magnetico è quella di “contare” il numero di neutroni liberi generati dalla fusione dei due isotopi dell’idrogeno - il deuterio e il trizio – maggiormente utilizzati quale combustibile della reazione. Quando questi reagenti si fondono, infatti, il nucleo di elio-5 che viene a formarsi decade in elio-4 e in un neutrone libero con un'energia pari a 14 MeV: il conteggio assoluto del numero di questi neutroni energetici fornisce una misura del tasso di reazioni di fusione avvenute.Tale tecnica, tuttavia, presenta diverse difficoltà: l’emissione dei neutroni da una sorgente estesa quale il tokamak, e la loro interazione con i materiali del reattore, richiedono l’uso di complicati codici di simulazione, oltre che lunghe e costose campagne di calibrazione per convalidare i codici stessi.

Oggi, lo studio a guida italiana - svolto dal Cnr-Istp in collaborazione con i Dipartimenti di Fisica dell'Università di Milano-Bicocca e della Statale di Milano, il centro di ricerca di ENEA di Frascati, e altre istituzioni europee nell’ambito del progetto “GETART”- individua nei raggi gamma emessi dal decadimento dell’elio-5 un nuovo e alternativo metodo per misurare tale potenza. Lo studio è oggetto di due articoli scientifici pubblicati su Physical Review C e Physical Review Letters.

“Il nuovo metodo sviluppato si basa sulla misura assoluta dei due raggi gamma di energia di circa 14 MeV e 17 MeV, emessi nel decadimento dell’elio-5: da questa misura, mai effettuata prima con sufficiente accuratezza, è stato possibile determinare le energie e le intensità relative con cui sono emessi i due raggi gamma. Tale processo di decadimento gamma ha una probabilità relativa (chiamata branching ratio) molto più bassa rispetto a quella di emissione di un neutrone da 14 MeV”, spiega Marica Rebai, ricercatrice del Cnr-Istp e prima autrice del lavoro pubblicato su Physical Review C.

Andrea Dal Molin e Davide Rigamonti sono, invece, primi autori del lavoro successivamente pubblicato su Physical Review Letters: “Questo risultato ha permesso di determinare, in un secondo lavoro, il branching ratio di emissione dei raggi gamma rispetto al decadimento neutronico che è pari a uno ogni 42000 neutroni da 14 MeV prodotti, aprendo così strada all’uso della misura assoluta dei raggi gamma come nuovo metodo alternativo e complementare alle misure neutroniche per determinare la potenza raggiunta nei nuovi reattori a fusione basati sulla reazione deuterio-trizio, quali ITER e SPARC”, aggiungono.

Secondo il coordinatore del progetto, il dirigente di ricerca del Cnr-Istp Marco Tardocchi: “Fino ad oggi l’assenza di un metodo diretto e alternativo al conteggio assoluto dei neutroni era un ostacolo alla validazione indipendente dei risultati ottenuti dagli esperimenti in corso e all’autorizzazione dei futuri impianti commerciali. Questo tipo di misura basata sul conteggio assoluto di raggi gamma, invece, rappresenta l'unica tecnica possibile anche in vista dell’utilizzo di futuri reattori basati su carburanti alternativi che non producono neutroni, ad esempio quelli basati sulla fusione di deuterio ed elio-3 oppure di protone su boro-11”. L’ottimizzazione di questa misura è stata eseguita in via preliminare presso il generatore di neutroni ENEA “Frascati Neutron Generator” (FNG), uno dei pochi al mondo disponibili per la ricerca sulla fusione e in altri settori applicativi, tra cui aerospazio, automotive, fisica e rivelatori di particelle. Interamente progettato e realizzato dall’ENEA presso il Centro di Ricerche di Frascati, FNG è la più potente sorgente di neutroni da 14 MeV in Europa.

Gli esperimenti sono stati condotti presso l’infrastruttura del Joint European Torus nel Regno Unito - il più grande esperimento di fusione nucleare al mondo- durante la campagna sperimentale denominata DTE2, e sono stati in parte finanziati dal consorzio europeo EUROfusion, di cui l’Italia è partner.

Oltre a marcare un importante traguardo per l’Italia nel contesto internazionale, tale ricerca rappresenta un efficace esempio di collaborazione tra mondo accademico e istituzioni di ricerca. Lo confermano la direttrice del Cnr-Istp Olga De Pascale e il direttore del Dipartimento di Fisica dell'Università di Milano-Bicocca, Giuseppe Gorini: “Questo risultato è un orgoglio per il nostro Paese, e ben rappresenta la proficua collaborazione in essere tra ricercatori dell’Università, tra cui anche giovani dottorandi, e Cnr dimostrando come il legame tra atenei ed enti di ricerca sia vitale per la ricerca italiana”.

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