Come funziona il rilievo col drone
Si programma a terra un velivolo automatico dotato di un sistema GPS di navigazione satellitare e di strumenti di ripresa ad alta risoluzione a diversa lunghezza d’onda (fotocamere “standard” e fotocamere termiche per gli infrarossi). Il drone quindi opera un sorvolo a bassa quota dell’area di interesse. Le riprese permettono di ricostruire con un dettaglio dell’ordine dei centimetri la topografia delle aree più significative di un territorio e le strutture geologiche che le caratterizzano, fonti di potenziali futuri terremoti. L’estensione delle aree riprese dal drone in Islanda è stata di qualche chilometro quadrato all’interno di un’area di studio totale di circa 30 km2. Le immagini riprese vengono poi unite in un fotomosaico tramite appositi software e restituite creando un modello tridimensionale del terreno, entro il quale i ricercatori si possono muovere in modo virtuale studiando e seguendo le fratture e le faglie create dai terremoti più recenti (scarica foto).
Il metodo coniuga un altissimo dettaglio con una visione sinottica dall’alto, raggiungendo così la più alta precisione possibile nella mappatura delle strutture a rischio sismico, fondamentale per una migliore comprensione di questi fenomeni. Inoltre il drone può riprendere anche le pareti rocciose verticali, dove i rilievi da satellite sono impossibili.
«Per comprendere a fondo il rischio sismico di un territorio - spiega Alessandro Tibaldi - è necessario ricostruire gli eventi che lo hanno interessato in un passato preistorico e storico, con lo scopo di poter riconoscere le specifiche aree che potrebbero venire colpite in futuro e per dimensionare la grandezza dei terremoti attesi. I droni sono oltretutto a basso costo, mentre ricerche analoghe su aerei o elicotteri comportano spese da dieci a cinquanta volte maggiori. Questo metodo perciò potrebbe essere particolarmente indicato nei Paesi in via di sviluppo, dove a una grande pressione demografica in aree soggette a rischi geologici si accompagna una permanente difficoltà nel reperire finanziamenti per studi di prevenzione».
Le ricerche proseguiranno nella primavera del 2015 sull’isola di Santorini in Grecia, dove il metodo verrà testato in territori soggetti ad altri rischi geologici quali frane e vulcani.
«In Islanda le riprese hanno compreso un territorio abbastanza pianeggiante - continua Tibaldi - in Grecia invece ci troveremo in presenza di pareti rocciose verticali alte centinaia di metri e spesso instabili; dovremo quindi programmare il drone per rilevare ad alto dettaglio non una topografia in orizzontale ma a sviluppo verticale. Si apriranno certamente nuovi orizzonti di indagine in località finora difficili o impossibili a studiarsi».
Didascalia foto: fessure e faglie relative a eventi sismici preistorici nei pressi della città di Husavik nel nord dell'Islanda. La larghezza dell'area inquadrata è di circa 150 m.
Per maggiori informazioni
Ufficio Stampa Università di Milano-Bicocca