Già alcuni anni fa il gruppo di Giulio Caracciolo, composto da fisici, chimici, biologi e biotecnologi, aveva mostrato che la corona proteica che si forma mettendo il plasma in contatto con un nanomateriale è specifica per il tipo di nanomateriale usato e personalizzata: ogni individuo ha la propria e in caso di malattia si verificano alterazioni riconoscibili. Nel corso del loro ultimo lavoro, condotto grazie al fondamentale sostegno di Fondazione AIRC e svolto in collaborazione con Damiano Caputo del Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma, Caracciolo e colleghi hanno valutato l'efficacia della combinazione tra i livelli di emoglobina del sangue e l'analisi della corona proteica formata dal plasma su ossido di grafene nel discriminare tra presenza e assenza di tumore del pancreas.
Mettendo a confronto i risultati ottenuti da circa trenta pazienti con la malattia e altrettanti volontari sani, i ricercatori hanno scoperto che il metodo riesce a distinguere in modo efficace le due situazioni in oltre il 90% dei casi.
Un aspetto molto interessante del lavoro è che l'indagine della corona proteica è stato effettuata con una tecnica semplice ed economica: l'elettroforesi su gel di agarosio, ampiamente utilizzata in tutti i laboratori di biologia del mondo.
“La tecnica non ci permette di caratterizzare in dettaglio la composizione di questo strato proteico, ma offre un identikit generale che sembra sufficiente a scopo diagnostico - conclude Caracciolo. “Se i risultati ottenuti saranno confermati da uno studio clinico più ampio, questa nuova tecnica potrebbe essere utilizzata per lo screening di persone a rischio per il tumore del pancreas, come persone con obesità o diabete”.