Mutazioni nei geni BRCA: non solo tumori alla mammella e all’ovaio

Università di Roma La Sapienza 04 Feb 2022


Un nuovo studio internazionale coordinato dal Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza e dall’Università di Cambridge, sostenuto anche da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, ha stimato su un campione di più di 5.000 famiglie l’associazione delle mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 con il rischio di sviluppare, in entrambi i sessi, 22 tipi di cancro, tra cui quello alla prostata, al pancreas e allo stomaco. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology
Le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 sono soprattutto note in quanto nelle famiglie di portatori aumentano sensibilmente il rischio di sviluppare carcinomi della mammella e dell’ovaio. Queste conoscenze hanno anche permesso di realizzare adeguati programmi di screening mirati alla prevenzione di queste neoplasie. Finora tuttavia non si sapeva con altrettanta precisione se le stesse mutazioni potessero aumentare il rischio di sviluppare altri tipi di tumori.

Nell’ottica di poter pianificare possibili strategie di prevenzione e di fornire una appropriata consulenza genetica alle persone a maggior rischio, il team di ricerca coordinato da Laura Ottini del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza, in collaborazione con l’Università di Cambridge e il consorzio internazionale CIMBA (Consortium for Investigators of Modifiers of BRCA1/2), ha approfondito e raffinato le stime di rischio per i tumori associati alle mutazioni nei geni BRCA in entrambi i sessi. I risultati dello studio, sostenuto anche da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology.

“Le analisi sono state effettuate su una casistica internazionale di 3.184 famiglie con mutazioni in BRCA1 e di 2.157 famiglie con mutazioni in BRCA2 – spiega Valentina Silvestri del Dipartimento di Medicina molecolare, prima co-autrice dello studio. “La casistica è la più ampia attualmente disponibile al mondo e ci ha permesso di stimare con precisione la misura in cui una mutazione ereditaria in BRCA1 o BRCA2 sia associata al rischio di sviluppare 22 diversi tipi di tumore, anche tenendo conto dell’età e del genere”.

I risultati dello studio mostrano che i tumori associati a BRCA1 e BRCA2 comprendono anche il cancro alla prostata, al pancreas e allo stomaco, oltre a quelli alla mammella e all'ovaio. Sono invece state escluse associazioni con altri tipi di neoplasie suggerite da precedenti studi, tra cui quella con il melanoma.

Dai dati, i ricercatori hanno stimato che gli uomini portatori di una mutazione in BRCA2 hanno un rischio di circa il 27% di sviluppare il cancro alla prostata prima degli 80 anni, più del doppio rispetto ai non portatori. Le mutazioni in BRCA1 non sono invece associate a un aumento del rischio di cancro alla prostata.

“Avere una copia difettosa di BRCA1 o BRCA2 raddoppia il rischio di cancro al pancreas in entrambi i sessi – spiega Laura Ottini, coordinatrice dello studio. “Inoltre abbiamo scoperto che le mutazioni triplicano il rischio di cancro allo stomaco sia negli uomini che nelle donne, sebbene il numero di pazienti nel set di dati fosse piuttosto limitato a causa della rarità di questa forma di cancro”.

Le mutazioni in entrambi i geni aumentano significativamente il rischio di cancro alla mammella negli uomini, per quanto questa malattia sia molto rara. In particolare, mentre una mutazione in BRCA1 aumenta il rischio di un uomo di sviluppare il cancro alla mammella nel corso della vita di circa quattro volte, una mutazione in BRCA2 aumenta questo rischio di circa 40 volte.

“Questi risultati sottolineano l’utilità di estendere i test genetici per la ricerca delle mutazioni BRCA a una platea più ampia, che comprenda sia donne che uomini – conclude Ottini. “Le stime che abbiamo fornito in questo studio chiariscono il legame tra le mutazioni BRCA e il rischio oncologico e saranno la base per lo sviluppo di linee guida per la prevenzione sempre più efficaci e specifiche per i due sessi, in modo da garantire la migliore gestione clinica a tutti i pazienti e alle loro famiglie”.

 

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