Mercoledì, 16 Ottobre 2024

 


Quando si studiano le microplastiche c’è il rischio che i risultati siano “inquinati”, per questo è importante che le ricerche siano “plastic free”. Uno studio dell’Università di Pisa appena pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment ha posto l’attenzione proprio su questo aspetto con riferimento alle indagini sulle acque sotterranee.

“Lo studio delle microplastiche nelle acque sotterranee è un argomento relativamente nuovo. Per evitare possibili contaminazioni, all’inizio della ricerca abbiamo definito un protocollo di campionamento e trattamento dei campioni assolutamente “plastic free”, come del resto prescritto dalla comunità scientifica – racconta il professore Stefano Viaroli dell’Università di Pisa - Arrivati sul campo però ci siamo trovati di fronte a pozzi e piezometri con rivestimenti e tubazioni in PVC e quindi ci siamo chiesti se e quanto questi elementi plastici potessero compromettere la qualità dell’acqua e i risultati complessivi”.

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Research published in Nature Genetics on Oct.14, by Yale Cancer Center researchers at Yale School of Medicine, found a higher concentration of a specific kind of DNA — extrachromosomal or ecDNA — in more aggressive and advanced cancers that could mark them as targets for future therapies.

Using data available from The Cancer Genome Atlas, the International Cancer Genomics Consortium, the Hartwig Medical Foundation, and the Glioma Longitudinal Analysis Consortium, the researchers considered more than 8,000 tumor samples, divided between newly diagnosed untreated tumors and those that had been through previous treatments such as chemotherapy, radiation, and others. They found significantly higher amounts of ecDNA in tumors from previously treated patients, leading to the theory that ecDNA might give a survival advantage to those tumors.

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Secondo il WWF è indispensabile non rinviare il regolamento UE per un mercato alimentare anti-deforestazione


Il sistema alimentare globale è intrinsecamente illogico. Utilizza il 40% della superficie terrestre libera da ghiacci, è la principale causa di perdita di biodiversità, è responsabile del 70% del consumo di acqua dolce e di oltre un quarto delle emissioni di gas serra. Ciononostante, quasi un terzo della popolazione mondiale non ha cibo a sufficienza. In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione del 16 ottobre, il WWF, nell’ambito della sua campagna Our Future, torna a richiedere alle istituzioni maggior cura del sistema alimentare e con esso delle risorse naturali e degli ecosistemi che sfrutta, riportando l’attenzione sui risultati della perdita di biodiversità analizzati nel Living Planet Report 2024 pubblicato a livello globale la scorsa settimana.

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