L'Ultimo Rito di Veracruz

Guido Donati * 08 Lug 2025

 

 "Il sole, a Veracruz, non era un amico, ma un carnefice. Picchiava sulla nuda pelle, prosciugava ogni goccia di speranza, trasformava l'aria in un sudario denso e umido. Ero lì, Luogotenente Diego Salazar, con il sapore del sale e della paura in bocca, mentre il destino si compiva sotto i miei occhi. La sera prima, Cortés ci aveva radunati, e la sua voce, solitamente un tuono di comando, era stata un sussurro freddo, più agghiacciante di qualsiasi urlo. "Non c'è ritorno," aveva detto, e quelle parole si erano conficcate nel petto di ogni uomo come schegge di legno marcio. "Solo la conquista. O la morte." Non era un'opzione, non era una scelta. Era una sentenza.

La mattina dopo, l'ordine era stato pronunciato, e il suo peso ci aveva schiacciati come macigni. Non il fuoco purificatore che avrebbe consumato rapidamente le nostre navi, lasciando solo cenere e un ricordo. No. Cortés aveva scelto un supplizio più lento, più crudele: la distruzione metodica. Ricordo ancora il grido strozzato del Capitano Solís, un uomo che aveva solcato ogni mare conosciuto, quando vide i suoi uomini, i suoi uomini, iniziare a perforare lo scafo della Santa María. Non era un'azione di guerra, era un sacrilegio. Le asce affondavano nel legno con un suono sordo, come ossa che si spezzano. L'acqua, la stessa acqua che ci aveva cullati per settimane, ora si infiltrava, lenta e inesorabile, nelle viscere delle nostre sorelle di legno. Le vele, strappate con furia cieca, sembravano lenzuola funebri che venivano calate su un cadavere. Le ancore, i nostri ultimi legami con la civiltà, venivano trascinate a terra, lasciando solchi profondi nella sabbia, come ferite aperte. Ogni colpo, ogni strappo, era un colpo al cuore, un pezzo della nostra anima che si staccava e affondava. "Maestro," mi mormorò Solís, le lacrime che si mescolavano al sudore sul suo viso rugoso, "questo è il tradimento finale. Ci ha condannati. Siamo morti, Diego, morti su questa spiaggia maledetta." Non riuscii a trovare una parola. La gola era secca, il respiro corto. Il terrore era una morsa gelida che mi stringeva il petto. Le navi non erano solo mezzi di trasporto; erano la nostra casa, la nostra speranza, la nostra unica via per tornare indietro, per sfuggire a questo inferno verde e sconosciuto. Senza di esse, eravamo relitti umani, gettati su una riva ostile, senza più nulla a cui aggrapparci. Guardavo i volti dei soldati.

Non c'era più la paura muta di prima, ma una disperazione feroce, quasi animale. Alcuni piangevano apertamente, altri imprecavano sottovoce, ma in tutti c'era la stessa, terrificante consapevolezza: non c'era più una via d'uscita. Ogni nave che affondava, ogni pezzo di legno che si staccava, sigillava il nostro destino. La ritirata era un fantasma, un sogno irraggiungibile. Quando l'ultima chiglia scomparve sotto le onde, non ci fu il fragore di un incendio, ma un silenzio assordante. Era il silenzio della morte, il silenzio di un patto col diavolo. Eravamo soli, in una terra aliena, con un solo, terrificante percorso davanti a noi: avanti. Morire o vincere. E in quel momento, non sapevamo quale fosse la più grande condanna."

 

La Scelta Irrevocabile di Cortés

La decisione di Hernán Cortés di rendere inutilizzabili le sue navi, avvenuta nel 1519 dopo lo sbarco a Veracruz (nell'attuale Messico), è uno degli episodi più iconici della conquista del Nuovo Mondo. Contrariamente alla leggenda popolare che parla di "averle bruciate", Cortés in realtà le affondò o smantellò. Questa mossa drastica non fu un atto di follia, ma una calcolata strategia dettata da diverse necessità: * Eliminare la Ritrattabilità: Molti dei suoi soldati erano scontenti e desideravano tornare a Cuba, attratti dalle promesse di un ritorno sicuro o spaventati dalle incertezze della spedizione. Distruggendo le navi, Cortés tolse ogni via di fuga, costringendo i suoi uomini a un impegno totale verso la conquista. L'unica direzione possibile era avanti. * Rafforzare le Truppe di Terra: Liberando i marinai dal loro servizio navale, Cortés aggiunse preziose unità alla sua forza di fanteria, aumentando il numero di uomini disponibili per la marcia verso l'interno. * Recuperare Risorse: Le navi non furono semplicemente distrutte. Furono smantellate per recuperare tutto ciò che era utile: vele, corde, ancore, armi e legname. Questi materiali si sarebbero rivelati fondamentali in seguito, specialmente per la costruzione di nuove imbarcazioni sul Lago Texcoco durante l'assedio di Tenochtitlan, la capitale azteca.


* Affermare l'Autorità: Cortés aveva intrapreso la spedizione contravvenendo agli ordini del governatore di Cuba, Diego Velázquez. L'atto di affondare le navi era anche un gesto simbolico di rottura definitiva con la sua precedente autorità, affermando la sua totale indipendenza e il suo potere sulla spedizione.
In sintesi, la distruzione delle navi fu un atto di pura determinazione e leadership, che trasformò un gruppo di esploratori riluttanti in una forza inarrestabile, costretta a vincere o perire in un territorio sconosciuto.

 * Board Member, SRSN (Roman Society of Natural Science)

 

Ultima modifica il Martedì, 08 Luglio 2025 07:41
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