Baghdad, è on line il Museo Nazionale dell’Iraq

Un patrimonio che conserva i tesori dell’antica Mesopotamia viene restituito all’uomo, sia pure in forma virtuale: il Museo Nazionale dell’Iraq (attualmente in fase di restauro dopo i saccheggi del 2003) è ora accessibile come portale web (http://www.virtualmuseumiraq.cnr.it/) grazie al progetto realizzato dal Cnr e dal Ministero per gli Affari Esteri.
La struttura multimediale, assolutamente interattiva, ha richiesto due anni di lavoro e l’opera di oltre cento specialisti (archeologi, islamisti,  informatici, tecnici del suono per curare la colonna sonora ispirata alle musiche popolari irachene) per offrire un risultato ottimizzato in 3D. Per ogni reperto sono disponibili tre opzioni: la scheda informativa-didattica, l’esplorazione tridimensionale, la contestualizzazione storico geografica attraverso un filmato.

 

Grazie alle nuove tecnologie multimediali reperti preziosi quali l’elmo d’oro del re sumero Meskalamdug (XXVII sec. a.C) proveniente da Ur sono “visitabili” anche dall’interno: curiosando con il cursore si potranno vedere le borchie nascoste utilizzate per fissare una guaina in cuoio oppure scoprire la conformazione delle orecchie studiata per questo arcaico oggetto. Nell’ottica della full immersion il filmato associato al reperto ne illustra la tomba d’origine e le decorazioni funerarie ed è arricchito da foto risalenti al 1927 (l’epoca degli scavi) accompagnate dalle parole dell’archeologo che ne curò il ritrovamento.

 

 

La porta di Ishtar (Museo di Pergamo, Berlino) Foto di: Raimond Spekking/Wikipedia”, license “Creative Commons Attribution ShareAlike 3.0” 

 


L’intera visita virtuale del Museo dura 6 ore, si articola in 40 modelli tridimensionali, 22 filmati (videoclip di tre minuti l'uno circa) e 20 siti archeologici (carte geopolitiche interattive che consentono di aprire planimetrie, ricostruzioni e tavole cronologiche). Durante il percorso è possibile varcare la porta di Ishtar e scoprire il maestoso ziqqurat (la biblica “Torre di Babele”) o soffermarsi sul volto misterioso della “dama di Uruk” o persino sorvolare, come su un tappeto volante, alcune zone dell’antica Mesopotamia.


Un patrimonio esplorabile in tre lingue: italiano, inglese e arabo; l’organizzazione degli “spazi espositivi”  risponde alla sequenza cronologica del museo reale ed è stata ricostruita sulla base della documentazione fotografica fornita dalle autorità irachene.
Non si tratta certamente dell’ultimo parco giochi mediatico né di un “second life” per spiriti colti: il messaggio che deriva da questa coraggiosa operazione è molto forte e parla di guerra, di distruzioni operate dall’uomo (vedi le statue dei Buddha di Bamyan nel 2001) e di ricostruzioni .


 Il museo dell’Iraq nacque nel 1923 per volontà del re Feisal I ed aveva come sede provvisoria l’antico serraglio: durante tale periodo furono emanate le prime leggi concernenti il divieto di esportazione dei reperti archeologici emersi dagli scavi iracheni. L’attuale museo fu costruito a partire dal 1957 e venne inaugurato nel 1967: la tecnologia dei Sumeri, l’architettura babilonese, la storia degli Assiri, l’invenzione della scrittura, erano perle di storia documentate e raccolte  nelle sale del museo iracheno. La stessa città di Baghdad era stata fondata dal Califfo Al Mansur, nel 762 d.C., come “Città della Pace” (Madinat al Salam)
Nell’aprile del 2003, con il crollo del regime, le truppe della coalizione lasciarono Baghdad; l’8 aprile il personale del museo, terrorizzato dai bombardamenti americani, si allontanò dall’edificio. Il museo non fu salvaguardato dalle forze militari e i primi ladri si limitarono a rubare computer, tavoli, sedie: il giorno seguente arrivarono i predatori più esperti ed iniziò il vero saccheggio delle opere. La notizia iniziò a diffondersi quasi subito presso la stampa occidentale, ma quando l’esercito americano decise di intervenire, circa otto giorni dopo, si scoprì che mancavano ormai  all’appello circa 15.000 reperti. Alcune opere, ora tornate a casa, erano state fatte in pezzi perché troppo grandi da trasportare: la ricostruzione in 3D del Vaso di Uruk (IV millennio a.C.) è stata oggi resa possibile utilizzando alcuni frammenti rimasti. Nel frattempo, il Governo olandese ha consegnato all’Iraq 70 reperti (tra cui iscrizioni datate 570 a.C., tavole in terracotta dipinta) sopravvissute ai saccheggi del 2003 e conservate in Olanda in attesa di restituzione al Governo locale.

 

 

La strategia del museo virtuale è attualmente tra le più utilizzate per la divulgazione storica o turistica. Un “museo virtuale” può essere l’anticipazione di uno spazio reale presentato on line ma fruibile direttamente dal pubblico; può rappresentarsi come installazione multimediale immersiva e possibile viaggio nel Tempo (è il caso del Museo Virtuale Archeologico di Ercolano, http://www.museomav.com/); in alcuni casi, un museo virtuale è invece l’unica possibilità di parlare al pubblico, laddove i reperti non sono più fruibili fisicamente, oppure giacciono dentro dei contenitori in attesa di una nuova sede.
L’ICOM (International Council of Museums) ha definito il “museo” come luogo in cui si compiono “ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente”, poiché il museo “le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto”.


Il museo virtuale riveste le stesse funzioni ma su oggetti digitali, repliche fedeli e ricostruzioni virtuali contemplate persino nella legislazione italiana, che nel D.L. 63/2005 (art. 2-quater) individua come forme di divulgazione di talune indagini archeologiche le “ricostruzioni virtuali volte alla comprensione funzionale dei complessi antichi”.


Riesce difficile accettare che una fruizione virtuale possa seguire ad una “distruzione intenzionale”,  e ancor meno che essa possa sostituirsi, in parte o del tutto, all’esercizio di un diritto umano quale la diretta fruizione del patrimonio culturale.


L’UNESCO nella “Dichiarazione riguardante la distruzione intenzionale del patrimonio culturale” (Parigi, 17 ottobre 2003) recita testualmente: “In occasione della condotta delle attività in tempo di pace, gli Stati dovrebbero prendere ogni misura appropriata per condurre queste attività in maniera da proteggere il patrimonio culturale e, in particolare, nel rispetto dei principi e obiettivi della Convenzione del 1972 per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, della Raccomandazione del 1956 che definisce i principi internazionali nell’applicazione in materia di siti archeologici, della Raccomandazione del 1968 concernente la conservazione dei beni culturali messi in pericolo da lavori pubblici o privati, della Raccomandazione del 1972 concernente la protezione, sul piano nazionale, del patrimonio culturale e naturale, così come la Raccomandazione del 1976 concernente la salvaguardia dei complessi storici o tradizionali e del loro ruolo nella vita contemporanea.”


Lo stesso UNESCO ha diffuso recentemente un comunicato in cui si propone di inserire il sito archeologico di Babilonia (90 km da Baghdad) nell’elenco dei beni considerati Patrimonio mondiale dell’umanità. Tra il 2003 e il 2004, infatti, il Campo Alpha installato dalle forze della coalizione avrebbe comportato il passaggio di bulldozer, la cementazione di strade dell’antico sito (la via centrale era una strada lastricata fiancheggiata da bassorilievi raffiguranti leoni e chimere) e danneggiamenti alla porta di Ishtar (ricostruita presso il museo archeologico di Pergamo, a Berlino): tutte parti di una città che fu considerata una delle sette meraviglie del mondo. Il conto dei danni, dunque, è soltanto agli inizi.

 

Luisa Sisti

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Settembre 2009 10:26
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