L'autore degli scatti, Maurizio Piazza, è uno specialista ortopedico traumatologo, che da diversi anni effettua missioni al servizio della ONG "Medici con l'Africa Cuamm", operando soprattutto in Etiopia presso il Reparto di Ortopedia dell'Ospedale San Luca di Wolisso.
"Medici con l'Africa Cuamm", nata nel 1950 con lo scopo di formare medici per i Paesi in via di sviluppo, è la prima organizzazione non governativa in campo sanitario riconosciuta in Italia. L'ONG, oggi presente con 37 progetti tra Angola, Kenya, Mozambico, Tanzania, Uganda e Sudan, opera per il rispetto del diritto umano fondamentale alla salute, per rendere l'accesso ai servizi sanitari disponibile a tutti, come ha ribadito nel proprio Documento Politico del 2000 nel quale si legge che: "...convinti che la salute non sia un bene di consumo, ma un diritto umano e, come tale, non può essere venduta o comprata. Se la salute è un diritto, l'accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio". Da tali presupposti ne consegue che tra i temi principali della mostra fotografica, composta da stampe in bianco e nero, vi è l'accesso ai servizi sanitari. Ancora oggi, infatti, nel terzo millennio, la malattia in molti contesti dell'Africa sub-Sahariana, è una questione di distanza dagli ospedali. Spesso l'eccessiva distanza dai servizi ambulatoriali non permette di curare le patologie più comuni e, se diagnosticate a tempo debito, più innoque.
I soggetti che vengono immortalati dagli scatti di Maurizio Piazza sono differenti. Dai bambini che attendono il loro turno per essere visitati, alle suore che prestano cure ai malati, dalle umili sale operatorie degli ospedali africani alle crude e raccapriccianti immagini delle mutilazioni.
Dalla visione dell'esposizione si viene colpiti soprattutto da due elementi.
Il primo sono gli occhi dei bambini. Neri, enormi e speranzosi, che davvero non possono non suscitare emozione ed indignazione. La seconda è che in Africa il livello di sopportazione del dolore è assai superiore a quello normalmente diffuso nel mondo occidentale. Un livello di sopportazione del dolore che è maturato dalle schiavitù passate e moderne, dalla sete e dalla fame di giustizia, dalla guerra e dalla violenza. Un livello di sopportazione del dolore maggiore, difronte al quale ogni cosa: la vita, la morte, il sole e la luna, la solitudine e l'incontro, acquisisce un valore ed un significato differente.
Fabrizio Giangrande