Grazie alla collaborazione con la Prof.ssa Giorgia Melli (Università della Svizzera Italiana), l'ipotesi è stata testata su una coorte di pazienti, dimostrando che la biologia molecolare studiata in laboratorio ha un'applicazione medica diretta e concreta.
Perché questa scoperta è rivoluzionaria?
L'identificazione di JNK3 nel sangue offre vantaggi fondamentali per medici e pazienti:
Diagnosi precoce: La capacità di distinguere con alta specificità un paziente affetto da Parkinson da un soggetto sano tramite un semplice prelievo.
Monitoraggio costante: Uno strumento per seguire l'evoluzione della malattia nel tempo in modo non invasivo.
Medicina personalizzata: La possibilità di stratificare i pazienti, permettendo di selezionare i profili più adatti per i trial clinici e per terapie "su misura".
"Questi risultati rappresentano una svolta. JNK3 emerge oggi come un segnale tangibile della disfunzione neuronale, aprendo la strada a una gestione della malattia molto più accurata", spiega la Prof.ssa Tiziana Borsello.
Una visione integrata delle malattie del cervello
La scoperta non si ferma al Parkinson. Come sottolineato dal Prof. Domenico Raimondo (Sapienza Università di Roma), comprendere come le vie di risposta allo stress neuronale si intreccino è cruciale per affrontare anche altre patologie, dall'Alzheimer all'ischemia cerebrale.
Per accelerare il passaggio dalla scoperta alla cura, è stata fondata PepTiDa, una start-up innovativa e spin-off dell’Università di Milano, che si pone l'obiettivo di tradurre queste evidenze scientifiche in soluzioni terapeutiche e diagnostiche disponibili per tutti.



