“I lieviti utilizzati - spiega la Professoressa Monica Agnolucci dell’Università di Pisa - si sono rivelati degli efficienti produttori di acido propionico, composto che si accumula nel colon come prodotto della fermentazione del microbiota intestinale e dei batteri lattici. Il fatto poi che appartengano alla specie Saccharomyces cerevisiae, il cosiddetto lievito di birra, li rende adattissimi alla panificazione per l’alta capacità lievitante”.
“Per la prima volta è stata dimostrata la capacità di produrre acido linoleico coniugato da parte dei lieviti – aggiunge il Professor Giuseppe Conte dell’Ateneo pisano - Questa è una preziosa proprietà, visti gli effetti positivi che tale composto esercita sul metabolismo cellulare, e le sue attività anticarcinogeniche, antiinfiammatorie e ipocolesterolemiche”.
I lieviti selezionati sono anche capaci di resistere in fluidi gastrici e intestinali simulati, mostrando così proprietà probiotiche, che li candidano come starter per ottenere cibi e bevande a base di cereali fermentati con caratteristiche salutistiche, in sostituzione dei vari prodotti fermentati a base di latte, per consumatori vegani o intolleranti al lattosio.
“Due ceppi di lieviti in particolare hanno mostrato sia proprietà probiotiche che alta attività fitasica - conclude la professoressa Manuela Giovannetti, coordinatrice del progetto nazionale - sono cioè capaci di idrolizzare i fitati, fattori antinutrizionali contenuti nelle farine dei cereali, che legano minerali come ferro e zinco, impedendo il loro assorbimento. Poiché gli esseri umani non sono capaci di produrre l’enzima fitasi, questi ceppi dovrebbero essere studiati approfonditamente, per poterli usare al fine di combattere deficienze di minerali”.