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Venerdì, 04 Aprile 2025
Venerdì, 04 Aprile 2025 09:36

How the brain evaluates rewards



Researchers have gained a new understanding of how the brain processes reward and risk information. A study by neuroscientists Raymundo Báez-Mendoza from the German Primate Center (DPZ) – Leibniz Institute for Primate Research in Göttingen and Fabian Grabenhorst from the University of Oxford shows how nerve cells in the so-called Amygdala not only encode the probability and magnitude of rewards, but also dynamically process this information to predict value and risk. The findings provide new insights into the neural basis of decision-making and could also be important for understanding mental illnesses such as anxiety disorders and depression (Nature Communications).

Pubblicato in Scienceonline


Solo una pianta autoctona su cinque sopravvive nei territori minacciati dalla presenza dell’uomo. Uno studio internazionale su 5500 siti di tutto il mondo svela la perdita invisibile della natura.
L’impatto della presenza umana sulla biodiversità naturale delle piante è devastante in moltissimi ecosistemi del pianeta: fino a quattro specie di piante su cinque sono assenti dai loro habitat naturali nelle aree a maggiore impronta ecologica umana. L’indice misura la quantità di risorse naturali che consumiamo o degradiamo a causa, per esempio, di urbanizzazione, inquinamento, disboscamento. È quanto emerge dallo studio internazionale collaborativo DarkDivNet - pubblicato su Nature – che ha coinvolto oltre 250 scienziate e scienziati di tutto il mondo. Sono stati ben quindici i botanici e le botaniche di nove università italiane impegnati nello studio, fra cui il professor Alessandro Chiarucci dell’Università di Bologna, membro del Comitato Scientifico.
Ricercatrici e ricercatori hanno raccolto dati di biodiversità in quasi 5500 siti di 119 regioni del mondo, registrando non solo le specie vegetali presenti in ogni sito, ma anche le specie autoctone che dovrebbero esserci e risultano invece assenti. L’innovativo approccio scientifico ha identificato quindi la diversità oscura. Ciò ha consentito di calcolare il potenziale della diversità vegetale di ogni area e rivelato quanto l’impronta umana l’abbia ridotto.

Pubblicato in Ambiente

 

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