In questo contesto, i ricercatori hanno scelto come caso di studio il torrente Vermigliana, localizzato nella val di Sole (Provincia di Trento), che riceve gli effluenti trattati dal depuratore di Passo del Tonale a 1799 metri sopra il livello del mare. L’analisi ha preso in considerazione sia la stagione estiva sia quella invernale. Durante tale periodo è stato caratterizzato e classificato il rischio posto da 54 principi attivi contenuti in prodotti farmaceutici e per la cura personale, appartenenti alle varie classi di uso (antibiotici, antinfiammatori, profumi, conservanti, repellenti per insetti, dolcificanti artificiali) potenzialmente rilasciati dal depuratore. Per la messa a punto dell’algoritmo, è stato fondamentale raccogliere una serie di informazioni legate alla realtà locale: flusso dei turisti durante le due principali stagioni; volume di vendita dei prodotti studiati; informazioni legate alle caratteristiche del depuratore e del torrente che ne riceve gli scarichi; percentuale con cui il depuratore è capace di rimuovere i contaminanti; volume delle acque reflue scaricate nel torrente durante due stagioni; capacità di diluizione del torrente stesso in estate e in inverno.
Le concentrazioni così stimate dall’algoritmo sono state successivamente confrontate con quelle ritenute di salvaguardia per l’ecosistema acquatico, secondo le linee guida ufficiali europee. Da questo confronto ne è risultata una classificazione che ha permesso di evidenziare rapidamente le sostanze più a rischio e quindi prioritarie per un eventuale intervento correttivo.
Nello specifico è stato predetto un rischio elevato per la comunità acquatica di alta montagna (maggiore in inverno rispetto all’estate) legato all’uso di antibiotici e antinfiammatori, ma anche disinfettanti, detergenti e ammorbidenti largamente impiegati nelle lavanderie e nei centri di benessere delle località turistiche alpine. La capacità predittiva dello strumento proposto è stata validata da una campagna di monitoraggio effettuata per 24 delle 54 sostanze studiate. Le misurazioni effettuate hanno confermato la validità dello strumento con qualche eccezione legata principalmente all’uso di farmaci da banco (es. ibuprofene) per i quali in qualche caso è stata ottenuta una sottostima del rischio.
«Per la prima volta - spiega Valeria Di Nica, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra presso l’Università di Milano-Bicocca - viene utilizzato questo approccio alle località turistiche alpine. Lo strumento fornisce un valido supporto alle decisioni, finalizzato a una gestione mirata del rischio ambientale. Trovare un equilibrio tra la tutela ambientale e lo sviluppo di attività economiche come quelle legate al turismo può essere una sfida veramente impegnativa. La rapida individuazione delle sostanze permetterebbe infatti di intervenire tempestivamente là dove si verificano condizioni di criticità, ad esempio con piani di monitoraggio e indagini mirate».