Il team di ricercatori ha iniziato a fare luce su alcuni meccanismi alla base di questa percezione predittiva, dimostrando che i segnali predittivi sono estremamente selettivi e non costanti nel tempo. I ricercatori hanno dimostrato che la capacità di localizzare la provenienza di un suono (da destra o da sinistra) è condizionata dallo stimolo precedente. «Questo condizionamento si protrae per molti secondi se non intervengono ulteriori stimoli sensoriali – spiega la professoressa Maria Concetta Morrone dell’Università di Pisa, tra gli autori dello studio – La traccia di memoria degli stimoli precedenti si riaccende e riverbera ogni volta che si ripresenta uno stimolo che proviene dalla stessa posizione nello spazio».
Quindi la modulazione predittiva è ritmica e pulsa a un ritmo di 9 “battiti” al secondo. Questa frequenza, detta ritmo alfa, è una delle frequenze predominanti delle oscillazioni neuronali endogene che il cervello genera continuamente ed è affascinante pensare che questo ritmo trasporti informazioni predittive e selettive.
Sebbene i ricercatori in queste ricerche abbiano studiato l’udito, ritenengono che gli stessi principi siano validi per tutti gli altri sensi. “La percezione è un fenomeno attivo - chiarisce David Burr, autore corresponding dell’articolo e titolare del grant dell’European Research Council che ha finanziato la ricerca -: la previsione di quello che dovrebbe essere lo stimolo in arrivo può dominare la percezione e perfino annullare completamente la nuova informazione sensoriale”.
Il team di ricercatori in passato ha dimostrato che l’abilità di predire lo stimolo in arrivo è minore nei soggetti affetti da autismo o con tratti di personalità autistici. “I risultati dello studio potranno avere rilevanza anche per la comprensione di alcune patologie - conclude Burr -. La sfida sarà capire se questa ridotta abilità predittiva sia associata a un’alterazione dei meccanismi di riverberazione della traccia di memoria degli stimoli appena estinti”.