l'archeologo Alessandro Bonfanti, esperto di Preistoria indoeuropea
Tra la fine del IV e gli inizi del III millennio a.C., i Siculi abbandonarono i territori centro-europei attraversando il Danubio nei pressi dell'attuale Ungheria meridionale, riversandosi nei Balcani e occupando il Peloponneso. L’emigrazione avvenne a più riprese, finendo per frammentarli in diverse tribù che da noi presero il nome di “Liburni”, “Ausoni”, “Pelasgi”, “Enotri”, “Messapi”, “Dauni”, “Caoni”, gli stessi “Siculi”, tutti giunti sulla nostra penisola a causa delle pesanti carestie che ciclicamente colpivano quelle zone. Prima giunsero gli Ausoni, intorno alla metà del III millennio a.C., stabilendosi nell'Italia meridionale fino in Lazio, scacciandone i Sicani e costringendoli a puntare verso la Sicilia (quest’ultimi erano già stati cacciati secoli prima dal nord Italia, ad opera dei Liguri). Anche gli Ausoni, escluso quelli che si erano già integrati con i protolatini, subiranno la stessa sorte per mano degli Oschi.
Agli inizi del II millennio a.C. è la volta dei Siculi, che si stabiliranno tra l’Emilia Romagna, l’Umbria e le Marche. Da qui, costretti ad andarsene con la forza, si diressero prima nel Lazio, poi in Campania, trovando alla fine ospitalità in Calabria, presso gli Enotri, loro diretti consanguinei. Qualche tempo dopo, a causa di controversie insorte fra i due gruppi, furono costretti a passare in Sicilia. Era l'anno1270 a.C., e i Siculi, “un grande esercito” a detta di Tucidide, conquistarono il settore orientale dell'isola dando vita alla Sikelía, la “terra dei Siculi”, cacciando verso occidente i Sicani, il gruppo paleoeuropeo che vi si era insediato intorno al 2200 a.C., fuggito anch'esso dalla penisola italiana, e non dall'Iberia, per l'arrivo degli Ausoni. Pertanto –aggiunge l'archeologo– quasi tutte le popolazioni presenti nella Sicilia di questo periodo non solo era di origine indoeuropea, ma provenivano dalle stesse aree geografiche.
Scodella del periodo siculo (XIII-VIII sec. a.C.)
A tutto ciò – conclude l’archeologo – si è giunti grazie alle analisi antropologiche degli scheletri, ma, soprattutto, attraverso le analisi fonetiche che caratterizzano la lingua dei Siculi. È stato un lavoro piuttosto impegnativo, reso più arduo dalla decifrazione dell’idioma degli Elimi e dei Sicani (questi ultimi non hanno lasciato testi scritti, ma molti toponimi ed idronimi), alla fine del quale ho potuto classificare altre tre lingue di ceppo indoeuropeo e la loro collocazione all'interno dell'albero genealogico. Pure gli Elimi, che la tradizione fa passare per esuli troiani, hanno origini illiriche, certamente con infiltrazioni acheo-troiane e anche sicane: la loro lingua infatti è molto simile a quella degli illiri Siculi, e la loro ceramica si presenta di impasto grigio-giallo, come quella dei Sicani e quella piumata dei Siculi, anche se cambia nelle fogge e nella simbologia decorativa. Sono comunque più che certo che l’impianto linguistico e culturale, nonché la loro impostazione fisica, erano simili a quelli dei Siculi e alle popolazioni dello stesso ceppo.