Greenpeace: Ogni anno 7 miliardi di bottiglie di plastica rischiano di essere disperse nell’ambiente, «Italia recepisca subito la direttiva Ue e promuova riutilizzo»
Più del 60 per cento degli 11 miliardi di bottiglie immesse al consumo in Italia ogni anno non vengono riciclate. È quanto emerge dal rapporto di Greenpeace “L’insostenibile peso delle bottiglie di plastica”, da cui si deduce che circa 7 miliardi di contenitori in PET (Polietilene Tereftalato, il tipo di plastica utilizzato per produrli) da 1,5 litri, usati per confezionare le acque minerali e le bevande, rischiano di essere dispersi nell’ambiente e nei mari, contribuendo in modo massiccio all’inquinamento del pianeta. A ciò si aggiungono le emissioni di gas serra generate dalla produzione delle bottiglie non riciclate, pari a 850 mila tonnellate di CO2 equivalenti, che aggravano la crisi climatica.
“L’Italia è uno dei maggiori consumatori globali di bottiglie di plastica per le acque minerali e le bevande. Ma nonostante i numeri impietosi del riciclo, le grandi aziende continuano a immetterne sempre di più sul mercato, facendo enormi profitti e non assumendosi alcuna responsabilità sul corretto riciclo e sul recupero a fine vita”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Se vogliamo ridurre l’inquinamento da plastica nei nostri mari, le grandi aziende devono fare la loro parte e promuovere soluzioni a basso impatto ambientale come l’impiego di contenitori lavabili e riutilizzabili”.
Guardare il cellulare è contagioso, l’imitazione scatta entro 30 secondi
Lo studio degli etologi dell’Università di Pisa sulla mimica spontanea nell’uso degli smartphone sul Journal of Ethology
Gruppi di persone dove nessuno interagisce con gli altri ma tutti guardano il proprio cellulare. Quante volte abbiamo visto questa scena o ne siamo stati protagonisti, parrebbe un controsenso e invece no. Perché guardare lo smartphone è un gesto altamente contagioso che rientra nei “fenomeni di mimica spontanea”: l’imitazione del comportamento altrui si manifesta entro 30 secondi al di là delle differenze di genere, età o livello di familiarità delle persone (estranei, conoscenti o parenti). È questo quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Ethology e condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa, il primo che abbia mai applicato un approccio etologico all’uso dei telefonini.
“La mimica spontanea, come il contagio dalla risata o dello sbadiglio, è un fenomeno biologico che accresce la familiarità tra i soggetti avendo un ruolo nello sviluppo delle relazioni sociali – spiega la Veronica Maglieri dottoranda dell’Università di Pisa – Ma in questo caso, la mimica sembra produrre un risultato opposto, poiché attivando la nostra necessità di usare il cellulare anche quando siamo in compagnia, ci allontaniamo dalla realtà che stiamo vivendo, e veniamo traghettati verso una realtà completamente virtuale anche se siamo circondati da persone fisiche”.
Bambino Gesù: seconda estate durante la pandemia, bel tempo e vaccini gli alleati migliori.
Seconda estate con la pandemia di Covid-19. Il bel tempo e i vaccini sono gli alleati migliori che consentiranno di tornare a una maggiore socialità, soprattutto per quanto riguarda bambini e ragazzi. È importante però non abbassare eccessivamente la guardia e continuare a seguire le precauzioni che sono diventate parte della vita comune nell’ultimo anno. Nel nuovo numero di ‘A scuola di salute’, il magazine digitale a cura dell’Istituto per la Salute, diretto dal prof. Alberto G. Ugazio, gli esperti del Bambino Gesù spiegano le regole per vivere un’estate in sicurezza. «Abbiamo dovuto applicare importanti restrizioni sociali per prevenire la trasmissione di COVID 19 – spiega il dottor Alberto Tozzi, responsabile dell’area di ricerca di malattie multifattoriali e complesse del Bambino Gesù - e l’abbiamo fatto con discreto successo, ma il disagio dei bambini e dei ragazzi che per lungo tempo non hanno potuto più vivere fisicamente la comunità scolastica e in definitiva quella dei propri amici, è stato grande. Abbiamo subìto un repentino e profondo cambiamento».
I geni adattano. Anche quelli di SARS-CoV-2
Pubblicato un numero della rivista Journal of Evolutionary Biology sul tema della genomica dell’adattamento evolutivo, che indaga i processi biologici che regolano l’adattamento degli esseri viventi all’ambiente in cui vivono. Oggetto di indagine anche i coronavirus. Curato da ricercatori del Cnr-Irbim, dell’University of Konstanz e dell’University College Dublin, questo speciale racconta lo stato dell’attività di ricerca sul tema, che beneficia dei risultati nel campo della genomica e della bioinformatica
I progressi nelle tecniche di sequenziamento e analisi dell’intero genoma negli ultimi anni hanno coinvolto tra gli altri lo studio dell’adattamento evolutivo, cioè il processo con cui l’evoluzione produce organismi ben adattati, per esempio alle condizioni ambientali in cui vivono. Carmelo Fruciano dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim), Paolo Franchini dell’University of Konstanz in Germania e Julia Jones dell’University College Dublin in Irlanda hanno curato come guest editor una edizione speciale della rivista Journal of Evolutionary Biology per fare il punto della situazione degli studi in questo settore.
“Nel nostro articolo abbiamo affrontato grandi domande in attesa di risposte come, per esempio, se geni raggruppati in porzioni relativamente ridotte del genoma facilitino l’adattamento o se, invece, i geni che sono responsabili dell’adattamento siano localizzati in tutto il genoma senza particolari raggruppamenti”, spiega Fruciano. “Oppure se nel processo di adattamento sia più importante l’evoluzione delle sequenze di DNA che codificano proteine o, viceversa, le sequenze di DNA che regolano l’espressione genica, cioè quella parte del DNA che definisce, in ultima analisi, quanta proteina venga prodotta a partire da una certa sequenza”.
Genetica olfattiva: scoperta una correlazione tra la percezione della cannella e il gradimento dei vini rossi
Il gruppo di ricerca: Giorgia Girotto, Paolo Gasparini, Maria Pina Concas, Anna Morgan
Uno studio guidato dall’Università di Trieste in collaborazione con l’IRCCS Burlo Garofolo, pubblicato su Food, Quality & Preference di Elsevier, ha scoperto per la prima volta la correlazione genetica tra la percezione della cannella e il gradimento dei vini rossi. Un passo in avanti per la comprensione di come gli esseri umani recepiscono gli odori, con potenziali sviluppi per la diagnosi delle malattie neurodegenerative.
Una ricerca condotta dall’Università di Trieste, in collaborazione con l’ospedale materno infantile Burlo Garofolo, ha scoperto per la prima volta la correlazione genetica tra un recettore dell’olfatto, la percezione della cannella e il senso di piacevolezza per i vini rossi che contengono cinnamaldeide, una sostanza che dà origine a sentori di cannella. Si tratta di un nuovo passo nel campo della genetica delle preferenze alimentari, al punto che è stato incluso da Elsevier, casa editrice della rivista Food, Quality & Preference che ha pubblicato lo studio e principale editore mondiale in ambito medico e scientifico, nella newsletter periodica che presenta gli studi più interessanti ai giornalisti di tutto il mondo.
Rare sfere di metallo svelano i metodi antichi di colorazione del vetro
In epoca romana, il vetro veniva colorato con polveri di metalli. Questa tecnica, tramandata come tradizione orale dai vetrai, è oggi documentata da uno studio scientifico che ha analizzato due rari reperti metallici a forma sferica, rinvenuti incastonati in frammenti di vetro durante una ricognizione archeologica ad Aquileia.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, è stato condotto da scienziate e scienziati del gruppo di ricerca del Centro per le Tecnologie per i Beni Culturali (CCHT@Ca’Foscari) dell’Istituto Italiano di Tecnologia - IIT in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari e il nodo INFN-CHNet di Bologna con l’Università di Bologna.
“Conoscere la tecnologia del vetro romano, scoprire nuovi dettagli riguardo le tecniche di colorazione e i processi produttivi non è solo una ricchezza dal punto di vista storico e archeologico” - sottolinea la direttrice del CCHT@Ca’Foscari dell’IIT, Arianna Traviglia. “Questi risultati possono essere d’ispirazione ed interesse anche per lo studio, la lavorazione e la produzione di vetro contemporaneo”.