Redazione

Redazione


Giunto a conclusione un progetto condotto e finanziato dall’Università di Pisa per rilanciare questa coltura grazie ad un nuovo sequenziamento del genoma.


La coltura del fico, attualmente in declino in Italia ma economicamente molto redditizia, è la risposta ottimale per recuperare i terreni altrimenti persi per l’agricoltura. A questa conclusione è giunto il progetto “Ficus carica, un’ antica specie con grandi prospettive” finanziato e condotto dall’Università di Pisa che ha approfondito le conoscenze su questa pianta grazie ad un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.

“Sin dall’antichità e anche oggi, soprattutto nei paesi meridionali del bacino Mediterraneo, il fico fornisce un importante alimento di base anche grazie alla sua grande produttività che dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta - spiega la professoressa Barbara Conti coordinatrice del progetto - Tuttavia, In Italia la coltivazione del fico è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000, che producono l'1% della produzione mondiale e tutto questo a fronte di una costante crescita dei terreni salini marginali che nel nostro Paese sono oggi oltre 400mila ettari. Il rilancio di questa coltura è dunque strategico anche in considerazione del quindicesimo obiettivo dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l'uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride”.


È la 64esima specie di Legionella individuata al mondo, la seconda isolata in Italia: a scoprirla, durante l’attività di sorveglianza programmata in una struttura alberghiera, sono stati gli studiosi del Laboratorio di Microbiologia Ambientale e biologia molecolare (MAb) dell’Università di Bologna.
L’hanno chiamata Legionella bononiensis: è la 64esima specie di Legionella individuata al mondo, la seconda isolata in Italia dalla scoperta del patogeno. È stata scoperta nel corso del 2019 in una struttura alberghiera dai ricercatori del Laboratorio di Microbiologia Ambientale e biologia molecolare (MAb) dell’Università di Bologna.
Attivo al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Alma Mater, il Laboratorio MAb è coinvolto nell'attività di sorveglianza ambientale dei batteri di Legionella, una specie batterica che causa la legionellosi, malattia che colpisce principalmente le vie respiratorie. Questa attività viene portata avanti affiancando tecniche tradizionali e metodiche molecolari di ultima generazione, come la spettroscopia di massa, il sequenziamento genico e le più moderne tecniche di Next Generation Sequencing (NGS).



I supermercati italiani non hanno un piano concreto per fare a meno della plastica monouso, aumentare la vendita di prodotti con sistemi di riuso e ricarica e allontanarsi da un modello di business inquinante, basato sul massiccio impiego di imballaggi e contenitori progettati per diventare rifiuti. Lo rivela la classifica “Carrelli di Plastica” – redatta da Greenpeace e Il Fatto Quotidiano nell’ambito dell’omonima iniziativa editoriale congiunta, avviata per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento da plastica – in cui vengono rese pubbliche le valutazioni, relative al 2021, delle principali catene di supermercati italiani.



Un lavoro di ricerca pubblicato su Nature Catalysis indaga alcuni aspetti fondamentali di una tecnologia per immagazzinare in combustibili l’energia ricavata da fonti rinnovabili, permettendone lo stoccaggio e il successivo utilizzo: la prima applicazione riguarda l'uso dell’energia solare per produrre idrogeno dall'acqua. Lo studio è svolto dall’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche in collaborazione con il Fritz Haber Institute della Max Planck Society.

Le fonti rinnovabili come il solare non sono costanti nel tempo: serve una tecnologia per immagazzinare ciò che non si utilizza durante il giorno per poterlo avere a disposizione quando il sole non splende. Ma come si può usare un processo chimico come metodo di stoccaggio dell’energia?

E’ quanto indaga un lavoro di ricerca pubblicato su Nature Catalysis, svolto da ricercatori dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (Cnr-Iom) in collaborazione con i ricercatori del Fritz Haber Insitute della Max Planck Society di Berlino: in esso vengono indagati alcuni aspetti fondamentali di una tecnologia per immagazzinare in combustibili l’energia ricavata da fonti rinnovabili, permettendone lo stoccaggio e il successivo utilizzo. La prima applicazione riguarda l'uso dell’energia solare per produrre idrogeno dall'acqua.

La ricerca ha a che fare con lo studio dettagliato di alcune fasi del processo di elettrolisi fotocatalitica: si tratta di un processo elettrochimico nel il quale si usa la luce del sole per scindere l’acqua nei suoi costituenti: ossigeno e idrogeno.

 

Breakthrough in the fight against COVID-19:
Researchers have identified antibodies that may make coronavirus vaccines unnecessary
Tel Aviv University researchers have isolated two antibodies that neutralize all known strains of COVID-19 – including Omicron – with up to 95% efficiency.
The researchers: Targeted treatment with antibodies and their delivery to the body in high concentrations may serve as an effective substitute for vaccines, especially for at-risk populations and those with weakened immune systems. By using antibody treatment, there is a possibility that the need to provide repeated booster shots to the entire population every time a new variant emerges will be eliminated.

A scientific breakthrough by Tel Aviv University: A team of researchers from the university has demonstrated that antibodies isolated from the immune system of recovered COVID-19 patients are effective in neutralizing all known strains of the virus, including the Delta and the Omicron variants. According to the researchers, this discovery may eliminate the need for repeated booster vaccinations and strengthen the immune system of populations at risk.

 

Una ricerca pubblicata sulla rivista Global Change Biology coordinata da Institut de Ciències del Mar (ICM-CSIC) di Barcellona, cui ha partecipato il Cnr-Irbim in collaborazione con altri 30 gruppi di ricerca provenienti da 11 paesi, è in grado di ricostruire per la prima volta gli effetti delle mortalità di massa su scala mediterranea di 50 diverse specie marine

Tra il 2015 e il 2019 una serie di ondate di calore ha colpito tutte le regioni del bacino mediterraneo, provocando eventi di mortalità di massa in 50 diverse specie marine come coralli, spugne, macroalghe e anche pesci. Secondo una ricerca internazionale pubblicata sulla rivista Global Change Biology cui ha partecipato l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim), questi fenomeni hanno interessato migliaia di chilometri di coste mediterranee, dal Mare di Alboran sino alle coste orientali, tra la superficie e i 45 metri di profondità.

 

É stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B uno studio, realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, intitolato Vocal accommodation in penguins (Spheniscus demersus) as a result of social environment. La ricerca ha analizzato in che modo i pinguini africani (Spheniscus demersus) sono in grado di modificare le loro vocalizzazioni nel tempo e in funzione delle loro interazioni sociali. Una modulazione vocale paragonabile a quella del linguaggio umano e utile a comprenderne in maniera significativa la sua evoluzione.

 Sono state studiate le caratteristiche acustiche delle vocalizzazioni di diverse colonie di pinguino africano, una specie filogeneticamente distante da tutte quelle che sono state precedentemente identificate come capaci di apprendimento vocale. In particolare, vengono messe a confronto le caratteristiche acustiche delle vocalizzazioni di diversi pinguini con vari gradi di interazione sociale: stessa colonia o colonia diversa; stessa colonia a distanza di tre anni; partner contro non partner.

 

Come sopravvivere bene all’invecchiamento: pubblicati su Nature i risultati di uno studio che aprono nuove prospettive per vivere in forma la terza età.
Un'interessante scoperta sui meccanismi dell'invecchiamento è stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista «Nature» da un gruppo di ricercatori coordinato dal Prof. Stefano Piccolo, del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova e dell’IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare).
L'invecchiamento è un fenomeno naturale che si accompagna a un progressivo declino di varie funzioni dell'organismo. Per esempio, diminuisce la capacità di rinnovo cellulare, si accumulano danni a molteplici organi e decadono i processi cerebrali. Il tutto porta a una generale condizione di fragilità e a un aumentato rischio di insorgenza di malattie, tra cui il diabete e il cancro.

Ma quale è la causa di tutto questo? Perché invecchiamo?

Tritone italiano. Credit Emiliano Mori

 

Uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr ha scoperto una correlazione profonda tra l’ambiente e il processo di invecchiamento di alcune specie che possono allocare maggiori quantità di energia alla sopravvivenza piuttosto che alla protezione dell’organismo, allungando la propria aspettativa di vita. La ricerca è pubblicata su Science

 Il processo di invecchiamento, in alcune specie di rettili e anfibi, può dipendere direttamente dalle condizioni ambientali in cui si trovano. È quanto emerge da due studi, pubblicati sulla rivista Science e condotti da team internazionali, a cui ha partecipato l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iret).

Nel primo lavoro, il gruppo di ricerca ha eseguito un’analisi comparativa dei tassi di invecchiamento e della durata della vita nei tetrapodi a sangue freddo, utilizzando i dati disponibili in letteratura su 77 specie e 107 popolazioni selvatiche di rettili e anfibi, tra cui tartarughe, serpenti e coccodrilli. In particolare, il Cnr-Iret ha studiato una popolazione di tritone crestato che vive sui Poggi di Prata, nelle colline metallifere del Grossetano.

“Le operazioni di monitoraggio hanno coperto un arco temporale di 19 anni in cui abbiamo cercato di capire in che modo la termoregolazione, la temperatura ambientale, il corredo genetico e il ritmo di vita contribuiscano all'invecchiamento degli animali”, spiega Emiliano Mori, ricercatore del Cnr-Iret. “Abbiamo così scoperto che le specie ectoterme, in cui la temperatura corporea dipende dall'ambiente esterno, mostrano una maggiore diversità di tassi di invecchiamento rispetto a quelle endoterme, la cui temperatura corporea è invece regolata dalla produzione di calore metabolico interno. Nelle prime la longevità media stimata varia da 1 a 137 anni, nei primati questo valore è compreso tra 4 e 84 anni”.

 

Pubblicati sulla rivista “Nutrients” i risultati di uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health* (IIPH), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.
In uno studio, condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, è stato esaminato, per la prima volta, l’effetto del consumo di pesce in scatola separatamente da quello di pesce fresco sul rischio di tumore al colon-retto. Lo studio è stato condotto nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza una riduzione del 34% circa del rischio di insorgenza di questo tipo di tumore nei soggetti che consumavano almeno due porzioni alla settimana di pesce in scatola sott’olio (pari a 80 grammi ciascuna).

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery