Alle origini della Mesopotamia

22 Mag 2025 Scritto da Redazione


Si è conclusa la campagna primaverile della Missione Archeologica della Sapienza nel sito di Tell Zurghul, in Iraq. Gli scavi hanno identificato 10 fasi architettoniche, la più antica delle quali risalente al 5.400 a.C.
Si è appena conclusa la campagna primaverile della Missione Archeologica Italiana della Sapienza Università di Roma diretta da Davide Nadali a Nigin, situata nella regione di Lagash, in Mesopotamia sudorientale.

Gli sforzi si sono concentrati sulla collina minore del sito di Tell Zurghul, antica Nigin, dove dal 2015 la missione è impegnata nello scavo di una sequenza di edifici pubblici, possibilmente “templi”, molto simili ai famosi templi preistorici di Eridu, assegnati alla fase Ubaid 4 e databili fra il 4900 e il 4700 a.C. circa.

 

Schöningen, in Bassa Sassonia (Germania), è un sito archeologico di fama mondiale: qui è stato scoperto il più impressionante insieme di armi da caccia del Paleolitico. Proprio per sottolineare l'importanza di questo luogo nella comprensione dell'evoluzione delle tecniche di caccia umane, nel 2013 è stato inaugurato il museo di ricerca "paläon".

Ora, un team di archeologi del Leibniz-Zentrum für Archäologie (LEIZA) e dell'Università Johannes Gutenberg di Mainz (JGU), in collaborazione con esperti di geoscienze e scienze ambientali, ha pubblicato i risultati di una nuova datazione dei reperti del cosiddetto "Orizzonte delle Lance". Anche scienziati dell'Istituto di Geografia della JGU hanno partecipato agli scavi. Dopo una precedente correzione che aveva portato l'età delle celebri lance da 400.000 a 300.000 anni, i nuovi dati indicano che l'età dell'Orizzonte delle Lance deve essere ulteriormente rivista, spostandola indietro di circa 100.000 anni, fino a 200.000 anni fa. I risultati di questa ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Science Advances.


Una ricerca condotta da un team internazionale e pubblicata sulla rivista “Nature” apre nuove prospettive di studio sulla formazione delle culture mediterranee.
Conosciuta come una delle culture marinare più influenti della storia, la civiltà fenicia emerse circa 3000 anni fa nel Levante, regione storica che si estendeva dal sud della Turchia fino al nord-est dell’Egitto comprendendo Siria, Libano, Palestina, Giordania e Israele. I fenici intrecciarono una vasta rete commerciale in tutto il Mediterraneo diffondendo la propria cultura, religione e lingua su tutta la costa. Nel VI secolo a.C. la colonia fenicia di Cartagine, diventata ormai indipendente dalla madrepatria, aveva formato un piccolo impero di comunità conosciute come “puniche”.


Un’indagine genomica su individui di etnia Aymara, Quechua e Uros ha messo in luce varianti genetiche che permettono lo sviluppo dell'embrione in condizioni di scarsa presenza di ossigeno. Caratteristiche simili sono state osservate nelle popolazioni asiatiche dell’Himalaya: un raro caso di "convergenza evolutiva".


Nel genoma delle popolazioni sudamericane native dell’altopiano andino sono state osservate particolari combinazioni di varianti genetiche che permettono uno sviluppo adeguato dell'embrione nelle primissime fasi della vita intrauterina, nonostante la minore concentrazione di ossigeno nel sangue dovuta all'alta quota. A rivelarlo è uno
studio pubblicato sulla rivista Communications Biology e guidato da ricercatori dell'Università di Bologna.


L'indagine ha analizzato i genomi di più di 150 individui di etnia Aymara, Quechua e Uros che vivono nelle aree circostanti al lago Titicaca, a 3800 metri di altitudine tra Perù e Bolivia. L'obiettivo era comprendere le basi genetiche dei tratti biologici complessi plasmati dalla selezione naturale in questi popoli in risposta allo stress dovuto alla ridotta capacità dell’organismo di catturare l’ossigeno presente
nell’atmosfera a mano a mano che la quota aumenta. “I popoli che vivono nelle regioni attraversate dalla cordigliera delle Ande hanno evoluto adattamenti biologici simili a quelli che si osservano nelle
popolazioni dell’Himalaya, seppure con basi genetiche non sempre identiche”, spiega Marco Sazzini, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Per indagare questi aspetti, abbiamo messo a punto un insieme di analisi basate sul sequenziamento di interi genomi e capaci di identificare varianti genetiche che prese singolarmente avrebbero un modesto impatto funzionale, ma che combinate tra loro concorrono a modificare sensibilmente uno specifico tratto biologico”.

Photo: Ferhat Kaya

 


Nuove datazioni radioisotopiche di depositi vulcanici segnano una svolta nello studio dell'evoluzione dei mammiferi.

Ricercatori dell'Università di Oulu, in Finlandia, stanno partecipando a una ricerca che promette di far luce sull'evoluzione dei primi esseri umani. Un team internazionale, co-diretto dall'Università di Oulu, ha datato con successo importanti siti fossiliferi nell'Anatolia centrale, in Turchia, a un periodo compreso tra 7 e 10 milioni di anni fa, utilizzando un nuovo metodo di datazione radioisotopica Argon-Argon (⁴⁰Ar/³⁹Ar).

In Cappadocia, situata all'incrocio dei continenti, si sono conservati strati ricchi di rari fossili, mescolati a cenere vulcanica proveniente da eruzioni esplosive. "Sebbene i metodi radioisotopici non siano nuovi nella determinazione dell'età dei fossili, questo rappresenta un significativo cambio di paradigma nella datazione degli strati sedimentari vulcanici che contengono fossili di mammiferi", afferma il ricercatore Ferhat Kaya dell'Università di Oulu.

Lo scheletro del guardiano nel suo letto di legno presso Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano. (particolare). Foto di P.P. Petrone

 

 

È un caso unico nel suo genere la vetrificazione di materiale organico cerebrale, trovato nel cranio di un antico ercolanese vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. A dare una risposta su come sia potuto accadere un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre.

Lo studio è stato appena pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE” 

È un caso unico nel suo genere la formazione di materiale organico vetrificato, trovato nel cranio di un giovane adulto maschio, sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C e trovato disteso nel suo letto nel Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano.
In natura il vetro è una materiale poco comune perché la sua formazione richiede un rapido raffreddamento dallo stato liquido, tale da non permetterne la cristallizzazione quando diventa solido. Estremamente più difficile che si formi e si conservi un vetro da materiale organico poiché essendo composto per gran parte da acqua - che è liquida a temperatura ambiente - si può trasformare in vetro solo abbassando rapidamente la temperatura molto al di sotto dello zero e conservare come tale a quelle temperature.
Il ritrovamento di materiale cerebrale vetrificato a Ercolano richiede dunque condizioni molto specifiche che sono state svelate da un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e appena pubblicate su Scientific Reports dal titolo “Link identifier #identifier__47012-2Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE” ( DOI: 10.1038/s41598-025-88894-5).


Un team internazionale di scienziati di cui fanno parte l’Università degli Studi di Milano e l’Università Sapienza di Roma, analizzando fossili di brachiopodi ha dimostrato come nel Paleozoico l’incremento di anidride carbonica (CO2), dovuto a un’intensa attività vulcanica, sia risultato concomitante alla riduzione dei ghiacciai e a un incremento della temperatura superficiale media degli oceani fino a 4 gradi centigradi. Questo studio pubblicato su Nature Geoscience ci può aiutare a comprendere meglio i cambiamenti climatici attualmente in atto e le loro conseguenze.
Studiare il riscaldamento globale del passato per capire i cambiamenti climatici del presente. Durante la sua lunga storia, la Terra ha sperimentato condizioni climatiche molto diverse, alternando fasi glaciali a periodi di riscaldamento globale che hanno plasmato il pianeta e influenzato l'evoluzione degli organismi. Ancor prima della comparsa dei dinosauri, durante il tardo Paleozoico (circa 300 milioni di anni fa) ebbe luogo una delle glaciazioni più estese, terminata con una fase di riscaldamento che portò alla scomparsa quasi completa dei ghiacciai e delle calotte polari con importanti conseguenze sulla biodiversità.


Crescita dello smalto dentale più lenta e nessuna differenza tra i due sessi: un nuovo studio, frutto della collaborazione tra la Sapienza, l’Università di Bologna e l’Università di Modena e Reggio Emilia, rivela importanti informazioni sullo sviluppo dei bambini medievali italiani. I risultati pubblicati sulla rivista PLOS ONE
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Plos One e condotto in collaborazione tra Sapienza Università di Roma, l’Università di Bologna, l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha rivelato una differenza significativa nei tempi di sviluppo dentale tra i bambini medievali italiani e i bambini europei moderni.

Denti fossili di squalo



Un gruppo di ricerca multidisciplinare, composto da esperti dell’Istituto di fisica applicata "Nello Carrara" (Cnr-Ifac), dell’Università di Pisa, del Museo Paleontologico GAMPS di Scandicci e del Dipartimento di Computer Science dell'Università di Cambridge, ha sperimentato un nuovo approccio di studio basato sull’Intelligenza Artificiale, per analizzare i denti fossili di squali vissuti nel Pliocene, trovati nella campagna della Toscana. Essi sono testimonianze di vita marina risalente al periodo che va da 5 a 2,5 milioni di anni fa, quando gran parte della regione, in particolar modo la zona di Siena, era sommersa dal mare profondo, ricco di pesci, alcuni dei quali estinti.


L’ibridazione genetica con i Denisoviani ha permesso alle attuali popolazioni dell’Himalaya di evolvere adattamenti utili per ridurre il rischio cardiovascolare associato alla scarsità di ossigeno nel sangue e garantire un adeguato livello di ossigenazione dei tessuti, caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza ad elevate altitudini.


Le popolazioni Tibetane e Sherpa che vivono nella regione dell'Himalaya hanno acquisito, a seguito del mescolamento con l'Uomo di Denisova, una serie di varianti
genetiche che gli permettono di vivere stabilmente ad alta quota. La scoperta - pubblicata sulla rivista eLife - è stata realizzata da un gruppo
di ricerca coordinato dall'Università di Bologna. Gli studiosi hanno analizzato i genomi di individui appartenenti a gruppi etnici nativi delle regioni himalayane di Tibet e Nepal per capire l’impatto biologico che hanno avuto varianti introdotte nel loro patrimonio genetico dall'ibridazione con popolazioni di Uomo di Denisova, una specie umana arcaica vissuta in Asia fino a circa 30.000 anni fa.
L'obiettivo era verificare se queste varianti genetiche si fossero rivelate vantaggiose per far fronte agli stress della vita ad alta quota, primo fra tutti la ridotta capacità dell’organismo di catturare l’ossigeno presente nell’atmosfera.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery