Paleontologia
Da 33 larici fossili italiani, vissuti 18.000 anni fa, un passo in avanti per datazioni più precise al radiocarbonio
28 Lug 2023 Scritto da Università degli studi di Bologna
Grazie all’analisi degli anelli di accrescimento degli alberi fossili, rinvenuti sulle Prealpi Venete, nel sito di Revine, è stato possibile ricostruire le variazioni dei livelli del radiocarbonio atmosferico tra 18.475 e 17.350 anni fa con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Il risultato permetterà di ottenere datazioni più precise dei reperti fossili e stabilire più chiaramente la cronologia dei cambiamenti ambientali e climatici durante le ere glaciali.
Grazie all'analisi degli anelli di accrescimento di 33 larici fossili rinvenuti sulle Prealpi Venete, nel sito di Revine, è stato possibile ricostruire con un livello di dettaglio mai raggiunto prima le variazioni dei livelli del radiocarbonio atmosferico tra 18.475 e 17.350 anni fa.
Lo studio – pubblicato su Communications Earth & Environment, rivista della famiglia Nature – è stato guidato dalla professoressa Sahra Talamo, direttrice del BRAVHO Lab dell’Università di Bologna, in collaborazione con esperti internazionali nel campo della dendrocronologia, del radiocarbonio, dei radionuclidi cosmogenici contenuti nelle carote di ghiaccio e della modellazione delle curve di calibrazione dell’Università di Hohenheim, dell’Università di Heidelberg, dell’Istituto Alfred Wegener (Germania), dell’Università di Leeds (Regno Unito), dell’Università di Lund (Svezia) e dell’ETH di Zurigo (Svizzera).
"Questa ricerca interdisciplinare rappresenta un importante contributo al gruppo IntCal, impegnato nell’elaborazione di una ricostruzione, concordata a livello globale, dei livelli di Carbonio-14 in tre ambienti principali: emisfero settentrionale, emisfero meridionale e oceani superficiali", dice Sahra Talamo, che è anche direttore generale del progetto ERC RESOLUTION, pensato per aumentare l'accuratezza della datazione e favorire così la soluzione di questioni chiave nell'ambito dell'evoluzione umana. "Più la nostra conoscenza dei livelli di Carbonio-14 del passato è accurata, più accuratamente possiamo calibrare una data radiocarbonica per ottenere l’età calendario del campione".
Lo sviluppo di un archivio di alta precisione relativo ai cambiamenti dei livelli del radiocarbonio nell’atmosfera prima di 14.000 anni fa – ottenuto attraverso studi combinati (ad esempio dendrocronologia, datazione al radiocarbonio e confronti con altri archivi di radionuclidi) – è infatti fondamentale per migliorare il metodo di datazione al radiocarbonio. In questo modo è possibile stabilire più chiaramente la cronologia dei cambiamenti ambientali e climatici durante le ere glaciali e consentire così una maggiore accuratezza nella datazione dei campioni fossili.
Gli studiosi hanno quindi lavorato per integrare la curva di calibrazione esistente grazie ad una serie di datazioni provenienti da anelli di alberi annuali: in questo modo è possibile tracciare la variazione di Carbonio-14 nell'atmosfera molto meglio di quanto fatto dalle misurazioni utilizzate finora, che provenivano da sedimenti lacustri, stalagmiti e sedimenti marini.
In particolare, sono state utilizzate tre serie di anelli di alberi italiani, provenienti dal sito di Revine, che coprono un periodo di 1.200 anni, tra 18.475 e 17.350 anni fa: un momento climatico cruciale.
"Le nuove robuste cronologie degli anelli degli alberi glaciali di Revine rappresentano la solida base per le nostre serie Carbonio-14 ad alta risoluzione descritte in questo lavoro", dice Michael Friedrich, specialista in dendrocronologia dell'Università di Hohenheim, Stoccarda.
I risultati ottenuti sono poi stati messi a confronto con il Berillio-10 immagazzinato in alcune carote di ghiaccio. Il Berillio-10 è un altro radionuclide cosmogenico che, come il Carbonio-14, viene prodotto quando i raggi cosmici entrano nell’atmosfera. Questo confronto ha portato il gruppo di ricerca a collegare i cambiamenti individuati nei livelli di radiocarbonio atmosferico ai cambiamenti periodici dell’attività solare, ampiamente diffusi e attestati durante l’ultimo periodo glaciale.
"A causa delle loro incertezze di datazione in questo preciso periodo, le carote di ghiaccio non possono essere utilizzate per fornire precise età solari degli alberi di Revine", spiega Florian Adolphi, specialista in radionuclidi cosmogenici. "Tuttavia, il Berillio-10 è in grado di fornire informazioni utili. Infatti, confrontando i valori di Carbonio-14 delle cronologie di Revine con il Berillio-10 delle carote di ghiaccio, è stato possibile determinare la causa dei cambiamenti di radiocarbonio atmosferico ricostruiti durante questo periodo critico". "Questo lavoro mostra chiaramente come l’unione di metodi scientifici differenti, dendrocronologia, datazione al radiocarbonio e Berillio-10, porti un gran miglioramento nel campo delle variazioni climatiche del passato sviluppatosi dalle nuove cronologie fluttuanti di alberi fossili cresciuti durante il periodo glaciale più recente", sottolinea Bernd Kromer, fisico esperto nella calibrazione del radiocarbonio basata sugli anelli degli alberi.
"In generale, i nostri dati sugli anelli degli alberi fossili di Revine sembrano confermare la sequenza dei dati Carbonio-14 della grotta cinese di Hulu, ma con una risoluzione 10 volte superiore a quella dell’attuale IntCal", afferma Timothy J. Heaton, responsabile della modellizzazione delle età assolute per le cronologie di Revine. "Questa ricerca fondamentale nel campo del radiocarbonio sottolinea l'importanza di disporre di una cronologia precisa come base per le ricostruzioni non solo degli eventi che contraddistinguono il nostro passato evolutivo, ma anche dei principali processi climatici e terrestri del passato", conclude la professoressa Talamo.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment della famiglia Nature con il titolo “Atmospheric radiocarbon levels were highly variable during the last deglaciation”. Per l’Università di Bologna (Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”) hanno partecipato Sahra Talamo, Silvia Cercatillo, Dragana Paleček, Enrico Pelloni e Laura Tassoni.
Dal Mesolitico una storia di adattamento alla crisi climatica
26 Lug 2023 Scritto da Università di Pisa
Con gli archeologi dell’Università di Pisa sulle tracce degli ultimi cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi
Nell’estate più rovente della storia, l’area semi-desertica di Los Monegros, in Spagna, ci restituisce una straordinaria storia di adattamento e sopravvivenza ai cambiamenti climatici avvenuti attorno al 6200 a.C. A ritrovarne le tracce, un’equipe di archeologi dell’Università di Pisa impegnati nel progetto “MesoHistories”, diretto da Niccolò Mazzucco, professore dell’Ateneo pisano, e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona.
Pubblicati su Communications Biology i risultati di una ricerca internazionale coordinata dai paleoantropologi della Sapienza Università di Roma in cui si descrivono sia l’estrazione virtuale del cranio di uno scheletro noto come uomo di Altamura sia le nuove prospettive sull'evoluzione dei Neanderthal
Nell’ormai lontano 1993 venne scoperto in Puglia lo scheletro pressoché completo di un Neanderthal, in una delle prime esplorazioni di un sistema carsico allora individuato dagli speleologi nell'Alta Murgia. Si tratta di un reperto paleoantropologico eccezionale per la completezza dei resti, che risale a circa 150.000 anni fa e che giace tuttora in un cunicolo quasi inaccessibile della grotta di Lamalunga (presso Altamura, Bari), intrappolato tra concrezioni calcaree laminari e coralloidi.
I cacciatori-raccoglitori del Mediterraneo avevano una dieta anche a base di pesce
08 Mar 2023 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Le analisi biomolecolari delle ossa di 11 individui preistorici rinvenuti presso l’antico cimitero spagnolo El Collado, dimostrano, contrariamente a quanto si pensava, che nel Mediterraneo mesolitico veniva consumato pesce in grandi quantità. Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceeedings of the Royal Society B, è stato coordinato da un gruppo internazionale di ricercatori, a cui ha preso parte la Sapienza
Rispetto all’Atlantico e al Baltico, il Mare nostrum non era la fonte primaria di sostentamento per la popolazione del Mesolitico, secondo gli studi finora condotti sulla paleodieta degli antichi abitanti.
Una nuova ricerca internazionale, condotta da Maria Fontanals-Coll e Oliver E. Craig del Dipartimento di Archeologia dell’Università di York, in collaborazione, tra gli altri, con il Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, dimostra invece che gli individui che vivevano sulla costa del Mediterraneo potrebbero aver fatto affidamento sulle risorse acquatiche già 9.500 anni fa, durante il Mesolitico. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Proceeedings of the Royal Society B, è stato finanziato dal progetto europeo Marie Skłodowska-Curie NEOMEDIS e dai fondi ERC ANCESTORS di cui è rappresentante Mary Anne Tafuri della Sapienza.
Al culmine dell’ultima era glaciale, l’uomo trovò rifugio nel sud della Spagna
03 Mar 2023 Scritto da Università degli Studi di Bologna
Un gruppo internazionale di studiosi ha individuato e analizzato il genoma di un individuo vissuto 23.000 anni fa, durante il picco dell’espansione dei ghiacci in Europa, in un’area vicino a Granada: è la più antica testimonianza genetica umana mai trovata nella regione e permette di tracciare nuove importanti connessioni tra le antiche popolazioni umane che hanno attraversato il nostro continente.
È la più antica testimonianza genetica della presenza umana nel sud della Spagna: un individuo vissuto 23.000 anni fa in un’area vicino a Granada, in quello che, al culmine dell’ultima era glaciale, era probabilmente il luogo più caldo d’Europa. La scoperta – realizzata da un gruppo internazionale di ricerca e pubblicata su Nature Ecology & Evolution – ci permette di aggiungere un nuovo importante tassello al grande puzzle della storia genetica umana del nostro continente. Unica autrice italiana dello studio è Sahra Talamo, professoressa al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna e direttrice del BRAVHO 14C Lab (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution).
Archeologia: scoperta in Iraq una “taverna” con un antico frigorifero di 5000 anni fa
24 Feb 2023 Scritto da Università di Pisa
Il ritrovamento è stato fatto a Lagash dagli archeologi dell’Università di Pisa e della Pennsylvania University.
Una zona pranzo all'aperto con panchine, un forno, contenitori per la conservazione, antichi resti di cibo e persino un frigorifero di 5000 anni fa, denominato “zeer”, termine arabo che identifica la tecnica del “vaso nel vaso” per conservare bevande e alimenti. È quanto hanno scoperto gli archeologi dell'Università di Pisa impegnati, assieme ai colleghi dell'Università della Pennsylvania, negli scavi del Lagash Archaeological Project che, a fine 2022, hanno riportato alla luce quella che potrebbe essere una taverna del 2.700 a.C.
Un tesoro, quello ritrovato dall'equipe guidata dalla professoressa Holly Pittman della University of Pennsylvania e dalla professoressa Sara Pizzimenti del Dipartimento di Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Ateneo pisano, che si nascondeva a soli 50 cm dalla superficie e che oggi ci consegna uno spaccato di quella che doveva essere la vita quotidiana di una delle più importanti città-stato della Mesopotamia: Tell al-Hiba (l'antica Lagash).
Ritorno al futuro: indietro ai tempi dei primi Sapiens con un orologio futuristico, il nuovo Radiocarbonio 3.0
23 Feb 2023 Scritto da Università di Bologna
Arriva un’innovazione del celebre metodo di datazione utilizzato in archeologia: gli studiosi l’hanno messa alla prova, con ottimi risultati, sul sito di Bacho Kiro, dove sono emerse le più antiche evidenze dirette della presenza dell’Homo Sapiens in Europa.
Si chiama Radiocarbonio 3.0: è una versione aggiornata e potenziata del celebre metodo di datazione al radiocarbonio, e promette di rivelare nuovi preziosi indizi sugli eventi chiave della storia umana più antica, a partire dall’interazione tra Homo Sapiens e Neanderthal in Europa. A mostrarlo è la combinazione delle date ad alta risoluzione ottenute dal sito di Bacho Kiro, in Bulgaria, con il nuovo pezzo della curva di calibrazione del radiocarbonio ottenuto grazie agli anni degli alberi Kauri della Nuova Zelanda.
Nel sito di Nyayanga, in Kenya occidentale, sono stati ritrovati esempi di industria litica olduvaiana risalenti a circa 3 milioni di anni fa. Le analisi dei reperti litici, condotte presso il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, dimostrano l’utilizzo di strumenti innovativi per la lavorazione di una vasta gamma di materiali e per il consumo di animali di grandi dimensioni da parte degli hominins. Lo studio è pubblicato sulla rivista Science
Nyayanga è una località archeologica presso l’Homa Peninsula, nel Kenya occidentale, caratterizzata da un ambiente ricco di depositi fluviali e lacustri risalenti a oltre 6 milioni di anni fa.
Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte il Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, documenta le ricerche condotte in questo sito dove sono stati ritrovati i più antichi esempi di innovazione tecnologica, conosciuta come industria litica olduvaiana, risalenti a circa 2,9 milioni di anni fa. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Science, hanno permesso la ricostruzione della paleodieta, ma anche di parte dell’ambiente geografico e dell’ecosistema degli ominidi.
A Melka Kunture (Etiopia), il più antico atelier per la produzione di bifacciali di ossidiana risalente a più di 1.200.000 anni fa
23 Gen 2023 Scritto da Università di Roma La Sapienza
La missione archeologica finanziata da Sapienza ha evidenziato la presenza della più antica zona di produzione specializzata di utensili finora conosciuta. Lo studio, che mette in luce una tappa fondamentale dello sviluppo dell’intelligenza umana, è pubblicato sulla rivista Nature Ecology and Evolution
Situato a circa 50 km a sud di Addis Abeba, Melka Kunture è un’area archeologica che si estende sull’altopiano etiopico a circa 2000 m di altitudine: si tratta di un vasto agglomerato di depositi archeologici datati tra 2.000.000 e 5.000 anni fa che per estensione, per la lunga sequenza culturale e per la molteplicità e varietà delle situazioni archeologiche presenti nelle sue diverse fasi, si configura come un complesso straordinario, paragonabile soltanto alla Gola di Olduvai in Tanzania. Melka Kunture, però, si distingue nettamente dall’ambiente della savana, non soltanto per il clima fresco e piovoso, ma anche per una flora e una fauna differenti, rappresentando un unicum nel suo genere.
Il ruolo del clima nella Rivoluzione Neolitica della Mezzaluna Fertile
16 Gen 2023 Scritto da RedazioneLa piccola grotta nel Kurdistan iracheno dove è stata trovata la concrezione studiata
Uno studio condotto dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr e dall’Università Statale di Milano ha ricostruito il clima della Mesopotamia nei millenni passati, con l’obiettivo di comprendere quale ruolo abbia avuto nello sviluppo delle prime civiltà di agricoltori e allevatori del vicino Oriente, svelando che le variazioni climatiche hanno influito in modo limitato nelle dinamiche delle comunità. La ricerca è pubblicata su Scientific Reports.
Uno studio sul campo condotto da ricercatori dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg) e dall’Università Statale di Milano ha ricostruito e analizzato il clima che ha caratterizzato nei millenni passati la Mesopotamia – cioè la regione compresa tra gli attuali Iraq, Iran, Turchia e Siria - con l’obiettivo di comprendere quale ruolo abbia avuto nello sviluppo delle prime civiltà di agricoltori e allevatori del vicino Oriente.