Mercoledì, 11 Aprile 2018

Studio Bambino Gesù-Gemelli-Sapienza su Frontiers in Microbiology certifica legame tra la sindrome neuropsichiatrica infantile e batteri intestinali.


Esiste una correlazione tra la sindrome di PANS/PANDAS ed alcune alterazioni specifiche del microbiota intestinale. Lo dimostra per la prima volta lo studio italiano Quagliariello et al. 2018, pubblicato dalla rivista Frontiers in Microbiology, del gruppo Nature, realizzato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con i ricercatori del Policlinico Agostino Gemelli e dell’Università La Sapienza di Roma. I trilioni di batteri presenti nell’intestino - il cosiddetto microbiota - agiscono come una vera e propria centrale biochimica per l’intero organismo. Questo “reattore” trasforma le molecole che derivano dalle sostanze nutritive, per produrre energia e regolare l’immunità della mucosa intestinale e l’equilibrio delle popolazioni microbiche che agiscono da barriera nei confronti degli agenti patogeni. Pertanto, le attività biochimiche del microbiota influenzano fortemente tutti i distretti dell’organismo.

Alcuni studi hanno dimostrato che il microbiota influenza non solo l’omeostasi intestinale ma anche quella extra-intestinale, agendo sul comportamento e sulle attività del cervello lungo l’asse cervello-intestino. Infatti, varie evidenze indicano che il microbiota intestinale è implicato nell’equilibrio dei comportamenti neuropatologici come lo stress, i disturbi dello spettro autistico, la depressione, la sclerosi multipla, attraverso segnali immunitari, endocrini e neurali. Il microbiota interagirebbe con il cervello attraverso il midollo spinale, il sistema nervoso enterico, l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene ed il sistema nervoso centrale. Questa interazione è supportata dai documentati effetti dei probiotici e degli antibiotici sull'attività e sulle funzioni cerebrali. L’asse cervello-intestino è bidirezionale.

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Molto buono il livello di consapevolezza dei cittadini. Il 70% degli intervistati conosce almeno una delle patologie cutanee più diffuse come psoriasi, dermatiti, orticaria e i tumori cutanei

Gli italiani conoscono le malattie della pelle, frequentano regolarmente il dermatologo e hanno una buona considerazione del loro specialista. E il 57% effettua il controllo dei nei almeno una volta l’anno. È quanto emerge da un’indagine condotta da Doxapharma e pubblicata sull’ultimo numero del “Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology”. “Lo studio – spiega il prof. Giampiero Girolomoni, direttore Dermatologia dell’Università di Verona e uno degli autori dell’indagine – è stato effettuato su un campione di circa 1.500 adulti distribuiti omogeneamente sul territorio nazionale, di cui oltre la metà con un livello di istruzione medio-alto, un’occupazione fissa e con almeno un figlio in famiglia. È emerso che il 70% degli intervistati conosce almeno una delle patologie dermatologiche più diffuse come la psoriasi, le dermatiti, l’orticaria e i tumori cutanei”. “Il dermatologo è tra i medici specialisti più consultati dagli italiani che dimostrano anche di avere una buona conoscenza dei tumori della pelle e delle loro cause. Infatti il 64% indica tra i principali fattori di rischio la prolungata esposizione al sole – afferma il prof. Piergiacomo Calzavara Pinton, presidente Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) -. Sappiamo che la diagnosi precoce è fondamentale, in particolare nel caso del melanoma, il tumore della pelle più aggressivo. Se individuato in fase iniziale, può essere eliminato con un intervento chirurgico e le possibilità di guarigione superano il 90%. Per questo dobbiamo raggiungere tutta la popolazione, soprattutto coloro che ancora ignorano i danni del sole, con campagne di informazione sui rischi legati alla scorretta esposizione ai raggi UV”. 
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