Per un'agricoltura resistente al cambiamento climatico, si parte dalle radici
Guidato dall’Alma Mater, il nuovo progetto di ricerca Radicals indaga le basi genetiche delle piante per renderle più resilienti e salvaguardare la loro produttività anche in condizioni avverse.
Il cambiamento climatico e il degrado degli ecosistemi agrari stanno minacciando l’agricoltura. Per migliorare la resistenza delle piante agli stress e dotarle di caratteristiche che ne salvaguardino la produttività anche in condizioni ambientali avverse, si deve partire dalle radici.
Questo l’obiettivo di Radicals, progetto di ricerca PRIN coordinato da Silvio Salvi, professore di Genetica agraria al Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna.
Oggetto dello studio è la radice della pianta, a partire da quella dell’orzo. Cereale tra i più importanti al mondo, prezioso per l’alimentazione animale ed umana, l’orzo è infatti dotato di un genoma più semplice dal punto di vista genetico rispetto, per esempio, al frumento, e questo lo rende particolarmente adatto come modello da cui partire.
"Focus del progetto è trovare i geni chiave che controllano le radici e la loro ramificazione, primaria e laterale, con l’obiettivo di creare, tramite tecniche di miglioramento genetico, nuove varietà più resilienti in ambienti che mutano", spiega Silvio Salvi. "Piante dotate di radici più lunghe sono infatti in grado di raggiungere, ad esempio, le falde acquifere profonde, mentre in ambienti desertici o semi-desertici, dove l’acqua non c’è neanche in profondità, le radici superficiali consentono di raccogliere velocemente e in maggiore quantità la poca acqua che cade con le piogge".