Artico, tracce di farmaci e cosmetici nelle acque delle Svalbard

CNR 10 Apr 2025

 


Uno studio coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, con la partecipazione dell’Università Sapienza e dell’istituto Sintef Ocean, ha rilevato la presenza di farmaci e prodotti per la cura personale nelle acque del fiordo artico Kongsfjorden, alle isole Svalbard. Sul lungo periodo sono a rischio di sopravvivenza gli organismi acquatici che vivono in questo peculiare ecosistema marino. I risultati sono stati pubblicati su Science of The Total Environment.


Individuate tracce di farmaci e prodotti per la cura della persona nelle acque marine superficiali e reflue nel Kongsfjorden, fiordo situato nell’arcipelago artico delle isole Svalbard. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista Science of The Total Environment, coordinata dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Isp) e realizzata in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza e l’istituto di ricerca norvegese Sintef Ocean.


Lo studio, che implementa una ricerca sui sedimenti marini artici svolta nel 2024 dallo stesso gruppo di ricercatrici, ha rilevato la presenza di antibiotici, antipiretici, ormoni, antinfiammatori, antiepilettici, stimolanti, disinfettanti, caffeina e repellenti per insetti, sia in mare che nelle acque reflue provenienti dalle basi di ricerca internazionali a Ny-Ålesund, valutandone fonti e distribuzione nell’ecosistema marino. “Questi composti hanno mostrato un’elevata persistenza nell’ambiente marino, acutizzata dalle condizioni artiche che rallentano i processi di degradazione naturale”, afferma Jasmin Rauseo, ricercatrice del Cnr-Isp. “Eseguendo una valutazione del rischio ecologico, abbiamo scoperto che la miscela di questi contaminanti può compromettere la salute degli organismi acquatici a diversi livelli della catena trofica, alterando le funzionalità del sistema endocrino e ormonale, con un potenziale aumento della resistenza agli antibiotici. La distribuzione spaziale e temporale dei composti ci ha fatto capire che, oltre all’afflusso proveniente dalle emissioni locali, il trasporto oceanico e atmosferico contribuisce alla confluenza di questi contaminanti nel fiordo”.


Secondo lo studio, questa presenza è anche causata dalla mancanza di adeguati sistemi di trattamento delle acque reflue, mentre la stabilità ambientale dei contaminanti è favorita dalle basse temperature e dalla scarsa luce solare. “Queste evidenze mostrano il potenziale rischio a lungo termine per gli ecosistemi artici e, conseguentemente, per le popolazioni locali. L’Artico sta attualmente affrontando sfide ambientali legate alla presenza di nuovi inquinanti, nei confronti dei quali non sono state ancora adottate misure di contenimento a livello mondiale”, conclude Luisa Patrolecco, ricercatrice del Cnr-Isp responsabile del gruppo di ricerca. “Per questo motivo, è urgente intensificare i programmi di monitoraggio, dando priorità a studi che possano contribuire a promuovere politiche globali per limitare la contaminazione dei mari artici, salvaguardandone la loro biodiversità, così unica e fragile”.

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