Quello cha abbiamo dimostrato è che la variazione di suscettibilità magnetica, e quindi di accumulo di ferro, nella corteccia motoria dei pazienti affetti da SLA avviene in maniera eterogenea nei diversi quadri clinici, e correla fortemente con i segni di compromissione del I° motoneurone. Nell’immediato presente questi risultati potrebbero incoraggiare l’utilizzo di queste tecniche di imaging per selezionare i pazienti con SLA che potrebbero beneficiare dell’utilizzo sperimentale di farmaci chelanti del ferro in trial farmacologici. Nel prossimo futuro
l’obbiettivo è quello di migliorare le nostre tecniche per individuare minime variazioni di suscettibilità magnetica, e quindi avere uno strumento per la diagnosi precoce di malattia. È chiaro che quest’ultimo obbiettivo è legato anche alla possibilità di un ulteriore sviluppo tecnologico delle apparecchiature di RMN. Il raggiungimento dei nostri obbiettivi – precisa il dott. Giorgio Conte - è frutto di una stretta collaborazione tra medici, ingegneri, psicologi e tecnici di radiologia, in particolare con l’apporto dell’ingegnere Valeria Elisa Contarino che ha guidato l’analisi delle immagini in questa ricerca”.
“Il dott. Conte, cosi come la D.ssa Contarino, lavora nel mio team - conferma il prof. Fabio Maria Triulzi, Professore Ordinario di Neuroradiologia della Università degli Studi di Milano e Direttore della Neuroradiologia del Policlinico – a sottolineare come la collaborazione di giovani studiosi ci ha largamente aiutato nel raccogliere un risultato non solo di valore scientifico, ma anche pratico.
La Risonanza Magnetica conferma la estrema versatilità delle possibili applicazioni, offrendo oggi anche un potenziale biomarcatore per il paziente nelle fasi più precoci di malattia: la più recente letteratura accredita, infatti, in modo sempre più convincente l’origine corticale della patologia”. “Ampio contributo è stato inoltre fornito – continua il prof. Silani – da una giovane specializzanda in Neurologia, la dott.ssa Francesca Trogu, che ha creduto già da studente nel progetto e lo ha alimentato con energia sotto la supervisione della dott.ssa Claudia Morelli, neurologa di larga esperienza dell’ Istituto Auxologico Italiano che largamente ha contribuito alla definizione clinica mdei pazienti”. “La maggiore soddisfazione è avere visitato un paziente a cui la diagnosi di SLA non era stata sospettata – conclude il prof. Vincenzo Silani - fino a quando l’esecuzione di una RMN ha evidenziato la diversa suscettibilità magnetica corticale nel paziente che è stato quindi reindirizzato al neurologo inviante con il suggerimento di una indagine approfondita per SLA che poi è stata diagnosticata. Se ciò è vero, un esame relativamente veloce come quello indicato in questa ricerca, potrà aiutare ad orientare la diagnosi talvolta complessa di SLA anticipando nel tempo l’orientamento terapeutico più appropriato”.