L’antico DNA nel Maghreb orientale: rivelata la resilienza genetica e culturale dei cacciatori-raccoglitori del Neolitico

Università di Roma La Sapienza 19 Mar 2025


Un recente studio condotto da Sapienza in collaborazione con un team internazionale di ricercatori fornisce la prima ricostruzione genetica delle popolazioni neolitiche della Tunisia e dell’Algeria orientale. I risultati della ricerca pubblicati sulla rivista “Nature”.


La resilienza genetica e culturale nella transizione neolitica del Nord Africa: una traiettoria inedita

Un nuovo studio, condotto da un team internazionale coordinato dalla Sapienza, fornisce la prima ricostruzione genetica finora disponibile delle antiche popolazioni della regione del Maghreb orientale (l’attuale Tunisia e Algeria orientale), rivelando come i gruppi locali di cacciatori-raccoglitori abbiano mantenuto la propria identità genetica nonostante l’arrivo di gruppi neolitici dall’Europa e dall’Asia sud-occidentale e offrendo una prospettiva inedita sulla transizione neolitica nel Nord Africa.

Il periodo Neolitico, iniziato circa 12.000 anni fa, ha segnato una trasformazione cruciale nella storia umana, con il passaggio dalle economie basate sulla caccia e raccolta alla prime forme di produzione di cibo (agricoltura e allevamento). Mentre gran parte dell’Europa subì drastici mutamenti genetici a causa delle ondate migratorie delle comunità agricole dall’Asia sud-occidentale, il ruolo del Nord Africa in questa transizione è sempre rimasto meno chiaro, anche a causa della scarsità di studi genetici condotti in queste regioni.

Ora, questa nuova ricerca sfida l’idea che il Nord Africa sia stato un semplice ricettore passivo delle influenze neolitiche, mostrando come, sebbene alcuni contributi genetici dai primi agricoltori siano giunti nel Maghreb orientale attraverso il Mediterraneo, le popolazioni locali mantennero un forte legame con le loro tradizioni di cacciatori-raccoglitori.

Le tracce del passato nel DNA antico

Analizzando i dati genetici di individui vissuti tra 15.000 e 6.000 anni fa nel Maghreb orientale, gli studiosi hanno rilevato un’elevata continuità genetica. L’analisi degli individui di circa 7.000 anni fa ha mostrato che, sebbene gli agricoltori europei abbiano contribuito al patrimonio genetico locale - generalmente per meno del 20% - il loro impatto è stato molto più limitato rispetto ad altre aree del Mediterraneo settentrionale, dove le comunità agricole sostituirono in gran parte i gruppi di cacciatori-raccoglitori autoctoni. In quest’area, l’agricoltura non avrebbe completamente rimpiazzato le precedenti tradizioni: al contrario, le comunità del Maghreb orientale hanno dato prova di una straordinaria resilienza, sia culturale che genetica, permettendo loro di persistere in gran parte inalterate nonostante i drammatici cambiamenti in corso altrove.

Uno degli aspetti più affascinanti di questo studio è stata la scoperta di un’antica ascendenza legata ai cacciatori-raccoglitori europei in alcuni individui tunisini, di circa 8000 anni fa: si tratta della prima chiara evidenza genetica di contatti tra le popolazioni dell’Europa meridionale e del Nord Africa. Questo dato suggerisce che alcune rotte marittime, verosimilmente attraverso lo Stretto di Sicilia, abbiano facilitato le interazioni umane nel Mediterraneo molto prima di quanto si pensasse. Sebbene tale ipotesi fosse già stata avanzata in seguito al ritrovamento a Hergla - uno dei siti in cui sono stati scoperti i resti umani analizzati in questo studio - di ossidiana proveniente da Pantelleria, è la prima volta che studi genetici confermano questi contatti.

Resilienza e adattamento di fronte al cambiamento

Tuttavia, mentre altre regioni del Mediterraneo sperimentarono un ampio mescolamento genetico con l’espansione dell’agricoltura - processo che coinvolse anche il Maghreb occidentale - le popolazioni locali del Maghreb orientale mantennero gran parte del loro bagaglio genetico fino ai pieni sviluppi del Neolitico. A differenza dei territori dell’odierno Marocco, dove l’ascendenza genetica legata agli agricoltori europei ha raggiunto, in alcune popolazioni, l’80%, il Maghreb orientale ha sperimentato un impatto genetico dalle comunità neolitiche in arrivo decisamente più limitato.

“Il Maghreb orientale fu un’area di forte resilienza genetica e culturale, unico nel panorama del Mediterraneo, in cui l’introduzione della produzione alimentare sembra essere avvenuta non con una sostituzione su larga scala delle popolazioni locali, ma attraverso una combinazione di migrazioni sporadiche, scambi culturali e una graduale diffusione delle conoscenze” - spiega Alfredo Coppa uno degli autori corrispondenti e Co-Direttore del Northern Tunisia Archaeological Project (NoTAP). Questa scoperta apre nuove prospettive sulla complessità della transizione neolitica nel Mediterraneo, mostrando come il passaggio alla produzione alimentare non fu un processo uniforme, ma piuttosto un fenomeno dinamico e regionalmente differenziato”.

“Le evidenze archeologiche mostrano che a differenza delle comunità del Maghreb occidentale (Marocco), dell’Africa nord-orientale (Egitto) e dell’Europa meridionale, l’agricoltura qui non si affermò stabilmente prima del I millennio a.C., e le comunità locali continuarono a basare la loro economia principalmente sull’allevamento di pecore, capre e, in minor misura, bovini, e praticando la raccolta di molluschi terrestri, la caccia e la raccolta di piante spontanee” dice Giulio Lucarini del CNR altro autore corrispondente e Co-Direttore del NoTAP.

“Analizzando questi antichi movimenti umani, si potranno ottenere preziose informazioni sui modelli di dispersione e adattamento dei gruppi umani nel passato, chiarendone i processi che hanno plasmato e continuano a plasmare le società contemporanee” conclude David Reich della Università di Harvard.

Lo studio è stato condotto grazie alla collaborazione tra istituzioni internazionali quali: Sapienza Università di Roma (Italia), Harvard University (USA), l'Università di Vienna (Austria), il Max Planck Instiute (Germania), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR, Italia), l'Institut National di Patrimone (Tunisia), il Centre National de Recherche Préhistorique, Antropologique et Historique (Algeria), l'Institut de Paléontologie Humaine (Francia) e ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l'Oriente (Italia).

 

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