Ambiente (591)
“Mare caldo” a Portofino, allarme di Greenpeace: «Almeno il 95% dei fondali ricoperto di mucillagine»
06 Set 2024 Scritto da Greenpeace
Circa il 95-100% dei fondali tra i 15 e i 30 metri di profondità nell’Area marina protetta di Portofino era ricoperto di mucillagine già a fine giugno, con gravi rischi per la biodiversità che popola i fondali: è quanto emerge dalle analisi sulle ultime rilevazioni subacquee effettuate da Greenpeace Italia in collaborazione con il DiSTAV dell’Università di Genova nell’ambito di “Mare Caldo”, progetto che monitora gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini costieri di scogliera rocciosa.
«Le mucillagini hanno un impatto estremamente dannoso sulle comunità bentoniche, in particolare su coralli, bivalvi, coralligeno in generale e prateria di Posidonia, sospendendo i processi fisiologici di questi organismi», spiega Valentina Di Miccoli della campagna Mare di Greenpeace Italia. «Ad esempio, la Pinna nobilis, ormai quasi estinta nel bacino del Mediterraneo, potrebbe scomparire definitivamente se ricoperta di mucillagine nelle rare zone dove si registra la presenza di pochi individui. Inoltre, la mucillagine può danneggiare anche il settore della pesca e compromettere quello del turismo».
Gestione delle foreste e funzionalità degli ecosistemi: il delicato equilibrio tra uomo e natura
04 Set 2024 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Una collaborazione internazionale, a cui partecipa un gruppo di ricercatori della Sapienza, ha pubblicato su Journal of Applied Ecology i risultati di uno studio che indaga i legami tra strategie di gestione delle foreste e caratteristiche funzionali del sottobosco, visto che queste ultime influenzano il grado di resilienza ai cambiamenti. La ricerca è stata resa possibile da un monitoraggio della biodiversità forestale che ha coinvolto 12 paesi in Europa
La vasta maggioranza delle foreste d’Europa è attualmente utilizzata per la produzione di legname. Le strategie di gestione forestale deputate a questo scopo sono notevolmente varie ed è differente anche l’impatto delle singole metodologie sulla vegetazione del sottobosco e di conseguenza sulla biodiversità forestale, sul ciclo dei nutrienti e sulla capacità di rigenerazione dell’ecosistema.
Nonostante l’importanza delle foreste anche nella lotta al cambiamento climatico, nessuno finora aveva indagato il rapporto esistente tra metodi di gestione delle risorse forestali e ricchezza e resilienza degli ecosistemi. Una collaborazione di 52 scienziati provenienti da 12 paesi europei, tra cui un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, ha svolto per la prima volta una ricerca a vasta scala sul tema. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Applied Ecology della British Ecological Society.
Il ritiro dei ghiacciai: aree della Terra diverse, ma processi di colonizzazione uguali
13 Ago 2024 Scritto da Università degli studi di Milano
Un team internazionale coordinato dall’Università degli Studi di Milano ha analizzato, tramite DNA ambientale, 1200 campioni di suolo provenienti dalle aree del mondo in cui i ghiacciai si stanno ritirando: nonostante le aree geografiche siano molto differenti, le dinamiche di colonizzazione e di interazione tra microrganismi, flora e fauna seguono processi simili. La pubblicazione su Nature.
La colonizzazione e l’interazione di microrganismi, di flora e di fauna a seguito del ritiro dei ghiacciai segue una dinamica simile in tutto il mondo, nonostante i ghiacciai siano dislocati in aree completamente diverse del Pianeta: è la conclusione a cui è giunto un gruppo di ricerca della Statale di Milano, che ha utilizzato approcci innovativi basati su tecniche di DNA ambientale.
La ricerca è stata coordinata da Francesco Ficetola, docente di Zoologia del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano, ed è stata appena pubblicata su Nature. Il ritiro dei ghiacciai è uno dei segnali più evidenti del cambiamento climatico: in tutto il mondo, infatti, dalle Alpi all’Artico, i ghiacciai si stanno contraendo, lasciando libere aree sempre più vaste sia in montagna che intorno alle calotte polari.
Un futuro incerto per la biodiversità del bacino del Congo
07 Ago 2024 Scritto da Università di Roma La Sapienza
La prima review dedicata agli impatti dei cambiamenti climatici in una delle foreste pluviali più grandi al mondo ha evidenziato le possibili conseguenze negative sulla biodiversità: dall’estinzione delle specie alla diminuzione delle dimensioni degli organismi. I risultati del lavoro, coordinato dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza, sono pubblicati sulla rivista Biological Conservation
Il bacino del Congo, la seconda foresta pluviale continua più grande al mondo, è un centro chiave della biodiversità del pianeta e svolge un ruolo significativo nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Quest’area si trova ad affrontare minacce multiformi, tra cui il cambiamento di destinazione d'uso del territorio, lo sfruttamento delle risorse naturali e i mutamenti climatici.
Frazione della variabilità interannuale di area bruciata spiegata dalla variabilità delle condizioni climatiche. Nelle regioni in cui tale frazione è più grande, il riscaldamento globale potrebbe aumentare significativamente l'impatto degli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr mostra come il clima influenzi gli incendi boschivi e l'ampiezza delle aree bruciate, determinando la quantità di vegetazione secca che può alimentarli. Lo studio, frutto di venti anni di raccolta dati, è stato pubblicato sulla rivista Earth's Future: permetterà di sviluppare strategie più efficaci per prevenire e gestire gli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg), guidato dall’Università di Murcia in Spagna, ha permesso di ottenere, per la prima volta, una stima precisa di come i cambiamenti climatici influenzino l'estensione delle aree bruciate dagli incendi. Sebbene spesso siano le attività umane, intenzionali o accidentali, a innescare gli incendi, è il clima a determinarne la portata. Una volta divampate, le fiamme bruciano un’area che dipende dalle condizioni meteorologiche durante l’incendio, come la presenza di forte vento, ma anche da altri due fattori cruciali: la disponibilità di combustibile, come legna e vegetazione secca, e l'efficacia delle misure di prevenzione e controllo. Lo studio, condotto su scala globale, mette infatti in evidenza che lo stato e la quantità di combustibile sono strettamente legati alle condizioni climatiche dell'area interessata dagli incendi.
Vulcani: piccole differenze, grandi effetti. La chimica e la reologia dietro le eruzioni di Etna e Stromboli
03 Lug 2024 Scritto da CnrL'area craterica del vulcano Stromboli
I vulcani Stromboli ed Etna possono eruttare in modo più esplosivo a causa di minime variazioni nella composizione chimica del loro magma. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment, condotto da un team multidisciplinare dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell'Università degli Studi Roma Tre e del Consiglio nazionale delle ricerche
I vulcani Stromboli ed Etna possono eruttare in modo più esplosivo a causa di minime variazioni nella composizione chimica del loro magma. Lo rivela lo studio “Magma titanium and iron contents dictate crystallization timescales and rheological behaviour in basaltic volcanic systems” pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment e condotto da un team multidisciplinare di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell'Università degli Studi Roma Tre e del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
La "plastisfera" del fiume ospita organismi che minacciano l'ecosistema
24 Giu 2024 Scritto da Università degli studi Milano Bicocca
Fiumi e laghi inquinati in tutto il mondo ospitano una popolazione nuova e in evoluzione di microrganismi e batteri che si sono insediati sulla superficie delle plastiche. Secondo una ricerca pubblicata nel numero di agosto 2024 della rivista Water Research, questo nuovo ecosistema legato ai rifiuti, soprannominato "plastisfera", sta avendo molteplici conseguenze: dall'esaurimento dell'ossigeno nell'acqua, alla potenziale introduzione di patologie, e sta alterando la salute complessiva dei grandi sistemi fluviali.
"I fiumi offrono un'ampia gamma di servizi ecosistemici, dalla fornitura di acqua potabile, all'irrigazione per le colture, fino al sostegno alla pesca nelle acque interne, che centinaia di milioni di persone utilizzano come risorsa alimentare", dice Veronica Nava, ricercatrice dell'Università di Milano-Bicocca e autore principale dello studio. “Il nostro studio è uno dei primi ad andare oltre la descrizione dei microrganismi che crescono sui diversi materiali plastici che inquinano i corsi d’acqua sul nostro pianeta, e giunge a dimostrare che essi stanno cambiando il ciclo dei nutrienti e la qualità delle acque nel fiume, causando una drammatica riduzione dell’ossigeno nel sistema fluviale. Questi cambiamenti hanno un impatto sulla salute di un fiume e sulla sua capacità di sostenere la biodiversità all’interno dei suoi ecosistemi”.
Vermocane, Greenpeace: la diffusione è colpa della crisi climatica, per prevenire i danni servono più aree marine protette
15 Giu 2024 Scritto da GreenpeaceLa notizia del moltiplicarsi di esemplari di vermocane nei mari del Sud Italia sta suscitando preoccupazione per i potenziali danni che la specie può arrecare alle persone e alla fauna marina. Gli impatti della crisi climatica sul Mediterraneo, del resto, sono molteplici e l’espansione di specie termofile come il vermocane ne è un indicatore chiaro. D’altra parte, le evidenze scientifiche ci dicono anche che laddove gli ecosistemi sono protetti, e quindi in migliore salute, le specie termofile hanno impatti inferiori.
«Il Mediterraneo sta pagando un prezzo elevato per l’effetto dei cambiamenti climatici: diventa sempre più povero con grandi stravolgimenti della sua biodiversità», dichiara Valentina di Miccoli, campagna Mare di Greenpeace Italia. «Come dimostra il nostro progetto Mare Caldo, laddove esistono misure efficaci di tutela delle nostre acque queste resistono meglio agli impatti della crisi climatica, di cui la diffusione di specie come il vermocane è una delle prove più evidenti. Per questo abbiamo bisogno di aumentare la rete di aree marine protette in Italia».
Lotta al cambiamento climatico: scoperti nuovi materiali capaci di catturare l'anidride carbonica
14 Giu 2024 Scritto da Università degli studi di Torino
Mercoledì 5 giugno è stato pubblicato sulla rivista Nature l’articolo Capturing carbon dioxide from air with charged-sorbents, frutto della collaborazione tra i ricercatori dell’Università di Torino e i ricercatori dell’Università di Cambridge (UK), dell’Università di Hong Kong (Cina) e dell’Università Cornell (US). Lo studio si è focalizzato su una delle nuove tecnologie più promettenti nella lotta contro il cambiamento climatico: la DAC (Direct Air Capture), la cattura diretta dell'anidride carbonica dall'aria. Si tratta di una tecnica innovativa che, anziché concentrarsi solo sulla riduzione delle emissioni alla fonte, mira a rimuovere direttamente l’anidride carbonica già presente nell'aria, indipendentemente dalla sua origine.
Funghi simbiotici inoculati sui semi, ecco come difendere i terreni dalle erbe infestanti
15 Giu 2024 Scritto da Università di Pisa
Per difendere i terreni dalle erbe infestanti e ridurre l’uso di erbicidi c'è una tecnica che consiste nell'inoculare i funghi simbiotici sui semi delle cover crops, cioè le colture usate per proteggere i terreni dall’erosione e aumentare la sostanza organica. Al fine di promuovere questa pratica, ricercatori e ricercatrici dei laboratori di Microbiologia dell’Università di Pisa hanno riprodotto nelle serre del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali i funghi autoctoni di vari paesi europei da distribuire agli agricoltori. L’attività rientra nel progetto europeo GOOD (AGrOecOlogy for weeDs) che proprio a Pisa il 28 al 29 maggio scorsi ha riunito i vari partner per il primo meeting ufficiale.