Il test, messo a punto dalla collaborazione tra il Dipartimento Materno infantile e scienze urologiche della Sapienza, il Dipartimento di Oncologia e medicina molecolare dell’Istituto superiore di sanità e l’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Santa Lucia, identifica attraverso un prelievo ematico la presenza di un tumore maligno della prostata
Una ricerca in collaborazione tra il Dipartimento Materno infantile e scienze urologiche della Sapienza, il Dipartimento di Oncologia e medicina molecolare dell’Istituto superiore di sanità e l’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Santa Lucia ha individuato un nuovo metodo diagnostico estremamente efficace per il tumore della prostata.

I risultati dello studio clinico prospettico, pubblicato su Cancers, eseguito su 240 campioni, hanno dimostrato una precisione diagnostica pari al 100% di specificità (nessun falso positivo) e al 96% di sensibilità.

Con l’allargamento della base dei dati si potrà arrivare a una procedura decisionale ottimale, specifica per il tumore della prostata più di ogni altro marcatore precedentemente ed attualmente utilizzato per questa neoplasia. I risultati di questo studio, infatti, potrebbero rivoluzionare il management clinico del cancro della prostata, consentendo di intervenire con una prevenzione secondaria molto più efficace basata sia su terapia chirurgica che medica.

“Fino a oggi il dosaggio del PSA sierico, cioè il dosaggio dell'antigene prostatico specifico - spiega Alessandro Sciarra del Dipartimento Materno infantile e scienze urologiche - ha rappresentato il marcatore sierico più importante ed utilizzato per la diagnosi precoce del cancro della prostata, mostrando tuttavia importanti limitazioni nella discriminazione tra le patologie maligne e quelle benigne della ghiandola prostatica, che spesso coesistono nello stesso paziente. L’elevazione del PSA sierico non necessariamente indica la presenza di una neoplasia prostatica, così come al contrario possiamo avere una neoplasia della prostata clinicamente significativa anche per valori di PSA al disotto dello storico limite di 4 ng/ml. Il nuovo test, invece, è in grado attraverso un semplice prelievo ematico di caratterizzare e quantificare i livelli plasmatici di exosomi, ossia vescicole extracellulari di dimensioni nanometriche, che esprimono il PSA (EXO-PSA) in maniera più specifica per presenza di un tumore maligno della prostata”.

 


La ricerca, pubblicata su Nature Biomedical Engineering, è condotta dal Politecnico di Milano con l’Ospedale Universitario di Basilea e l’Ospedale Universitario di Zurigo

 

Un sofisticato chip delle dimensioni di una moneta in cui è possibile coltivare cartilagine e sottoporla successivamente a stimoli meccanici capaci di generare gli effetti dell’osteoartrosi (OA).


E’ lo straordinario risultato ottenuto nel Laboratorio del Politecnico di Milano MiMic (Microfluidic and Biomimetic Microsystems) da Marco Rasponi dell’ateneo meneghino, coordinatore della ricerca assieme ad Andrea Barbero dell’Ospedale Universitario di Basilea. Lo studio è stato pubblicato su Nature Biomedical Engineering (https://www.nature.com/articles/s41551-019-0406-3). La ricerca non ha prodotto solo il rivoluzionario chip ma, nel corso della sperimentazione del piccolo dispositivo, ha dimostrato che l’iperstimolazione meccanica della cartilagine sembra sufficiente a indurre la patologia dell’osteoartosi, senza ricorrere alla somministrazione di molecole infiammatorie come fatto finora. Un’opportuna compressione del tessuto cartilagineo induce infatti i sintomi caratteristici dell’OA: infiammazione, ipertrofia e aumento dei processi di degradazione. Nella cartilagine “on a chip” si crea quindi un ambiente ideale in cui testare l’efficacia e i meccanismi di azione di farmaci, accorciando tempi e costi sperimentali e diminuendo la necessità di test su animali.

 


Nel nuovo numero del magazine ‘A Scuola di Salute’ i consigli degli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e di Fondazione ANIA.
E’ dedicata ai sani stili di vita la nuova edizione di ‘A Scuola di Salute’, il magazine digitale realizzato dall’Istituto Bambino Gesù per la Salute del Bambino e dell’Adolescente in collaborazione con Fondazione ANIA. Dopo il numero sulla sicurezza in auto, le due Istituzioni ancora insieme per contribuire alla prevenzione e alla tutela della salute di bambini e ragazzi con informazioni chiare e verificate per tutti i genitori. In questo magazine, i consigli degli esperti su corretta alimentazione, movimento all’aria aperta, tempo da destinare al sonno, alla lettura e approfondimenti sul fumo in adolescenza e sull’uso di videogiochi.


CINQUE PASTI AL DI’, VARI E BILANCIATI
A colazione, pranzo, cena e merende, nel piatto dei più piccoli devono esserci tutti i nutrienti: carboidrati, fibre, proteine, grassi, vitamine e sali minerali, da combinare in percentuale variabile a seconda dei momenti della giornata. Scegliendo alimenti diversi, freschi e di stagione. Da evitare cibi troppo calorici, troppo salati, gli eccessi di proteine e di grassi di origine animale. Insomma, poche merendine e più frutta. Per dissetarsi
solo acqua o succhi fatti in casa senza aggiunta di zuccheri o dolcificanti. Il momento del pasto è un’importante occasione educativa e sociale. L’offerta di cibo - sottolineano gli
specialisti - va accompagnata dalle ‘cure’ adeguate (non lasciare il bambino da solo), allontanando il sentimento di ansia di non nutrire abbastanza il proprio figlio. Durante la crescita alcuni periodi di
inappetenza sono fisiologici. Attenzione però al rifiuto persistente di cibi e bevande, ai cali di peso e alla presenza di sintomi associati come diarrea, vomito e stanchezza. In questo caso l’indicazione è di ricorrere all’aiuto di un esperto.


Un recente studio condotto dal Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza e frutto di una stretta collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia (IIT) ha identificato un nuovo meccanismo molecolare in grado di incidere su sviluppo, progressione e chemioresistenza del tumore del colon-retto. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Research
La via di segnalazione di Notch è un importante regolatore dei processi di sviluppo, proliferazione e differenziamento in diversi tessuti dell’organismo. Pertanto un suo alterato funzionamento può determinare l’insorgenza di una pletora di tumori, compreso il cancro del colon retto (CRC), tumore ad alta incidenza di mortalità nella popolazione mondiale. Recentemente, la comunità scientifica ha identificato l’esistenza di una nuova via di segnalazione mediata dal ligando Jagged1, una molecola la cui azione induce funzioni biologiche in modo indipendente dal recettore Notch, in diversi contesti tumorali. Comprendere i meccanismi molecolari che regolano questa via di segnalazione e studiarne il coinvolgimento nello sviluppo dei tumori rappresenta un punto nevralgico nello sviluppo di nuovi approcci terapeutici.


Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza ha proposto un innovativo metodo d’analisi che utilizza gli algoritmi per indagare le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della bellezza del volto. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, hanno evidenziato la soggettività alla base del criterio estetico
Sappiamo riconoscere in modo immediato se un volto ci piace o meno, ma quali sono le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della sua bellezza? L'origine e il significato della bellezza del viso hanno affascinato gli studiosi per secoli, dagli antichi canoni greci, fino al più recente machine learning.

Tuttavia, nonostante l’esistenza di una letteratura ricca e multidisciplinare, molte domande fondamentali in questo ambito, sia sulla natura stessa della bellezza facciale e dei suoi determinanti, sia sull’origine delle differenze interpersonali tra i criteri estetici restano ancora senza risposta. Non sembra esistere infatti una regola semplice, in termini di poche caratteristiche di un volto, che possa determinarne con alta probabilità la bellezza percepita.


Il tocco prolungato, simile a una carezza, determina una riduzione dello stress nei neonati prematuri. Lo afferma lo studio “Dynamic touch reduces physiological arousal in preterm infants: A role for c-tactile afferents?” realizzato da un team internazionale (Ospedale Buzzi di Milano, Università di Milano-Bicocca, Fondazione COME Collaboration di Pescara, Istituto Osteopatia Milano e l’Università John Moores di Liverpool) e recentemente pubblicato sulla rivista Developmental Cognitive Neuroscience (https://doi.org/10.1016/j.dcn.2019.100703).

I risultati indicano che la carezza produce un miglioramento in diversi parametri fisiologici, quali il livello di ossigenazione sanguigna e il battito cardiaco nei neonati pretermine tra le 28 e le 37 settimane di gestazione.

Sebbene l’interazione tattile pare abbia un ruolo centrale in molte strategie di cura perinatale, come la “Kangaroo Mother Care” (dove il neonato viene messo a contatto pelle a pelle con il genitore) o il massaggio, le basi neurobiologiche di questi approcci vengono raramente prese in considerazione. Lo studio ha preso in esame gli afferenti C-tattili (CT), una classe di fibre nervose non mielinizzate attivate da un tocco continuo a bassa intensità, del tutto simile ad una carezza. Tali fibre sembrano avere un importante ruolo nel modulare diversi aspetti dell’interazione sociale nell’uomo e in molte specie animali. Il tocco, mirato all'attivazione delle fibre CT, attiva aree cerebrali quali la corteccia insulare posteriore ed è in grado di ridurre l'eccitazione del sistema autonomico, generalmente correlata a stress e dolore.


Consente una maggiore mobilità dopo l'intervento. 6 i giovani pazienti sottoposti alla procedura innovativa. L'Ospedale Pediatrico della Santa Sede è uno dei principali Centri pilota in Europa.
Un nuovo sistema di viti e "corde flessibili" corregge la scoliosi di bambini e ragazzi consentendogli di muoversi più liberamente dopo l'intervento chirurgico. All'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, da maggio ad oggi, sono 6 i giovani pazienti sottoposti all'operazione innovativa. L'Ospedale della Santa Sede è uno dei principali Centri pilota in Europa per l'applicazione di questa procedura che richiede un'attenta selezione dei candidati da parte dell'équipe di chirurghi della colonna.

La novità consiste nell'ancoraggio - sulla porzione di colonna deformata - di viti collegate da una "corda" con un grado di flessibilità superiore rispetto alle barre metalliche rigide utilizzate nel tradizionale trattamento chirurgico della scoliosi (artrodesi). «Con questo sistema si ottiene una correzione della curva scoliotica senza avere il blocco completo del movimento vertebrale; la colonna, infatti, non si irrigidisce, rimane più mobile» spiega Marco Crostelli, responsabile di Chirurgia della Colonna del Bambino Gesù. «In questo modo si ottimizza il ritorno dei bambini alle normali attività, compreso lo sport».

 

Una malformazione rara che colpisce un bimbo ogni 4mila. E una squadra di esperti ancora più rara, perché unica in Italia, in grado di correggere questa malformazione con un intervento ideato apposta e capace di ridare a questi bimbi una qualità di una vita pressoché normale. Sono i due ingredienti fondamentali per una storia a lieto fine che ha come protagonisti il piccolo Alessandro, che oggi ha ancora poche settimane di vita, e gli specialisti del Policlinico di Milano. "Un intervento delicatissimo - racconta Ernesto Leva, direttore della Chirurgia Pediatrica - ideato proprio da noi e che ad oggi può essere eseguito solo nel nostro Ospedale, proprio per le competenze necessarie ad eseguirlo".


Alessandro è nato nella notte del 13 agosto: ma la gioia del suo arrivo viene subito interrotta, perché il piccolo ha una grave malformazione che ha fuso insieme parti dell'intestino con le vie urinarie. Un problema che non è purtroppo diagnosticabile con le ecografie di controllo durante la gravidanza, e anche per questo è ancora più inaspettato. Per fortuna Alessandro è nato nell'Ospedale giusto: di norma questa malformazione richiede tre lunghi e laboriosi interventi ricostruttivi, ma proprio al Policlinico lo stesso dottor Leva ha ideato una tecnica innovativa, capace di gestire il caso con un unico intervento chirurgico, e con un impatto minore sul decorso post-operazione. L'intervento viene quindi programmato immediatamente: "Era Ferragosto - aggiunge Leva - ma al Policlinico non esistono giorni diversi dagli altri: siamo sempre al servizio dei bambini, con eccellenze sempre pronte".

 


Immagine allegata: Sequenza di passaggi a cui è soggetto normalmente l’ovocita nel processo di fecondazione in vitro (Ivf) e dove potrebbe essere inserito il test meccanico, non invasivo, per la selezione dell’ovocita da fecondare

 

L’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste, con una nuova sonda che permette l’analisi sull’intera cellula e non solo sulla membrana, identifica una tecnica per riconoscere, in base alle caratteristiche meccaniche, gli ovociti con maggiori probabilità di successo, sia freschi sia dopo il congelamento. La ricerca promette di aumentare l’efficacia del processo, migliorando la selezione degli ovociti utili al raggiungimento di una gravidanza di successo. Lo studio, in collaborazione l’Irccs Burlo Garofolo, è pubblicato sulle riviste Acta BioMaterialia e European Biophysics Journal

 Una collaborazione tra un gruppo di ricerca dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) di Trieste e il reparto di Clinica ostetrica e ginecologica dell’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste ha prodotto, negli ultimi anni, diversi risultati orientati ad aumentare la probabilità di successo della fecondazione assistita per le coppie sterili. Gli esiti delle ultime ricerche sono stati pubblicati su European Biophysics Journal e su Acta BioMaterialia.

“Uno dei momenti più importanti per determinare la fortuna di un processo di fecondazione è la selezione degli ovociti, oggi condotta in base a caratteristiche esclusivamente morfologiche: il medico sceglie la cellula da fecondare rispetto alla forma considerata indice del suo migliore stato di salute. Il criterio è però soggettivo e si basa fondamentalmente sull’esperienza dell’embriologo”, dice Laura Andolfi, ricercatrice del Cnr-Iom. “L’obiettivo di queste ricerche è invece identificare un metodo più generalizzabile, non invasivo e capace di velocizzare il processo”.

 


È italiana la scoperta della molecola MS4A4A che, grazie al ruolo centrale nel dialogo tra macrofagi e cellule Natural Killer delsistema immunitario, controlla la diffusione metastatica del tumore. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC, diretto e coordinato da Humanitas e Università Statale di Milano, sono pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Immunology e aprono la strada a nuovi approcci nell’immunoterapia.

I risultati di uno studio italiano, diretto e coordinato da Humanitas e Università Statale di Milano, sostenuto da AIRC grazie al programma 5x1000 guidato dal professor Alberto Mantovani, sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Immunology*. Al cuore dello studio, la scoperta del ruolo centrale della proteina MS4A4A nell'attivare una risposta immunitaria protettiva contro la diffusione metastatica del tumore. Questa molecola,scoperta in cellule del sistema immunitario, i macrofagi, si associa al recettore Dectina‐1, controllandone la funzione. MS4A4A è anche essenziale per attivare un dialogo tra i macrofagi – cellule primitive del sistema immunitario che nei tumori hanno un significato prognostico – e le cellule Natural Killer, che sono in grado di uccidere le cellule tumorali.

 

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