Uno studio della Sapienza in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia fornisce nuove informazioni sulla parte meno conosciuta del nostro corredo genetico mettendo sotto i riflettori il meccanismo di azione di una molecola di RNA non codificante sulla formazione dei tessuti muscolari. L'articolo è stato pubblicato sulla rivista EMBO Reports, che gli ha dedicato la copertina per il numero di giugno
Il nostro genoma può essere paragonato a un “manuale di istruzioni” che regola lo sviluppo e il funzionamento del nostro organismo. Per molti anni la comunità scientifica non ha approfondito quella parte consistente del suo contenuto che non essendo destinata alla produzione di proteine, era ritenuta meno importante. Per tale ragione, le informazioni presenti al suo interno, ovvero il ruolo funzionale di questi elementi, non codificanti”, è rimasto a lungo sconosciuto.

Nell’ambito della cosiddetta “materia oscura” del genoma, ci sono migliaia di sequenze di RNA non codificanti (ncRNA), che si sono rivelate invece centrali nel controllo di tutti quei processi che sottintendono al corretto differenziamento di cellule e tessuti del nostro organismo, e che, se alterate, possono causare numerose malattie. La loro funzione si esplica sia nel nucleo che nel citoplasma dove regolano rispettivamente la produzione degli RNA messaggeri (mRNA) e il successivo processo di traduzione in proteine.


In nuovo studio coordinato dalla Sapienza, in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma, è stata dimostrata l’azione dell’ormone maschile nei meccanismi d’ingresso del virus SARS-CoV-2. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista scientifica Metabolism, suggeriscono il testosterone come ormone-sentinella per la prevenzione e il trattamento dell’infezione da Coronavirus negli uomini
Il Covid-19 colpisce più gli uomini delle donne. Lo dimostrano diversi studi in cui è stato evidenziato che circa il 60% delle persone colpite dal virus è di sesso maschile. Qual è il motivo di questa differenza di genere?

Una risposta arriva dai risultati di un nuovo lavoro coordinato da Andrea Lenzi del Dipartimento di Medicina sperimentale, in collaborazione con Paolo Pozzilli dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Lo studio, pubblicato sulla rivista Metabolism, ha analizzato il ruolo del testosterone, identificandolo come ormone-sentinella per la prevenzione e il trattamento del Covid-19 negli uomini.

“In questa nostra ipotesi di lavoro abbiamo affrontato il problema del testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, che può essere più basso o più alto con un ampio range di variazione nella popolazione maschile – spiega Paolo Pozzilli, docente di Endocrinologia all'Università Campus Bio-Medico di Roma e Direttore di Endocrinologia e diabetologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – in particolare, sappiamo che i livelli di testosterone diminuiscono con l’età: per cui i soggetti anziani, ossia quelli più colpiti dal Coronavirus, sono anche quelli con più basso testosterone”.  

 


Il Covid-19 non ferma l’impegno per la vita. Un palloncino posizionato nella trachea per trattare l’ernia diaframmatica già prima di nascere. In sala operatoria l’équipe di specialisti dell’Ospedale Policlinico di Milano, dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Un palloncino posizionato nella trachea del feto, ancora nella pancia della mamma, per consentire lo sviluppo dei polmoni e aumentare le chance di sopravvivenza. La delicata procedura sul feto di 28 settimane, affetto da una grave forma di ernia diaframmatica congenita, è stata portata a termine con successo da un’équipe dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con gli specialisti dell’Ospedale Policlinico di Milano (Clinica Mangiagalli) e dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli di Roma. Mamma e personale sanitario sono stati sottoposti a tutte le procedure di sicurezza previste dai piani per l’emergenza Covid-19 e per la verifica della negatività al virus. È il primo intervento del genere eseguito nell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede.


L’ERNIA DIAFRAMMATICA CONGENITA


È una patologia rara (l’incidenza è di 1:2500 - 1:4000 nati vivi) che in Italia interessa circa 150-180 bambini all’anno. È caratterizzata da un difetto nel diaframma, il muscolo che separa il torace dall'addome, che provoca la "risalita" dei visceri addominali (intestino, stomaco, milza, fegato) nella cavità toracica. La spinta degli organi risaliti nel torace comprime i polmoni, compromettendone lo sviluppo (ipoplasia polmonare) e provocando l’aumento della pressione nel circolo polmonare (ipertensione polmonare). Il rischio di mortalità associato a questa patologia varia a seconda della severità, che viene determinata sulla base di criteri ecografici prenatali. Nei casi più gravi può superare il 90%.


L’INTERVENTO IN FETOSCOPIA


Il 17 aprile scorso, nel comparto operatorio del Bambino Gesù al Gianicolo, l’équipe multidisciplinare dei tre Ospedali (ginecologi-ostetrici, neonatologi, chirurghi feto-neonatali, anestesisti, infermieri specializzati) ha eseguito la procedura endoscopica mininvasiva in utero in circa 45 minuti, senza complicanze. Con la mamma in anestesia locale ed il feto “sedato” con una puntura sulla coscia, è stato inserito un fetoscopio (sonda molto sottile dotata di telecamera a fibre ottiche) nell’addome della gestante. Passando per la bocca del feto (lungo appena 35cm per 1,2kg di peso), è stata raggiunta la trachea dove è stato posizionato e gonfiato un minuscolo palloncino, un “tappo” che blocca la fuoriuscita del liquido normalmente prodotto dal polmone. L'accumulo del fluido all'interno dei polmoni, che nei casi di ernia diaframmatica sono di dimensioni ridotte, li mantiene in espansione e ne favorisce lo sviluppo. Circa un mese prima del parto, il palloncino sarà rimosso con la stessa procedura per permettere al neonato di avere la trachea libera e quindi di respirare normalmente al momento della nascita. A distanza di 10 giorni dall’intervento, i controlli ecografici hanno rilevato un significativo aumento del volume dei polmoni fetali.


LA SPERIMENTAZIONE INTERNAZIONALE “TOTAL TRIAL”

L’occlusione della trachea fetale mediante fetoscopia è l'unico intervento in utero praticato nel mondo, in pochissimi centri di riferimento, per il trattamento dell’ernia diaframmatica congenita ad altissimo rischio. In Italia viene effettuato in modo esperto e standardizzato (circa 10 interventi all’anno) dall’equipe dell’Ospedale Policlinico di Milano, con il quale il Bambino Gesù ha avviato già da alcuni anni una collaborazione clinico-scientifica rivolta proprio alla gestione di questa patologia in fase prenatale. La procedura comporta dei rischi (rottura delle membrane e/o parto prematuro nel 25-30% dei casi), ma l’esperienza clinica internazionale indica un potenziale beneficio sulla sopravvivenza (che può aumentare anche del 20-30%) dei neonati affetti dalle forme più gravi di ernia diaframmatica. Queste evidenze preliminari sono in fase di verifica in un trial multicentrico internazionale, il “TOTAL Trial”, cui hanno partecipato, per l’Italia, sia Bambino Gesù che Mangiagalli.


COLLABORAZIONE TRA CENTRI DI ECCELLENZA PER I CASI COMPLESSI


Alla gestione di questo caso molto complesso hanno collaborato tre Centri di riferimento nel campo dell’ostetricia e della medicina materno-fetale, della chirurgia neonatale e della neonatologia (San Pietro – Fatebenefratelli, Bambino Gesù e Policlinico di Milano), con équipe multidisciplinari altamente specializzate composte da ostetrici e ginecologi esperti di medicina fetale, neonatologi intensivisti, anestesisti, chirurghi neonatali e personale infermieristico. In particolare, l’équipe ostetrica del San Pietro ha curato la preparazione della gestante nella fase pre-intervento e il monitoraggio post-operatorio, garantendo allo stesso tempo la presenza in sala operatoria per la gestione di eventuali complicanze (rottura precoce delle membrane e possibile parto in urgenza); gli ostetrici esperti in interventistica fetale dell’Ospedale Policlinico di Milano, insieme ai ginecologi del Bambino Gesù, hanno eseguito la procedura (nota come “plug tracheale”); l’equipe multispecialistica del Bambino Gesù, che ha preso in carico la mamma fin dal momento della diagnosi di ernia diaframmatica, si occuperà anche del monitoraggio del feto, del parto e dell’intervento di correzione del difetto del diaframma subito dopo la nascita.


UN PUNTO NASCITA PER BAMBINI AD ALTO RISCHIO


Il Bambino Gesù copre tutte le specialità mediche e chirurgiche neonatali e pediatriche, compresa la diagnostica prenatale e la ginecologia, ma non ha un reparto di degenza ostetrica. Con l'autorizzazione della Regione Lazio e il supporto dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli, dal 2017 all’interno dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede è operativo un punto nascita per i casi ad alta complessità che possono richiedere interventi in emergenza al momento della nascita. L’obiettivo della convenzione è rendere immediatamente disponibili, in un'unica sede, tutte le più avanzate competenze ostetriche e medicochirurgiche neonatali, evitando a nascituri particolarmente vulnerabili i rischi del trasporto da una struttura all'altra. Dal 2017 ad oggi, hanno partorito al Bambino Gesù circa 60 mamme con l’assistenza dell’équipe di specialisti dei due Ospedali. La nascita del bimbo trattato con l’intervento in fetoscopia e il successivo intervento chirurgico per la correzione definitiva del difetto diaframmatico, sono previsti nel mese di giugno 2020, sempre al Bambino Gesù.


Secondo i ricercatori dell’Università di Pisa le persone più suscettibili all'ipnosi "riescono a muoversi quando immaginano di farlo" il che ha un riscontro nella maggiore eccitabilità della corteccia motoria di questi soggetti. Lo studio pubblicato su “Neuroscience”.


Accade, nelle persone altamente ipnotizzabili, che suggestioni sensomotorie (“il suo braccio si sta alzando…”), inducano movimenti reali (il braccio si alza davvero) percepiti però dai soggetti come involontari. Questo comportamento individuato e studiato per la prima volta nel laboratorio di Neuroscienze Cognitive e Comportamentali dell’Università di Pisa, l’unico in Italia interamente dedicato all’ipnosi sperimentale, è stato ora spiegato sulla base della maggiore eccitabilità della corteccia motoria delle persone più facilmente ipnotizzabili. La ricerca compiuta dalla professoressa Enrica Santarcangelo, responsabile del laboratorio, e dal professor Carmelo Chisari e il dottor Vincenzo Spina, dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Ateneo pisano è stata recentemente pubblicata sulla rivista internazionale Neuroscience.
“Sapevamo già che le persone altamente ipnotizzabili – racconta Enrica Santarcangelo - sono capaci di modificare percezioni e comportamenti attraverso l’immaginazione, riescono ad esempio ad aumentare la temperatura di un braccio immaginandolo più caldo dell’altro, oppure diventano incapaci di muoversi se immaginano di essere paralizzate o riescono a sopprimere il dolore”.


Un nuovo studio internazionale, che ha visto il coordinamento e la collaborazione di tre dipartimenti della Sapienza, ha dimostrato per la prima volta il coinvolgimento delle cellule Natural Killer (NK) nelle prime fasi di sviluppo della SLA. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Nature Communications, suggerisce un nuovo possibile bersaglio terapeutico per lo sviluppo di cure mirate
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa rara che colpisce ogni anno 1 persona ogni 300.000 individui e porta alla perdita progressiva dei motoneuroni, con denervazione e atrofia dei muscoli scheletrici. Ad oggi non esiste una cura adeguata che riesca a prolungare o migliorare significativamente la vita dei pazienti.

Come per altre patologie del sistema nervoso, anche per lo studio della SLA è prevalsa in passato una visione neurocentrica, che ha ricercato esclusivamente nel neurone la spiegazione dei meccanismi alla base della patologia.Più recentemente, la ricerca ha focalizzato la sua attenzione anche sulle cellule della glia, che rappresentano una componente significativa sistema nervoso, e su quelle del sistema immunitario, dimostrando che i meccanismi infiammatori giocano un ruolo chiave nello sviluppo e nella progressione di questa e altre patologie neurodegenerative.

In un nuovo studio internazionale, al quale hanno preso parte i dipartimenti di Fisiologia e farmacologia, di Medicina molecolare e di Neuroscienze della Sapienza, è stato dimostrato come alcune cellule del sistema immunitario, chiamate Natural Killer (NK), invadendo il sistema nervoso centrale, giochino un ruolo chiave nella morte del motoneurone e nell’attivazione di meccanismi citotossici durante la progressione della SLA. I risultati del lavoro, che suggeriscono le cellule NK come un nuovo possibile bersaglio terapeutico, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

 

La scoperta dell’Università di Pisa e del National Institutes of Health statunitense pubblicata sulla rivista scientifica Diabetes

 

 


“Mangio poco, come mai ingrasso? Sono a dieta perché non dimagrisco?” sono frasi che tutti abbiamo sentito o detto nella nostra vita almeno una volta. A venirci in aiuto per rispondere a queste domande, e magari a perdere peso, c’è un nuovo studio dell’Università di Pisa e del National Institutes of Health statunitense pubblicato sulla rivista scientifica “Diabetes” e inserito tra gli highlights (https://diabetes.diabetesjournals.org/content/69/2/129).

Secondo il team di scienziati, al di là di quello che mangiamo, è infatti il nostro specifico profilo metabolico (“brucia grassi” o “brucia carboidrati”) a determinare il mantenimento del nostro peso corporeo. In altre parole le persone con un metabolismo che tende a bruciare meno grassi sono più a rischio di sovrappeso e obesità dato che nel tempo tendono maggiormente ad ingrassare.

“Esistono differenti profili metabolici tra gli individui di una popolazione – spiega Paolo Piaggi, bioingegnere dell’Ateneo pisano e autore senior dello studio – ci sono soggetti più propensi a ossidare cioè a “bruciare” i grassi e altri più inclini a “bruciare” i carboidrati della dieta. Questi ultimi, come abbiamo scoperto, tendono a guadagnare più peso nel tempo dato che non consumano tutti i grassi ingeriti con la dieta (anche se seguono una dieta normocalorica) ma li immagazzinano nel corpo come tessuto adiposo, il quale nel tempo si espande e provoca un aumento di peso corporeo”.


Artisti e musei insieme sui social per contrastare diffusione del virus


Jovanotti, Sorrentino, Ligabue, Fiorello, Baglioni, Renato Zero, Amadeus, Maria Grazia Cucinotta, i Negramaro, Beppe Fiorello, Francesca Archibugi, Cristiana Capotondi, Tiziano Ferro, Enrico Lucci, Antonella Clerici, i Pinguini Tattici Nucleari, Barbara Foria sono tanti gli artistiche che stanno aderendo in queste ore alla campagna #iorestoacasa nata spontaneamente sulla rete e rilanciata dal ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini che invita a limitare le relazioni sociali per combattere la diffusione del Covid-19.


Molti anche i musei che stanno postando sulla rete i propri capolavori invitando a scoprire da casa i segreti delle loro collezioni. Finora hanno aderito: i musei reali di Torino, Pompei , il Colosseo, gli Uffizi, Palazzo Reale di Napoli, il museo Egizio, Palazzo Barberini, la Galleria nazionale d’arte moderna e Contemporanea di Roma, il museo archeologico di Cagliari, il parco archeologico dei campi Flegrei, il museo d’arte orientale di Venezia, Capodimonte, il Museo Omero di Ancona, la Galleria Nazionale dell’Umbria, il Museo di San Martino, la Galleria dell'Accademia di Firenze, le Gallerie dell'Accademia di Venezia.
“Ringrazio i tanti i protagonisti della musica, del cinema, dello spettacolo che in queste ore stanno promuovendo sui social la campagna #iorestoacasa. Un messaggio importantissimo per i ragazzi” ha twittato il ministro Franceschini.

Gli esperti nutrizionisti del portale Educazione Nutrizionale Grana Padano hanno realizzato un programma alimentare latto-ovo-vegetariano dedicato a tutti coloro che vogliono seguire una dieta sana ed equilibrata che promuova la salute senza però mangiare la carne degli animali di terra, acqua o aria. È ormai molto diffusa l’opinione che il cibo, oltre che nutrirci e regalarci tanta soddisfazione e gioia, debba anche essere sano, rispettare gli animali e avere il minor impatto ambientale possibile per preservare il nostro pianeta, o perlomeno per non danneggiarlo ulteriormente. La dieta “L.O.Ve.” è stata realizzata dalla Dr.ssa Marzia Formigatti (dietista clinica) con la collaborazione della Dr.ssa Erica Cassani (medico specializzato in Scienza dell’Alimentazione) sotto la supervisione del Comitato Scientifico ENGP ed è consultabile, del tutto gratuitamente, su smartphone, PC o tablet dal sito www.dietalovegetariana.it e scaricabile, sempre in forma gratuita, su Apple Store e Play Store.

Gli autori di questo programma alimentare hanno lavorato per realizzare una dieta equilibrata in macro e micronutrienti al fine di soddisfare le sempre più numerose richieste di coloro che desiderano alimentarsi nel rispetto dell’etica che ritiene non si debba uccidere gli animali per nutrire l’uomo e che sostiene che ciò che mangiamo ogni giorno debba essere eco-sostenibile, cioè che l’insieme degli alimenti utilizzati non deve avere un impatto negativo sull’ambiente.


I risultati di uno studio clinico condotto su oltre 5000 pazienti in 30 anni di osservazione hanno dimostrato che questa forma di diabete (LADA) non è esente da gravi complicanze microvascolari contrariamente a quanto ritenuto finora, ma comporta gravi conseguenze all’apparato visivo e urinario. Il lavoro, frutto di una collaborazione fra la Sapienza e l’Università di Oxford, è ora pubblicato sulla rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology
Il diabete autoimmune latente dell’adulto, chiamato LADA, è una forma autoimmune a lenta evoluzione di diabete che si manifesta dopo i 30 anni. Spesso misconosciuta ed erroneamente diagnosticata come diabete di tipo 2, questa patologia non manifesta le complicanze renali e oculari fin da subito e ciò determina molto spesso un ritardo, sia nell’identificazione del tipo di diabete, sia nella definizione di trattamenti adeguati.

Riconoscere prontamente la patologia può essere quindi fondamentale per prevenire le conseguenze più gravi soprattutto nelle fasi avanzate della malattia. È quanto emerge dai risultati di uno studio, frutto della collaborazione fra il Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza e l’Università di Oxford, recentemente pubblicati sulla rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology.


Il gruppo di ricerca


Pubblicato su The Journal of Clinical Investigation uno studio italiano nato dalla collaborazione tra Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itb), Istituto nazionale di genetica molecolare di Milano (Ingm), Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma

In alcuni tipi distrofia, i muscoli sono soggetti ad un invecchiamento prematuro e patologico a causa di una alterazione della forma tridimensionale del DNA. Lo hanno mostrato i ricercatori del gruppo Chromatin and Nuclear Architecture, guidato dalla biologa Chiara Lanzuolo (Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche), in uno studio appena pubblicato con i primi nomi dei biologi Andrea Bianchi e Chiara Mozzetta e realizzato con il sostegno di Ministero della salute, Fondazione Cariplo e AFM-France.

Studiando le cellule staminali muscolari, gli scienziati del team hanno infatti rilevato che nella distrofia l’accelerazione dell’invecchiamento muscolare è dovuto ad un 'cambio d’identità' delle stesse cellule che normalmente provvedono al ricambio delle fibre danneggiate. Ma quale ruolo ha la struttura tridimensionale del DNA? Lo chiarisce la stessa Lanzuolo: “Sappiamo che pur avendo il medesimo DNA, le cellule di uno stesso organismo presentano aspetto e funzioni diverse. Ciò avviene perché in una determinata cellula solo una piccola parte del DNA viene 'letta'. La diversità di lettura delle informazioni è determinata sia dalla forma tridimensionale del DNA che dal suo orientamento nel nucleo, che dipendono a loro volta da fattori chiamati regolatori epigenetici”.

 

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