Un’indagine scientifica internazionale, guidata dall'Università di Padova e pubblicata sulla rivista «Advances in Nutrition», fa luce sul ruolo dei nutrienti epigenetici per un invecchiamento sano.

Mangiare in modo corretto è, in sostanza, un modo per "dialogare" con il nostro codice genetico. Alcuni alimenti contengono, infatti, molecole bioattive in grado di modulare i meccanismi epigenetici – quei processi che regolano l'attivazione o il silenziamento dei geni – influenzando così il ritmo dell'invecchiamento e offrendo protezione contro le patologie croniche.

Questo è il concetto chiave emerso dall'articolo intitolato A Systematic Review of Food-Derived DNA Methyltransferase Modulators: Mechanistic Insights and Perspectives for Healthy Aging, condotto da Sofia Pavanello, docente del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova. La ricerca è stata ospitata su «Advances in Nutrition», una delle testate più autorevoli nel campo della nutrizione.

 

Giovedì 23 ottobre 2025, sono state presentate a Milano, presso Palazzo Isimbardi, le nuove stime sulle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) in Italia, frutto di uno studio congiunto delle Università di Milano-Bicocca e Bologna. La ricerca, promossa dai due atenei in collaborazione con Amref Health Africa, indica che nel Paese risiedono circa 88.500 donne che hanno subito le MGF. Questo dato rappresenta un aumento dell'1% rispetto alle stime del 2019, elaborate anch'esse dall'Università Bicocca.

 

Migliaia di mini-cervelli umani coltivati in laboratorio usando un ingrediente che probabilmente avete in casa: gomma di xantano, lo stesso addensante presente in salse, gelati e prodotti da forno. Sembra l'inizio di un film di fantascienza, ma è la realtà scientifica appena pubblicata su Nature Biomedical Engineering dal team di Stanford Medicine. I ricercatori hanno risolto uno dei problemi più frustranti nella ricerca sul cervello - impedire che gli organoidi cerebrali si fondano tra loro - usando questo comune additivo alimentare, aprendo la strada alla produzione di massa di mini-cervelli identici per studiare autismo, schizofrenia, epilessia e testare nuovi farmaci senza mai coinvolgere un paziente. La scoperta potrebbe rivoluzionare la neuroscienziatranslazionale e accelerare drammaticamente lo sviluppo di terapie per milioni di persone affette da disturbi neuropsichiatrici.

 

Mangiare patatine fritte, merendine confezionate o bevande zuccherate potrebbe non essere solo una questione di voglia passeggera o mancanza di forza di volontà. Uno studio monumentale condotto su quasi 30.000 persone ha rivelato qualcosa di inquietante: i cibi ultra-processati possono letteralmente ricablare il nostro cervello, modificando la struttura di regioni cerebrali cruciali e innescando un circolo vizioso di abbuffate e dipendenza alimentare. La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications Medicine, getta nuova luce sui meccanismi attraverso cui questi alimenti industriali manipolano il nostro comportamento alimentare, e le implicazioni per la salute pubblica sono enormi.

La scoperta che cambia tutto: quando il cibo diventa una droga

Avete mai notato come sia impossibile fermarsi dopo aver aperto un pacchetto di patatine? Oppure come una merendina porti inevitabilmente a volerne un'altra? Non è colpa vostra. Un team internazionale di neuroscienziati dell'Università di Helsinki e del Montreal Neurological Institute della McGill University ha analizzato scansioni cerebrali di circa 30.000 partecipanti provenienti dalla UK Biobank, scoprendo correlazioni sorprendenti tra il consumo frequente di cibi ultra-processati e cambiamenti misurabili nella struttura cerebrale.


Il CNR ha guidato uno studio internazionale che ha rivelato come gli stimoli meccanici ambientali influenzino direttamente l'attività secretoria delle cellule. Questo meccanismo, fondamentale per il rilascio di proteine e la funzionalità dei tessuti, offre nuove chiavi di lettura per il trattamento di tumori e fibrosi. La scoperta è stata pubblicata su Advanced Science.

Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) ha coordinato una ricerca internazionale che ha svelato in che modo i processi di secrezione cellulare vengono modulati – aumentando o diminuendo – in risposta ai segnali meccanici provenienti dall'ambiente extracellulare circostante.

Tutte le cellule ospitano un sofisticato sistema di trasporto, noto come "apparato secretorio", incaricato di veicolare e distribuire lipidi e proteine sia all'interno che all'esterno della cellula. Lo studio, pubblicato sulla rivista Advanced Science, ha fornito una comprensione più approfondita di questo processo essenziale per la liberazione di proteine e per il mantenimento della corretta funzionalità dei tessuti.

 

I meccanismi del cervello per riparare i danni causati da traumi o malattie degenerative sono ancora in gran parte sconosciuti. Ora, uno studio rivoluzionario condotto dall'Università di Barcellona (UB) ha descritto una nuova strategia che potrebbe potenziare notevolmente la rigenerazione neuronale e la neuroplasticità in seguito a un danno cerebrale.

I risultati, pubblicati sull'International Journal of Molecular Sciences, suggeriscono che combinare la terapia a base di cellule staminali con il Fattore Neurotrofico Derivato dal Cervello (BDNF) potrebbe aprire nuove vie per il trattamento delle malattie neurodegenerative e delle lesioni cerebrali.

Un'importante ricerca internazionale, coordinata dall'Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ifc) di Firenze, ha compiuto un significativo passo avanti nella comprensione del legame tra l'insorgenza di aritmie cardiache e la fibrosi, il processo di sostituzione delle cellule muscolari del cuore con tessuto connettivo.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Cardiovascular Research, ha sviluppato e utilizzato un innovativo approccio di imaging e modellazione computazionale che ha permesso di svelare per la prima volta come il rimodellamento fibrotico alteri la propagazione degli impulsi elettrici, creando così il substrato ideale per le aritmie.


Per 25 anni, la Striscia di Gaza era stata un esempio virtuoso nella lotta contro la poliomielite. Grazie a programmi di vaccinazione efficaci e a una rete sanitaria capillare, la malattia era stata completamente debellata, offrendo un barlume di speranza e normalità in una regione segnata da decenni di tensioni. Oggi, quella vittoria è svanita, e il virus è tornato a colpire. La guerra in corso, infatti, ha distrutto le difese sanitarie che avevano protetto la popolazione per oltre due decenni.

I conflitti, terreno fertile per le epidemie

La storia ci insegna che i conflitti armati non portano solo distruzione, ma aprono anche la strada alle epidemie. Dalle piaghe medievali che si diffondevano al seguito degli eserciti, alle malattie che decimavano i soldati nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, la guerra e le malattie sono state da sempre compagne inseparabili. La distruzione delle infrastrutture, lo sfollamento di massa e il collasso dei sistemi sanitari creano un ambiente perfetto per la diffusione di malattie infettive che si credevano sconfitte. Il caso di Gaza non fa che confermare questa drammatica legge storica.

 

Narrare la malattia: il ruolo dei VIP tra stigma e medicina narrativa

Negli ultimi anni, sempre più celebrità hanno scelto di raccontare pubblicamente la propria battaglia contro patologie croniche e rare. Da Selena Gomez con il lupus e il trapianto di rene, passando per Justin Bieber e la malattia di Lyme, Nick Jonas con diabete tipo 1, fino a Angelina Jolie che ha affrontato il tumore ereditario con mastectomia preventiva, la narrazione personale diventa uno strumento di salute pubblica.

La medicina narrativa è riconosciuta come tecnica clinica e sociale fondamentale per integrare emozioni, storie individuali e comunicazione scientifica nella prevenzione e nell’aderenza ai trattamenti. Figure come Rita Charon hanno mostrato che ascoltare la storia di malattia, non solo la cartella clinica, migliora la relazione medico-paziente e favorisce percorsi di cura personalizzati.

 

L’importanza della prevenzione cardiovascolare fin da giovani
La salute del cuore non può essere considerata solo una questione da affrontare in età adulta o a seguito di problemi conclamati. Oggi più che mai, la prevenzione cardiovascolare fa il suo ingresso nelle scuole con iniziative dedicate ai giovani, perché prendersi cura del cuore già dalla giovane età significa investire in un futuro più sano e pieno di benessere.

Uno dei progetti che sta ottenendo crescente successo in diverse regioni d’Italia è “Il cuore dei giovani”, un’iniziativa che vuole sensibilizzare gli studenti sull’importanza di adottare stili di vita sani e corretti, oltre a riscoprire il ruolo fondamentale dei controlli cardiologici preventivi.

Come funziona il progetto “Il cuore dei giovani”
L’idea alla base del progetto è semplice ma efficace: integrare nelle scuole screening elettrocardiografici (ECG) a riposo, effettuati da personale sanitario qualificato, su gruppi di studenti che frequentano scuole secondarie di primo e secondo grado. L’elettrocardiogramma rappresenta uno strumento fondamentale per individuare anomalie cardiache precoci, spesso asintomatiche, che potrebbero esporre i giovani a rischi come aritmie o, nei casi più gravi, a morte cardiaca improvvisa.

 

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