Da oltre mezzo secolo, l'Antigene Leucocitario Umano G (HLA-G) è rimasto un misterioso protagonista nell'ambito dell'immunologia. La sua profonda funzione nell'indurre l'immunotolleranza durante la gravidanza è emersa solo nel 1990. Inizialmente confinato all'interfaccia fetomaterna, HLA-G ha superato le sue origini, influenzando vari settori medici, tra cui la medicina dei trapianti, la reumatologia, l'oncologia e le malattie infettive. Questa recensione si addentra nel mondo intricato di HLA-G, enfatizzando la sua doppia natura: da guardiano dell'immunotolleranza in presenza di infiammazioni e malattie autoimmuni, a promotore della progressione del cancro quando espresso all'interno dei tumori.
Mentre l'importanza di HLA-G si estende a diversi campi medici, questa recensione si focalizza sul suo ruolo nel complesso puzzle delle perdite ricorrenti di gravidanza (RPL), una condizione caratterizzata dalla perdita di due o più gravidanze, che colpisce il 2-5% delle coppie che cercano di concepire.



Nel presente studio dal titolo "Intravenous Vitamin C for Patients Hospitalized With COVID-19: Two Harmonized Randomized Clinical Trials," condotto dagli autori Dr. Frank L. van de Veerdonk et al., e pubblicato su JAMA in data 25 ottobre 2023 (doi:10.1001/jama.2023.21407), sono state esaminate le potenziali implicazioni dell'uso della vitamina C nei pazienti ricoverati con COVID-19. Lo studio ha coinvolto due sperimentazioni cliniche armonizzate, che hanno incluso pazienti critici ricoverati in unità di terapia intensiva in 90 siti diversi, nonché pazienti non critici in 40 siti distribuiti in quattro continenti.


Una nuova ricerca coordinata congiuntamente dall’Università degli studi di Cagliari e dalla Sapienza Università di Roma ha evidenziato una base molecolare comune dell’invecchiamento e di patologie neurodegenerative come la SLA. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Death and Discovery
L'invecchiamento è l’insieme dei cambiamenti che avvengono nelle cellule e nei tessuti con l'avanzare dell'età aumentando il rischio di malattie e morte. Questi cambiamenti seguono una sequenza programmata comune e sono principalmente caratterizzati dal deterioramento delle funzioni cognitive e dal declino delle capacità locomotorie.

Tali manifestazioni coincidono con i sintomi delle malattie neurodegenerative, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), l'Alzheimer e il Parkinson, suggerendo che questo tipo di patologie condividano una base molecolare comune con il processo di invecchiamento.


L’analisi delle acque reflue urbane si dimostra un indicatore per misurare la circolazione degli Enterovirus, fornendo alla sanità pubblica uno strumento in grado di prevedere nuove epidemie, così come evidenziato per il virus SARS-CoV-2. Lo studio dell’Università Statale di Milano pubblicato su Science of the Total Environment.
Una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il laboratorio di Indicatori Epidemiologici Ambientali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e con Regione Lombardia,recentemente pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment (STOTEN), ha dimostrato che l’analisi delle acque reflue è uno strumento in grado di captare in anticipo la diffusione nella popolazione degli Enterovirus.


Un gruppo di ricercatori italiani, guidati da Francesco Violi della Sapienza di Roma ha individuato il meccanismo molecolare alla base della reazione trombotica associata in alcuni pazienti alla somministrazione di un determinato vaccino anti Covid. I risultati dello studio, pubblicati su Thrombosis and Vascular Biology aprono la strada allo sviluppo di nuovi farmaci per la cura dell’infarto e dell’ictus.
Le complicanze trombotiche che si sono verificate in seguito al vaccino anti-Covid, con conseguenze anche molto gravi per alcuni pazienti, sono state un motivo di seria preoccupazione sociale soprattutto nella fase iniziale della campagna vaccinale.


Una ricerca internazionale a cui hanno partecipato per l’Italia, presso il Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari (LENS), ricercatori dell’Università di Firenze e del Consiglio nazionale delle ricerche, ha permesso di mappare, per la prima volta, la porzione del cervello umano preposta al linguaggio. Lo studio è pubblicato su Science Advances.

 Effettuata la prima mappatura neuronale in alta risoluzione della porzione del cervello umano preposta al linguaggio, l’area di Broca. La ricerca è stata realizzata da un team di istituzioni di ricerca internazionali fra cui, come unità italiana, il Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari (LENS) con sede a Sesto Fiorentino (Firenze). I ricercatori italiani, associati al LENS, sono afferenti ai dipartimenti di Biologia, Fisica ed Astronomia, e Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, oltre che all’Istituto Nazionale di Ottica del Consiglio Nazionale delle ricerche (Cnr-Ino). I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.


Un nuovo studio internazionale, realizzato in collaborazione con la Sapienza Università di Roma, ha scoperto una sottopolazione di cellule gliali, fondamentali nel controllo delle attività cerebrali. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature, aprono nuove strade per il trattamento di malattie neurologiche come l’epilessia o il Parkinson
Il cervello funziona grazie ai neuroni e alla loro capacità di elaborare e trasmettere informazioni. Per supportarli in questo compito le cellule gliali svolgono una serie di funzioni strutturali, energetiche e immunitarie. Alcune di queste, conosciute come astrociti, circondano le sinapsi, ovvero i punti di contatto in cui i neurotrasmettitori vengono rilasciati per diffondere le informazioni tra i neuroni.


Uno studio dei ricercatori di Policlinico di Milano e dell’Università degli Studi di Milano ha utilizzato tecniche di sequenziamento ed editing genetico combinate a simulazioni con organoidi per scoprire l’interazione tra una variante genetica e il sesso femminile, responsabile dell’insorgenza della steatosi epatica nelle donne. La pubblicazione su Nature Medicine.
Da oltre 30 anni, la scienza cerca di trovare una spiegazione a come la diversità tra sessi influenzi l’applicazione della medicina, la risposta alle terapie e la resilienza alle patologie. La salute, infatti, non è neutra ma può avere diverse declinazioni in base al sesso del paziente.

Le risposte ottenute dalla medicina sono sempre più precise anche grazie all’uso di tecnologie avanzate e delle ultime frontiere dell’ingegneria genetica. Come nel caso del lavoro internazionale, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine, coordinato dai ricercatori del Policlinico di Milano e dell’Università degli Studi di Milano. Una ricerca che ha messo in luce i meccanismi molecolari alla base di una forma rapidamente progressiva di steatosi epatica (più comunemente nota come “fegato grasso”) nelle donne in menopausa.

 

L’iniziativa ideata dall’Ufficio prevenzione e protezione del Cnr, è stata svolta in collaborazione con la Siprec e la Lithuanian Heart Association e ha coinvolto vari istituti scolastici superiori del Lazio e della Lituania. Nelle scuole partecipanti, oltre a organizzare seminari informativi sul tema, le consuete macchinette distributrici di cibo sono state sostituite da altre erogatrici di alimenti con contenuto ridotto di grassi, zuccheri, sale e calorie, valutando poi gli effetti di queste modifiche sulle condizioni fisiche dei ragazzi. I risultati sono pubblicati sul Journal of Food and Nutrition Sciences.


Una ricerca dell’Università degli Studi di Milano e Istituti Clinici Scientifici Maugeri, realizzata in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche e il Paul Scherrer Institute in Svizzera, ha studiato la correlazione tra le microcalcificazioni al seno e la presenza di tumori, scoprendo che l’assenza di whitlockite, un minerale solitamente presente nelle microcalcificazioni, potrebbe essere un indicatore della presenza di tumore. La pubblicazione su Cancer Communication.
Le microcalcificazioni, piccoli depositi di calcio che si formano nel tessuto mammario e che possono essere rilevati alla mammografia, sono spesso, ma non sempre, un segnale di allarme per la presenza di un tumore al seno. E la relazione fra microcalcificazioni e tumore non è stata mai chiarita.

 

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