Team internazionale di ricerca individua nella tecnica non-invasiva lo strumento per garantire ai neonati una terapia su misura.
L’ecografia polmonare nei neonati pretermine a poche ore di vita permette di capire subito se il piccolo avrà bisogno della somministrazione di surfattante (sostanza naturale prodotta nel polmone, carente nei neonati prematuri, che impedisce il collasso degli alveoli), della terapia intensiva neonatale o solo di un monitoraggio che gli permetterà di stare accanto alla mamma.
Nasce da un accordo internazionale di collaborazione fra l’Università francese Paris-Saclay, l’Università di Padova, l’Università Degli Studi di Napoli Federico II e altri atenei stranieri lo studio multicentrico internazionale Quantitative Lung Ultrasonography to guide surfactant therapy in late preterm and term neonates, pubblicato sulla rivista «JAMA Network Open», che ha fornito la possibilità di guidare con l’ecografia polmonare la somministrazione di surfattante nei neonati pretermine e a termine.

 

Uno studio internazionale, coordinato dall'Università di Bologna e IRCCS - Policlinico di Sant’Orsola, ha scoperto che un fattore di crescita appartenente alla famiglia delle proteine morfogenetiche ossee agisce come un potente promotore della rigenerazione delle cellule muscolari cardiache. I risultati offrono una nuova potenziale terapia per la
rigenerazione del cuore.

Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato da studiosi dell'Università di Bologna e IRCCS - Policlinico di Sant’Orsola, ha identificato un fattore chiave in grado di spingere la proliferazione e rigenerazione delle cellule muscolari cardiache. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cell Reports, apre la strada a nuove potenziali terapie per rigenerare il cuore danneggiato.


Una ricerca internazionale, a cui ha collaborato un team della Sapienza, ha sviluppato un metodo per individuare la soluzione ottimale e più efficiente per costruire strutture complesse con mattoncini di DNA attraverso un meccanismo di auto-assemblaggio. La scoperta apre a nuove prospettive per la progettazione di nanomateriali e per applicazioni in campi come la fotonica e la nanoelettronica. I risultati sono pubblicati su Science
Tutti i bambini, avendo tra le mani i mattoncini lego o i pezzi di un puzzle, hanno provato almeno una volta a realizzare una costruzione o a ricomporre l’immagine nascosta nelle tessere.

Giunzione neuromuscolare

 


Uno studio coordinato dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Cnr identifica nel controllo dei livelli della proteina spastina un elemento chiave per recuperare la degenerazione neuronale associata alla patologia. La scoperta apre la strada a nuove strategie terapeutiche per la malattia. Il lavoro pubblicato su Brain

Un recente studio condotto dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ibpm) in collaborazione con la Sapienza Università di Roma e finanziato da Fondazione Telethon italiana, AFM Telethon ed Euro-HSP, ha fornito nuove informazioni sulla paraplegia spastica ereditaria, una rara malattia neurodegenerativa che causa una progressiva spasticità degli arti inferiori e per la quale non esistono cure.



Uno studio italiano condotto su 18.000 persone ha dimostrato che la presenza di bassi livelli di albumina è associata alla mortalità per cancro e malattie cardiovascolari negli individui di età pari o superiore ai 65 anni. I risultati dello studio, condotto dalla Sapienza in collaborazione con I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università LUM di Casamassima, sono stati pubblicati sulla rivista eClinical Medicine-Lancet
Una ricerca congiunta condotta da Sapienza Università di Roma in collaborazione con I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università LUM di Casamassima, ha messo in luce un'associazione significativa tra ipoalbuminemia (bassi livelli di albumina nel sangue) e un aumento del rischio di mortalità per malattie vascolari e cancro in individui anziani.



Formare ricordi di eventi simili costituisce una vera e propria sfida per il nostro cervello. È essenziale che ogni evento venga memorizzato in maniera separata per preservarne la specificità. Tuttavia, è altrettanto importante riconoscere e ricordare gli aspetti comuni tra gli eventi. Se questo delicato processo viene compromesso, le persone rischiano di confondere un evento con un altro, perdendo così la chiarezza e la specificità dei propri ricordi.

 Un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Cell Reports ha identificato un intricato processo cerebrale che consente di distinguere e memorizzare eventi simili in maniera separata, mantenendo al contempo le somiglianze tra di essi. La ricerca è stata condotta principalmente dalle ricercatrici Giulia Concina, Luisella Milano e Annamaria Renna coordinate dal Prof. Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.


Distogliere lentamente l’attenzione da un evento può essere alla base di una minore interazione e comunicazione futura.
Pubblicato sul numero speciale di «Cerebral Cortex», dedicato alle basi biologiche dell’autismo, lo studio del team di ricercatori delle università di Padova, Milano, Lecco, Bergamo e Trento.

La ricerca scientifica da tempo mira a comprendere i circuiti neurali alla base delle nostre capacità sociali, il cosiddetto “cervello sociale”, la cui alterazione potrebbe essere alla base dell’autismo, un disturbo dello sviluppo, caratterizzato da comportamenti ristretti e stereotipati e da difficoltà sociocomunicative. Una precoce alterazione dell’attenzione
potrebbe essere una delle principali cause di una disfunzione della comunicazione e delle capacità sociali.


Uno studio internazionale, che ha visto la partecipazione di ricercatori della Sapienza Università di Roma, ha descritto un nuovo meccanismo molecolare che contribuisce all’inibizione della risposta immunitaria nel glioblastoma da parte di una specifica popolazione cellulare immunitaria, esasperando così l’aggressività di questo tumore. I risultati di questo studio, pubblicato sulla rivista Immunity, propongono nuovi bersagli cellulari e molecolari per il disegno di approcci terapeutici innovativi per il glioblastoma.


Il glioblastoma è la forma più aggressiva di tumore cerebrale nell’adulto e le opzioni terapeutiche oggi disponibili sono molto limitate. La marcata ipossia (mancanza di ossigeno) e l’immunosoppressione che caratterizzano il microambiente di questo tumore rendono inefficaci anche le più recenti strategie di immunoterapia.


Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Padova ha scoperto un meccanismo d’azione con cui l’acido acetilsalicilico sembra attivare una risposta immunitaria contro il cancro del colon-retto.
È da parecchio tempo noto che l’uso quotidiano a lungo termine dell'acido acetilsalicilico a basse dosi, la cosiddetta “aspirinetta” assunta per limitare i rischi di malattie cardiovascolari, sembra anche ridurre l’incidenza e la mortalità dovuta al cancro del colon-retto. Non erano però conosciuti tutti i possibili meccanismi d’azione dell’effetto anti-tumorale.


Lo studio multicentrico “Immunoreact 7” coinvolge 14 gruppi di ricerca italiani, coordinati dal dottor Marco Scarpa del Dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche  gastroenterologiche dell’Azienda ospedale Università di Padova. Sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, lo studio ha l’obiettivo di valutare l’effetto dell’acido acetilsalicilico sul microambiente tumorale, sull’immunità sistemica e sulla mucosa sana che circonda il cancro del colon-retto. Il farmaco è comunemente assunto a basse dosi per ridurre la probabilità di alcune patologie cardiovascolari.


Un gruppo di ricerca interdisciplinare ha individuato una relazione tra differenza di sesso e meccanismi genetici associati ai sintomi cognitivi nella schizofrenia.


In uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale "Molecular Psychiatry” del gruppo Nature, i ricercatori dell’Università di Catania, dell’Università di Bari Aldo Moro e
dell’Università di Padova hanno riportato una scoperta sul ruolo del sesso sui meccanismi  molecolari della schizofrenia, contribuendo a chiarire la variabilità tra maschio e femmina nell’insorgenza dei sintomi cognitivi di questa malattia. Tali sintomi sono presenti in più dell’80% dei pazienti e rappresentano uno dei principali problemi nella vita quotidiana del paziente con schizofrenia, causando una disabilità lavorativa e funzionale. I sintomi cognitivi persistono anche durante la remissione della malattia e rispondono poco o nulla agli attuali trattamenti farmacologici.

 

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