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"Prende il via nel Lazio per tutto il mese la campagna di prevenzione del tumore al seno 'Ottobre Rosa'. Un fitto programma di iniziative e percorsi di prevenzione interamente dedicati alle donne. I progressi nella ricerca hanno determinato negli anni una crescita continua delle percentuali di sopravvivenza, evidenziando in particolare l'importanza di una diagnosi precoce. Per questo motivo la sensibilizzazione rappresenta un aspetto fondamentale e gioca un ruolo decisivo nel processo di cura". Lo dichiara il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti presentando le iniziative in programma per 'Ottobre Rosa. "Le donne possono rivolgersi con fiducia alla Rete senologica del Lazio e soprattutto e' importante che rispondano all'invito della Asl: il percorso di prevenzione, diagnosi e cura e' completamente gratuito, senza lista di attesa e soprattutto segue standard di alta qualita' con la doppia lettura dei referti", aggiunge Zingaretti.
Nobel Medicina agli studiosi Allison e Honjo per ricerche su immunoterapia anticancro
01 Ott 2018 Scritto da Omceo
Il premio Nobel della Medicina va quest'anno all'americano James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo, scopritori del meccanismo di inibizione del sistema immunitario nel riconoscere adeguatamente le cellule tumorali.
Tutto e' partito dalla scoperta che una molecola, CTLA-4, si oppone alla stimolazione delle cellule linfocitarie delsistema immunitario nel riconoscimento e all'eliminazione delle cellule tumorali. In pratica, e' stata dimostrata l'esistenza di un blocco di attivazione del sistema immunitario, che in natura esiste per evitare un'eccessiva attivita' del nostro sistema immune in grado di scatenare malattie autoimmunitarie quali le artriti diffuse.
Dalla meta' degli anni '80 si sono scoperte altre molecole coinvolte nell'inibizione della stimolazione del sistema immunitario e nel mancato riconoscimento delle cellule tumorali (il cosiddetto "checkpoint immunitario"), che hanno portato all'identificazione di terapie mirate in grado di rimuovere tale blocco di riconoscimento a livello del checkpoint immunitario ed indurre risposte durature su piu' tipi di cancro, il che ha permesso alla comunita' oncologica di iniziare ad ottenere approcci terapeutici potenzialmente curativi.
Tuttavia, le notevoli risposte alle immunoterapie sono attualmente limitate a una minoranza di pazienti e indicazioni, evidenziando la necessita' di approcci piu' mirati, efficaci e innovativi. L'ulteriore comprensione dei meccanismi biologici e delle funzioni alla base di questi meccanismi molecolari sara' essenziale per la progettazione razionale delle immunoterapie di nuova generazione, cercando di sviluppare marcatori predittivi di risposta terapeutica in grado di identificare i diversi sottogruppi di pazienti.
Distrofia muscolare di Duchenne: identificato un nuovo meccanismo
29 Set 2018 Scritto da Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) di PozzuoliPer la più frequente patologia muscolare ereditaria ancora non è disponibile una cura. Una nuova speranza arriva dall’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, dove si è scoperto che farmaci in grado di regolare la funzione degli endocannabinoidi permettono di contrastare il decorso della malattia e recuperare parte delle funzioni motorie perdute in un modello animale. Lo studio è pubblicato su Nature Communications
La distrofia muscolare di Duchenne è la più frequente patologia muscolare su base ereditaria. Ad esserne colpiti sono principalmente i bambini maschi. L’esordio è precoce e, oltre ai muscoli scheletrici, sono colpiti molti altri organi come cuore, polmoni e cervello. Ancora oggi contro tale patologia non è disponibile una cura. Una nuova speranza arriva dai laboratori di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) di Pozzuoli guidati da Vincenzo Di Marzo, dove si è scoperto come in un modello animale sia possibile rallentare significativamente il decorso della malattia e recuperare le funzioni motorie perdute mediante i farmaci in grado di regolare la funzione dei cannabinoidi prodotti dal nostro stesso organismo. Lo studio è pubblicato su Nature Communications.
Un minuscolo microscopio a superisoluzione per comprendere la struttura delle celle tumorali e sviluppare terapie personalizzate
28 Set 2018 Scritto da Politecnico di Milano
Il Politecnico di Milano partner del progetto europeo PROCHIP
È ormai evidente che le origini del cancro possono essere sia genetiche che epigenetiche, ovvero che il cancro è causato non solo da mutazioni della sequenza del DNA ma anche da mutazioni della sua struttura, costituita da strati di cromatina. Studi epigenetici, che analizzano i meccanismi responsabili di cambiamenti ereditabili nel genoma, hanno infatti dimostrato come il microambiente possa influenzare il comportamento cellulare provocando alterazioni nella struttura della cromatina all’interno del nucleo cellulare portando così alla trasformazione di cellule da sane a tumorali. Il progetto europeo PROCHIP (Chromatin organization PROfiling with high-throughput super-resolution microscopy on a CHIP), coordinato dal CNR e di cui il Politecnico di Milano è partner, si propone di sviluppare un innovativo microscopio in grado di analizzare un elevato numero di cellule tumorali e ottenere informazioni sulla distribuzione spaziale della cromatina, in modo da individuare un parametro da utilizzare come marker tumorale. La possibilità di osservare la distribuzione della cromatina aiuterà a decifrare l’eterogeneità di certe tipologie di cancro, ma anche a valutarne la risposta alle terapie e riuscire a sviluppare una medicina personalizzata per ogni specifico paziente.
Individuata una nuova popolazione di cellule staminali che favorisce la riparazione delle lesioni al midollo spinale
28 Set 2018 Scritto da Università di Pisa
Lo studio condotto dai ricercatori della Yale School of Medicine e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications
Un team di scienziati della Yale School of Medicine e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha individuato una particolare popolazione di cellule staminali, dette neuroepiteliali, che si sono rivelate particolarmente efficaci nel riparare le lesioni al midollo spinale. La sperimentazione condotta su modelli animali ha mostrato che queste particolari cellule sono in grado di integrarsi nel tessuto danneggiato, estendere prolungamenti per alcuni centimetri dopo il trapianto e fornire un recupero motorio e funzionale. Inoltre, come hanno evidenziato i test di laboratorio, il recupero è proporzionale all’entità alla lesione: se ad esempio il danno al midollo spinale non supera il 25%, c’è un miglioramento significativo nell’uso degli arti inferiori entro due mesi.
“Per la prima volta, grazie a questo studio è stato quindi dimostrato che l’origine anatomica delle cellule staminali ha una importanza cruciale per il successo del trapianto”, spiega Marco Onorati, ricercatore dell’Unità di Biologia Cellulare e dello Sviluppo del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo Pisano, e fra i primi autori dello studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications”.
La soluzione tecnologica più avanzata per monitorare gli ictus, conoscerli e prevenirli nasce da una collaborazione italo-lituana
Si chiama “BIOMEDICAL ELECTRONIC EQUIPMENT FOR POST-STROKE MONITORING” ed è stato sviluppato nel laboratorio di ricerca congiunto nato dalla collaborazione tra Fos Lituania - sede lituana del Gruppo Fos, azienda italiana leader nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative - e KTU - Kauno Technologijos Universitetas, l’Università Tecnologica locale - in collaborazione con la Lithuanian Health Science University.
La soluzione consiste in due dispositivi, uno da indossare in testa (caschetto) e l’altro al polso (orologio), in grado di monitorare e di valutare - in modo continuo o ad intervalli di tempo - la circolazione del sangue cerebrale (sottosistema di testa di bio-impedenza) e le funzioni cardiache (sottosistema cardio pletismografico). Il primo fa uso di elettrodi di superficie per misurare l'impedenza complessa dei tessuti della testa. Il secondo utilizza sensori elettrocardiografici (ECG), fotopletismografici (PPG) per rilevare diversi parametri (impulsi, frequenza cardiaca, fibrillazione atriale). Entrambi i sottosistemi utilizzano segnali ECG per la sincronizzazione degli eventi.
L’obiettivo è dotare i medici di un dispositivo avanzato per il monitoraggio dei pazienti già colpiti da ictus, analizzarne le tendenze e prevenire possibili complicazioni, tra cui il rischio di un colpo secondario. L'ictus – che è una condizione medica causata da una improvvisa interruzione del flusso di sangue al cervello - secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, colpisce ogni anno 15 milioni di persone. Di questi, 5 milioni muoiono e altri 5 milioni restano permanentemente disabili. Ad oggi, se un paziente ne mostra i sintomi, può essere sottoposto a diversi tipi di esami presso le strutture ospedaliere che, tendenzialmente, sono molto costosi (ad esempio, scanner per tomografia computerizzata - CT, imager a risonanza magnetica - MRI) oppure utilizzano radiazioni ad alta energia che, di conseguenza, non possono essere utilizzati per periodi prolungati.
Nei geni dei sardi informazioni sulla preistoria dell’Europa
25 Set 2018 Scritto da Cnr-Irgb e UnissUno studio sull’intero genoma di 3.514 individui provenienti da diverse regioni della Sardegna pubblicato su Nature Genetics conferma che i sardi, specie quelli delle regioni dell’interno, conservano meglio di qualunque altra popolazione contemporanea le caratteristiche genetiche delle popolazioni presenti nel continente Europeo >7000 anni fa. Tra le popolazioni contemporanee i sardi mostrano una maggiore somiglianza genetica con i baschi. Il DNA dei sardi è quindi una riserva di varianti genetiche antiche, attualmente molto rare altrove e fondamentali per lo studio di malattie con una base genetica
Un team di ricercatori guidati da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) e professore di Genetica Medica dell’Università di Sassari, e da John Novembre professore presso il dipartimento di Genetica Umana della Università di Chicago, ha pubblicato uno studio in cui sono state esaminate le sequenze dell’intero genoma di 3.514 individui provenienti da diverse aree della Sardegna che fornisce nuove informazioni sull’antica storia genetica di questa popolazione e dell’intera Europa. La copertina di ottobre della rivista Nature Genetics sarà dedicata a questo lavoro, intitolato ‘Genomic history of the Sardinian population‘.
“Lo studio ha confermato un elevato grado di somiglianza genetica tra i campioni di DNA attuale e quello estratto da resti ossei provenienti da siti archeologici neolitici (tra 10.000 e 7.000 anni fa) e, in misura minore, pre-neolitici, dell’Europa continentale. E ha mostrato come queste similarità siano più marcate nelle aree storicamente più isolate dell’isola, quali l’Ogliastra e la Barbagia”, spiega Cucca. “Lo studio ha anche rivelato come i baschi siano la popolazione contemporanea con livelli più elevati di ascendenza condivisa con i Sardi. Tale similitudine, piuttosto che essere indicativa di contatti recenti tra queste popolazioni, suggerisce che entrambe si siano originate da popolazioni presenti in Europa nel Neolitico e Pre-neolitico. Studi sul DNA estratto da resti preistorici in Sardegna chiariranno il contributo relativo di queste componenti alla struttura genetica di queste popolazioni”.
L’ENEA ha sviluppato un metodo biotecnologico per limitare la riproduzione della zanzara tigre e abbattere le sue capacità di trasmettere virus tropicali. Questo risultato è stato possibile grazie all’introduzione nella zanzara in laboratorio di ceppi specifici del batterio Wolbachia, innocuo per l’uomo e comunemente presente in gran parte degli insetti. Le femmine hanno manifestato un azzeramento della trasmissione del virus Zika e una riduzione a meno del 5% di quella dei virus di Dengue e Chikungunya, mentre i maschi sono stati in grado di rendere sterili le femmine selvatiche della specie dopo l’accoppiamento, compromettendone la possibilità di riprodursi.
Sperimentato in condizioni controllate contro popolazioni di zanzara tigre sia italiane che tropicali, il metodo biotecnologico dell’ENEA è volto a prevenire il rischio di epidemie associate a questi virus ed è stato testato nell’ambito del progetto europeo INFRAVEC 2 grazie alla collaborazione con il dipartimento di virologia dell’Istituto Pasteur di Parigi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLoS Neglected Tropical Diseases.
studio ENEA sulla zanzara tigre“La zanzara tigre, specie di origine asiatica segnalata per la prima volta in Italia nel 1990, è un vettore di diversi virus patogeni per l’uomo e la sua presenza nelle regioni mediterranee ci espone al rischio di trasmissione, come confermano le epidemie di Chikungunya in Emilia Romagna nel 2007, con oltre 200 casi di infezione nell’uomo, a cui solo l’anno scorso si sono aggiunti altri 300 casi tra Lazio e Calabria”, sottolinea il ricercatore ENEA Maurizio Calvitti della divisione “Biotecnologie e Agroindustria”. La malattia Chikungunya, che in lingua swahili significa “ciò che curva” o “contorce”, si manifesta dopo un periodo di incubazione di 2-12 giorni, con febbre e dolori articolari e muscolari spesso debilitanti e tali da limitare i movimenti dei pazienti, mal di testa, affaticamento e rash cutaneo che possono anche prolungarsi per alcune settimane[1].
Diabete in gravidanza: la metformina aumenta il rischio di anomalie congenite?
24 Set 2018 Scritto da Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc)Uno studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, in collaborazione con la Fondazione toscana Gabriele Monasterio, analizza il profilo di sicurezza della metformina e del suo utilizzo nel diabete gestazionale. Il farmaco, che ha subìto un’espansione delle indicazioni d’uso, sembra non essere legato ad un aumento del tasso di anomalie congenite. Il lavoro pubblicato su British medical journal
L’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc), in collaborazione con la Fondazione toscana Gabriele Monasterio, ha fornito nuove prove sulla sicurezza legata all’uso della metformina nel diabete gestazionale durante il primo trimestre di gravidanza. Lo studio, recentemente pubblicato su British medical journal, ha analizzato un numero di donne in gravidanza esposte alla metformina 5 volte maggiore di quanto non fosse stato documentato prima in letteratura.
“Sono state osservate quasi 1,9 milioni di nascite in Europa, fra il 2006 e il 2013, utilizzando i dati di 11 registri di anomalie congenite di 9 nazioni europee. Nello specifico, sono stati rilevati 50.167 bambini affetti da anomalie congenite tra nati vivi, morti fetali e interruzioni di gravidanza a seguito di diagnosi prenatale di anomalie”, spiega Anna Pierini, ricercatrice del Cnr-Ifc. “Sui 50.167 casi analizzati abbiamo riscontrato 168 casi di anomalie congenite esposti a metformina, pari a 3,3 per 1.000 nati. Non è emersa alcuna evidenza di aumento del rischio per tutte le anomalie congenite maggiori a seguito dell’assunzione di metformina nel primo trimestre di gravidanza, per diabete o altre indicazioni”.
L’unico eccesso evidenziato è quello relativo all’atresia della valvola polmonare, un difetto cardiaco registrato in 3 casi esposti a metformina su 229 casi totali. “Tra i tre casi, una mamma aveva il diabete pregestazionale e altre due mamme avevano assunto induttori dell’ovulazione”, prosegue Pierini. “Nonostante la necessità di ulteriore sorveglianza per aumentare la dimensione del campione e per il follow-up del segnale cardiaco emerso dallo studio, questi risultati sono rassicuranti, considerando che l’uso di metformina in gravidanza risulta in aumento e che la presenza di diabete pregestazionale raddoppia il rischio di anomalie congenite”.
Dal lievito di birra individuate possibili cause di malattie neurodegenerative
24 Set 2018 Scritto da Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche-Uos Portici (Na)
Uno studio, al quale ha collaborato l’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr, ha individuato tre geni la cui mancanza o difetto potrebbe essere all’origine di patologie quali l’Alzheimer e il Parkinson. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”
Uno studio interdisciplinare effettuato su lievito di birra Saccharomyces cerevisiae (S. cerevisiae) ha condotto alla scoperta di tre geni che portano l’informazione genetica necessaria alla fabbricazione di altrettante proteine, la cui mancanza o difetto potrebbe essere la causa di malattie neurodegenerative nell’uomo. Alla ricerca, che ha utilizzato come strumento d’indagine il Tellurito di potassio, un composto la cui tossicità è collegata a malattie quali l’Alzheimer e il Parkinson, hanno partecipato tra l’altro ricercatori dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbr) e del gruppo di ricerca dell’Università del Salento diretto da Pietro Alifano. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports.
“Le nostre indagini, condotte anche con l’utilizzo di tecniche di genomica e di biologia molecolare sul lievito S. cerevisiae quale sistema modello, sono partite dallo studio della Fratassina, una proteina collocata nei mitocondri, organelli cellulari presenti nell’uomo, nelle piante e nei funghi, la cui funzione è la produzione dell’energia necessaria per la vita della cellula”, spiega Luigi Del Giudice del Cnr-Ibbr. “Un difetto o l’assenza della Fratassina nei mitocondri causa nell’uomo la malattia neurodegenerativa conosciuta come atassia di Friedreich (Frda). Essendo stata trovata anche nel lievito S. cerevisiae, la Fratassina ha stimolato la nostra ricerca, nella quale abbiamo utilizzato come strumento di indagine proprio il composto del Tellurio. L’importanza dello studio sta nell’avere individuato un punto intermedio, tre proteine del ribosoma mitocondriale, nel percorso che associa i geni danneggiati alla malattia neurodegenerativa nell’uomo”.