Un percorso specifico, un vero e proprio "codice lilla", per aiutare gli operatori sanitari ad accogliere i pazienti in pronto soccorso e avviarne da subito il giusto cammino terapeutico. Ma anche raccomandazioni specifiche ai familiari per renderli consapevoli delle forme di disagio, soprattutto iniziale e a volte nascosto, dei loro parenti, che puo' sfociare in gravi problemi sanitari". Sono queste le principali novita' di due documenti pubblicati dal Ministero della Salute per far fronte a disturbi alimentari.

"I disturbi della nutrizione e dell'alimentazione - scrive il Ministero - sono ormai uno dei piu' frequenti fenomeni sanitari, in particolare tra gli adolescenti e i giovani adulti. Anche per questo, per la potenziale gravita' degli sviluppi che puo' avere una patologia non diagnosticata per tempo o non adeguatamente seguita e curata, un Tavolo di lavoro specifico coordinato dal ministero della Salute ha elaborato le 'Raccomandazioni per interventi in Pronto Soccorso per un Codice Lilla" e le "Raccomandazioni per i familiari'".


Un nuovo studio, coordinato dalla Sapienza, ha individuato in topi sottoposti a stress emotivo prolungato l’attivazione di sequenze di Dna mobili in specifiche regioni del cervello. Questi elementi sono in grado di alterare le funzioni del genoma con possibili effetti nocivi sull’organismo. I risultati della ricerca sono pubblicati sulla rivista Stress, The International Journal on the Biology of Stress
Il lavoro coordinato da Lucia Piacentini e Arianna Rinaldi del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza suggerisce una base genetica per i possibili danni alla salute dovuti a un forte stress emotivo. I ricercatori hanno osservato che nei topi, modello animale “vicino” all’uomo per molte caratteristiche molecolari, l’esposizione prolungata a condizioni di stress è in grado di indurre l’attivazione incontrollata di elementi genetici mobili (trasposoni) e dunque possibili gravi conseguenze per l’organismo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Stress, The International Journal on the Biology of Stress.

 
Sta destando scalpore nella comunita' scientifica uno studio appena pubblicato sulla rivista Gut che dimostra come l'obesita' nell'adolescente rappresenti un importante fattore di rischio per cirrosi epatica e tumore del fegato. Lo studio e' stato condotto su 1,2 milioni di giovani maschi svedesi dell'eta' compresa tra 17 e 19 anni, nati tra il 1951 e il 1976, i cui dati erano stati raccolti nei registri nazionali al momento della chiamata al servizio militare tra il 1969 ed il 1996, quando in quegli anni il servizio di leva era obbligatorio per cui tutti i ragazzi, eccetto una modesta percentuale del 2-3%, erano stati registrati (HagstromGut 2018).

"La Societa' Italiana di Gastroenterologia e Endoscopia digestiva (Sige) e' fortemente impegnata nella ricerca di base e nella ricerca clinica sulle malattie epatiche causate dal sovrappeso e dalla obesita'- sottolineano il presidente Domenico Alvaro e la vicepresidente Patrizia Burra- Il forte messaggio che emerge dal lavoro appena pubblicato dai colleghi svedesi sul rapporto tra obesita' negli adolescenti e rischio di sviluppare nell'eta' adulta malattia del fegato con progressione in fibrosi e cirrosi e sviluppo del tumore epatico, rappresenta un ulteriore stimolo alla ricerca in Gastroenterologia ed Epatologia per prevenire le malattie del fegato, intervenendo sul controllo di fattori di rischio modificabili, come l'alimentazione, il peso corporeo, l'uso inadeguato di bevande alcoliche".
 
 
Pubblicato dalla rivista 'Scientific Reports' il risultato della prima evidenza sperimentale dei metaboliti rilasciati durante il differenziamento in vivo delle cellule staminali pluripotenti. La ricerca, diretta dai Professori Corrado Di Natale e Federica Sangiuolo, ha coinvolto i Dipartimenti di Ingegneria Elettronica, Biomedicina e Prevenzione, e Scienze e Tecnologie Chimiche dell'Universita' degli Studi di Roma Tor Vergata.

Questo risultato sostanzia un risultato precedente ottenuto in vitro dallo stesso gruppo di ricerca. Per la prima volta e' stata registrata su modelli animali un cambiamento del profilo dei composti volatili rilasciati da cellule staminali hiPSCs ("l'odore della cellule") che segnala con estrema precisione il momento esatto in cui tali cellule iniziano il loro processo di differenziamento. Le cellule iPS sono cellule staminali, derivate da cellule somatiche in cui e' stato riportato indietro l'orologio biologico. Sono in grado di differenziare in qualsiasi tipo di cellula umana specializzata, capace di svolgere funzioni specifiche (come fegato, polmoni, cuore).
 
Subire traumi nell'infanzia espone la persona a maggiori rischi di dipendenza dalla cocaina. Un ruolo importante in questo fenomeno sembra averlo il sistema immunitario. Questo il risultato di uno studio realizzato della Fondazione Santa Lucia Irccs in collaborazione con le Universita'di Roma Sapienza e Tor Vergata. I ricercatori hanno analizzato 40 persone in trattamento per il disturbo di dipendenza dalla cocaina, osservando che l'esposizione a tale sostanza aveva indotto un'alterazione nel funzionamento del sistema immunitario.

Sorprendentemente, questa condizione era particolarmente marcata nei soggetti che durante la loro infanzia avevano subito abusi e maltrattamenti. "Il maltrattamento, soprattutto emotivo, provoca nel bambino uno stress capace di attivare una risposta infiammatoria abnorme e di alterare la maturazione del sistema immunitario con una modifica permanente del suo funzionamento- spiega la dottoressa Valeria Carola, Ricercatrice del Laboratorio di Neurobiologia del Comportamento dell'Irccs Santa Lucia e coordinatrice della ricerca- Dal momento che la cocaina si lega ai recettori TLR4 del sistema immunitario per produrre i suoi effetti, questa particolare sensibilita' del sistema immunitario rende il soggetto piu' esposto al rischio di dipendenza e di ricadute durante l'astinenza. In piu' aumenta per il soggetto il rischio di malattie del sistema nervoso centrale indotte dall'abuso di sostanze, innanzitutto l'ictus". Attraverso l'osservazione incrociata di dati raccolti mediante analisi del sangue e di funzioni biologiche del sistema nervoso centrale, i ricercatori hanno anche dimostrato che l'alterazione del sistema immunitario in eta' precoce contribuisce a modificare la formazione del sistema dopaminergico.


È il quadro che emerge dai risultati di uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Psychiatry”.
È elevata la prevalenza degli adolescenti italiani con comportamenti a rischio di dipendenza da sostanze e non solo: oltre il 22% dei giovani che frequentano le scuole superiori presenta un rapporto disfunzionale con il Web. È il dato che emerge da uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Frontiers in Psychiatry”.

La ricerca è stata condotta dal Dottor Marco Di Nicola e coordinata dal Professor Luigi Janiri dell’Unita operativa Complessa del Gemelli e Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dimostra anche una relazione tra l’uso problematico di Internet ed un peggiore rendimento scolastico, oltre che alcuni tratti di personalità e caratteristiche psicologiche già associati al rischio di sviluppare disturbi psichici.



In relazione ai recenti casi di morsi di ragno violino che hanno interessato i media e la popolazione, il Centro Antiveleni della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, che in questi giorni sta ricevendo numerose telefonate da cittadini allarmati, ha elaborato una scheda - questionario informativa per fare chiarezza sulla reale pericolosità dell'aracnide con l'obiettivo di fugare paure ingiustificate.

Le risposte che seguono sono state redatte dal dott. Maurizio Paolo Soave

 Il recente allarme sul ragno violino è giustificato da dati reali ?

L’allarme sul ragno violino veicolato dai giornali e dai social media ha provocato un significativo aumento delle chiamate ai Centri Antiveleni e degli accessi ai Dipartimenti di Emergenza degli Ospedali. Il ragno violino è sempre stato presente in Italia e non esistono dati che giustifichino un aumento del livello di attenzione rispetto alla pericolosità dell’esposizione dell’uomo al morso del ragno.

 

Il ragno violino è aggressivo ?

No, è un animale schivo e solitario. Non attacca e si difende solo se disturbato.

Si sono verificati recentemente fenomeni ambientali o climatici che possono aver causato una infestazione da ragno violino ?

La riproduzione degli aracnidi varia in base a condizioni e fattori non sempre prevedibili e misurabili. Non esistono dati in favore di una particolare significatività della riproduzione del ragno violino e in ogni caso non si può parlare di fenomeni di infestazione

 

La presenza del ragno violino in Italia è un fenomeno biologico nuovo ?

Il ragno violino è da sempre presente nel Lazio e in Italia e casi di morsi sono da sempre raccolti e documentati dai Centri Antiveleni.

 
Grazie a uno studio condotto a Roma presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs-Universita' Cattolica, con il supporto tecnico dell'Irccs San Raffaele Pisana, potrebbe presto divenire possibile sapere chi si ammalera' di demenza (anche di Alzheimer) con un doppio test combinato - semplice e low cost - basato su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma (Eeg). Il test sara' rivolto a tutti coloro che presentano un lieve declino cognitivo (Mci e' l'acronimo in inglese) e che proprio per questo hanno un rischio 20 volte piu' elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Ma solo la meta' di coloro che hanno una forma di declino cognitivo lieve svilupperanno effettivamente poi la malattia; a oggi non e' dato prevedere chi si ammalera' e chi no in modo semplice, economico e non invasivo, ma servono esami onerosi come la Pet, la risonanza magnetica o la puntura lombare.

La ricerca che potrebbe rappresentare una svolta almeno per questo gruppo di soggetti a rischio e' oggi pubblicata sulla prestigiosa rivista Annals of Neurology ed e' stata coordinata dal professor Paolo Maria Rossini, direttore dell'Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e ordinario di Neurologia all'Universita' Cattolica, con la collaborazione del dottor Fabrizio Vecchio dell'Irccs San Raffaele Pisana di Roma, del professor Camillo Marra, responsabile della Clinica della Memoria della Fondazione Gemelli, della dottoressa Francesca Miraglia, bioingegnere presso il Policlinico Gemelli, del professor Danilo Tiziano, della Genetica medica della Fondazione Gemelli, e del dottor Patrizio Pasqualetti, responsabile bio-statistico e direttore scientifico dell'Associazione Fatebenefratelli per la ricerca (AFaR).

“Diarrea e febbre i rischi principali, ma non si possono escludere complicazioni in alcuni casi. Igiene, sorveglianza e controlli degli alimenti sono le misure preventive necessarie” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali

 

IL BATTERIO LISTERIA - In questi ultimi giorni si parla molto di alcuni alimenti, sia di natura vegetale che animale, colonizzati dal microrganismo Listeriamonocytogenes, che sono prodotti da alcune grandi catene alimentari e poi venduti al pubblico dalla grande distribuzione in tutta Europa. Il ministero della Salute ha richiamato dal commercio un lotto di prosciutto cotto proprio per rischio di Listeria; una settimana fa era toccata sorte analoga ai minestroni di una nota marca di surgelati. Cosa sta accadendo?

“La Listeria monocytogenes è un batterio Gram positivo” spiega il dott. Marco Tinelli, Segretario della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali - SIMIT “che normalmente è presente sia a livello ambientale (nel suolo, nell’acqua, nella vegetazione), che animale (uccelli, pesci ed anche mammiferi). Il batterio tende a resistere a temperature sia molto basse che elevate e quindi può persistere anche molto a lungo nell’ambiente. Tale elevata resistenza e persistenza nell’ambiente è il motivo per cui periodicamente esso può essere trovato nelle derrate alimentari anche dopo salatura, in alimenti di solito a media scadenza e spesso conservati in refrigeratori”.

Listeria monocytogenes si può trovare in vari alimenti che siamo abituati ad assumere: verdure crude e insalate preconfezionate, carni specie congelate, pesce, latte non pastorizzato. Casi di trasmissione dell’infezione dovute a contatto diretto con animali, ambienti contaminati o tra uomo e uomo sono tuttavia molto rari.

“Clinicamente le infezioni da Listeria monocytogenessono sono quasi sempre gastro-enteriche, con diarrea che compare a poche ore dall’assunzione di cibi contaminati, in qualche caso accompagnata da febbre” chiarisce Tinelli. “Sono sintomi che quasi sempre vengono catalogati come “tossinfezione alimentare”, che nella gran parte dei casi non determinano conseguenze (solo in alcuni pazienti fragili come i bambini piccoli e gli anziani la diarrea provoca disidratazione e può essere necessaria un’infusione di liquidi per via endovenosa). In alcuni rari casi e specie in persone con immunità gravemente compromessa, come ad esempio per malattie neoplastiche o per cicli di terapie farmacologiche (farmaci anti neoplastici, cortisonici, anti rigetto dei trapianti ecc.), la forma clinica può diventare “invasiva” e provocare patologie pericolose per la vita come meningiti e sepsi. Il trattamento delle forme gravi è con antibiotici per circa 2-4 settimane e, se riconosciute in tempo, si possono controllare e portare a guarigione”.

La ricerca, che ha coinvolto numerosi centri di ricerca italiani, amplia le conoscenze sui sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento di memoria. Lo studio è pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, PNAS Ricordare ogni giorno della propria esistenza, e per di più ricordarne i dettagli, è impossibile per la quasi totalità delle persone. Sebbene molti siano in grado di ricordare con accuratezza eventi ad alta connotazione emotiva (per esempio, il proprio matrimonio, la nascita di un figlio, il primo bacio, la morte di una persona cara), le giornate cosiddette “normali” vengono solitamente dimenticate o lasciano tutt’al più solo un vago ricordo. Eppure, un numero molto esiguo di persone riesce a ricordare con incredibile accuratezza giornate apparentemente normali. Sono i soggetti dotati di ipermemoria autobiografica ora al centro, per la prima volta al mondo, di uno studio di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per comprendere i meccanismi neurobiologici alla base di tale straordinaria capacità di memoria.

 

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