“È stata un’emozione incredibile scoprire che Leonardo aveva intuito la vera natura degli icnofossili: questi sono i fossili più difficili da comprendere, basti pensare che fino alla prima metà del 1900 gli scienziati li interpretavano erroneamente come alghe”. Nel Codice Leicester, Leonardo ha anche intuito la natura organica delle cosiddette ‘conchiglie pietrificate’, ossia i resti fossili di antichi molluschi che i contemporanei di Leonardo vedevano come curiosità inorganiche. Cinque secoli prima di ogni scienziato, Leonardo ha unito le due metà della paleontologia – resti fossili ed icnofossili. Tuttavia, una domanda è rimasta finora senza risposta: dove si trova il laboratorio paleontologico di Leonardo da Vinci? “Prendete una mappa dell’appennino piacentino e tracciate una circonferenza di 40 km centrata su Castell’Arquato: qui c’era il laboratorio paleontologico di Leonardo”, dice Baucon. La precisione di questa conclusione è dettata dai vincoli geografici e geologici imposti dallo stesso Leonardo. Sul finire del 1400, Leonardo si trovava a Milano per lavorare ad un monumento equestre, quando dei contadini gli portarono dei molluschi fossili con perforazioni (icnofossili), provenienti – come dice Leonardo – dalle “montagnie di Parma e Piacentia”.
Leonardo inoltre dice che tra uno strato e l’altro ci sono icnofossili prodotti da vermi marini, ovvero, con le parole di Leonardo, “si trovano ancora gli andamenti delli lombrici, che caminavano infra esse quando non erano ancora asciutte”. Nel nuovo studio, gli scienziati descrivono un nuovo sito paleontologico: "Pierfrancesco" ricchissimo proprio di icnofossili di organismi vermiformi. Il sito si trova a poca distanza da Castell’Arquato, dove vi sono molluschi fossili con perforazioni. “Tutti i cinque vincoli di da Vinci sono soddisfatti: Leonardo ha indicato un’area tra Parma e Piacenza, montuosa, ricca di molluschi fossili, e con due tipi diversi di icnofossili, ossia perforazioni su gusci e tracce di organismi vermiformi tra gli strati”, continua Baucon. Per raggiungere questo risultato, non sono stati necessari mezzi tecnologici particolari, ma molta perseveranza ed un pizzico di fortuna. Il nuovo sito paleontologico "Pierfrancesco" Lo studio non ha solo importanza storica, ma anche paleontologica. La scoperta del nuovo sito paleontologico di Pierfrancesco getta nuova luce sulla biodiversità degli ecosistemi marini profondi che, tra 50 e 70 milioni di anni fa, caratterizzavano l’appennino piacentino. In particolare, lo studio descrive come gli ecosistemi marini hanno reagito ad immense perturbazioni ecologiche, scatenate da correnti torbide capaci di trasportare chilometri cubi di sedimento nelle profondità degli abissi. A giocare un ruolo chiave sono state variazioni nell’ossigenazione e/o nel contenuto di nutrienti, sottolineando il prezioso equilibrio che governa ecosistemi marini.
“In un certo senso, è stato Leonardo da Vinci a portare me ed i miei colleghi a Pierfrancesco: mi piace pensare che il nostro studio paleontologico raccolga l’eredità intellettuale di Leonardo” dice Baucon. Secondo gli scienziati, il prossimo passo sarà quello di divulgare al grande pubblico la straordinaria diversità icnologica dell’appennino piacentino, un luogo dove storia e scienza si incontrano: "Le rocce di Pierfrancesco testimoniano correnti torbide capaci di spostare chilometri cubi di sedimento sui fondali oceanici per centinaia di chilometri" afferma Fabrizio Felletti della Statale di Milano.
Lo studio ha usufruito di importanti finanziamenti da parte dell’Università di Genova e da Fondazione CARIGE che hanno approvato progetti di ricerca incentrati sullo studio dei fossili che hanno dato spunto a questo lavoro. Ulteriori finanziamenti sono stati forniti dal Museo di Storia Naturale di Piacenza e dalla Società Piacentina di Scienze Naturali.