Cambiamenti climatici, dal triassico nuovi scenari di futuro

Università di Padova 12 Gen 2022

Team internazionale di ricercatori mette a punto nuovo modello paleoclimatico che evidenzia il ruolo dell’attività vulcanica nell’estinzione di massa di 201 milioni di anni fa.
Siamo sicuri che le emissioni di gas serra prodotte dall’Uomo non abbiano alcun analogo naturale nel passato geologico del nostro pianeta?
Rocce di 201 milioni di anni, formatesi durante un’attività magmatica eccezionale e sincrona con una delle più devastanti estinzioni di massa, rivelano evidenze di vulcanismo di breve durata, nell’ordine di pochi secoli…un battito di ciglia per la scala geologica! Lo studio Anthropogenic-scale CO2 degassing from the Central Atlantic Magmatic Province as a driver of the end-Triassic mass extinction, pubblicato nel numero di febbraio della rivista «Global and Planetary Change» e condotto da un gruppo di ricerca internazionale, guidato da Manfredo Capriolo (Università di Padova, ora presso il centro di ricerca CEED, Università di Oslo, Norvegia), ha messo a punto un nuovo modello paleoclimatico che mostra il potenziale impatto delle emissioni di CO2 a scala antropogenica derivanti dall’attività vulcanica eccezionale che ha sconvolto il clima e l’ambiente di fine Triassico, scatenando un catastrofico evento di estinzione di massa.

Nel passato della Terra, estinzioni di massa, cambiamenti climatici e ambientali sono spesso avvenuti contemporaneamente ad attività magmatica eccezionale. Uno degli eventi più catastrofici avvenne alla fine del Triassico (201 milioni di anni fa), quando la Central Atlantic Magmatic Province (CAMP) produsse sterminati flussi lavici ed iniettò gigantesche quantità di CO2 in atmosfera, attraverso brevi e intensi pulsi vulcanici (periodi di attività vulcanica). In questo studio gli autori hanno utilizzato un modello biogeochimico per il ciclo del carbonio al fine di ricostruire gli effetti prodotti dalle ingenti e rapide emissioni di CO2 derivanti esclusivamente dal vulcanismo CAMP di 201 milioni di anni fa. I risultati dimostrano come l’attività vulcanica, intensa e pulsata, abbia potuto incrementare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ed abbia potuto causare ripetuti innalzamenti delle temperature (fino a 5 °C) e abbassamenti del pH oceanico (circa 0.2 unità logaritmiche), impattando seriamente sulla biosfera.

La modellazione di pulsi vulcanici di breve durata, nell’ordine di centinaia di anni, e la somiglianza tra un singolo pulso CAMP e le emissioni antropogeniche aprono nuovi scenari per l’interpretazione dei cambiamenti climatici e ambientali. «Questo studio espande la comprensione del passato della Terra, e verosimilmente anche la previsione del suo futuro – spiega il dott. Manfredo Capriolo –, evidenziando la somiglianza nella scala temporale delle emissioni di CO2 tra gli eventi della CAMP e quelli dell’Uomo. Gli eventi alla scala antropogenica possono infatti risultare nascosti nel passato più remoto della Terra principalmente a causa della loro durata, brevissima alla scala degli eventi geologici».

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