Il vetro irraggiato con raggi X diventa più resistente
Team di ricerca internazionale guidato da Padova osserva per la prima volta vetri resistenti all'irraggiamento e apre nuovi ambiti di applicazione.
Una nuova ricerca sui vetri pubblicata sulla prestigiosa rivista «Reports on Progress in Physics» fa luce sull'interazione tra materiali amorfi e radiazione X. Lo studio, sviluppato nell’ambito di una collaborazione tra il gruppo Sistemi Disordinati (https://disorderedsystems.dfa.unipd.it/) del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova e gli scienziati del sincrotrone tedesco PETRA
III presso il Deutsches Elektronen-Synchrotron (DESY), ha svelato come vetri preparati con metodi diversi rispondano all'irraggiamento con raggi X.
La crisi climatica minaccia la presenza umana nei delta fluviali
Sta già accadendo nel Mississippi e ci sono segnali preoccupanti anche nel Delta del Po: i periodi di siccità prolungata, gli eventi meteo estremi e l'innalzamento del livello del mare possono produrre impatti devastanti sull'agricoltura e sulla biodiversità e rischiano di rendere queste terre inabitabili per l’uomo.
Dal Nilo al Po, passando per la Mesopotamia, la crescita naturale dei delta fluviali ha accompagnato per millenni i progressi dell'umanità nelle regioni del Mediterraneo e in Asia. Questi ambienti sono però oggi minacciati dalla crisi climatica: se non si adotteranno strategie di mitigazione efficaci e misure definitive per la riduzione delle emissioni, i sistemi deltizi rischiano di diventare terre inospitali, tanto da rendere impossibile la presenza umana.
A lanciare l’allarme è un articolo di review pubblicato su Nature Sustainability e realizzato da un gruppo internazionale di studiosi degli ambienti costieri, tra cui due italiani: Alessandro Amorosi dell’Università di Bologna e Vittorio Maselli dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Il lavoro ripercorre il ruolo fondamentale che i delta fluviali hanno avuto per lo sviluppo socioeconomico dell’umanità negli ultimi 7.000 anni e ammonisce sulle tragiche conseguenze che la crisi climatica potrà determinare sull’evoluzione futura di aree così fragili e complesse.
A tempo di Pulsar con Meerkat: una nuova mappa dell'universo nelle onde gravitazionali
Grazie a quasi 5 anni di osservazioni con il radiotelescopio sudafricano MeerKAT, un gruppo di ricerca guidato dalla collaborazione MeerKAT Pulsar Timing Array (MPTA) ha trovato ulteriori conferme all’ipotesi dell’esistenza di un fondo cosmico di onde gravitazionali aventi frequenze estremamente basse (1-10 nanoHertz), ottenendo la mappa finora più dettagliata della distribuzione di queste onde gravitazionali nell’Universo. Il segnale potrebbe provenire da una popolazione di coppie di buchi neri supermassicci spiraleggianti. Gli esiti di questo sforzo internazionale, che ha visto coinvolti anche ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dell’Università di Milano-Bicocca, hann prodotto tre studi pubblicati oggi sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Groenlandia, i ghiacciai montani stanno fondendo
Condotta dal Cnr-Isp, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, le Università di Friburgo e Copenaghen e il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia, la ricerca ha utilizzato dati acquisiti da satelliti in 35 anni e contribuisce a comprendere l’incidenza del riscaldamento globale sulle variazioni della criosfera. I risultati sono pubblicati su Journal of Glaciology.
I ghiacciai montani della costa occidentale della Groenlandia si stanno riducendo in maniera significativa: lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Glaciology, realizzato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, le Università di Friburgo (Svizzera) e Copenaghen (Danimarca) e il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia (GEUS).
Nuovo strumento molecolare per capire come funzionano le nostre cellule
Un team del Cnr-In e dell’Università di Padova ha messo a punto una tecnica innovativa per studiare come gli organelli all’interno delle cellule si scambiano informazioni e coordinano le loro attività, favorendo quindi la comprensione di fondamentali processi fisiopatologici. La ricerca, che ha coinvolto anche istituzioni scientifiche internazionali, è pubblicata su Nature Communications
Le nostre cellule sono in grado di svolgere le più svariate attività grazie all’esistenza, al loro interno, di minuscoli organelli di diverso tipo, che funzionano come gli ingranaggi dentro un motore. Affinché un motore funzioni bene, tutti questi ingranaggi devono lavorare in sincronia; similmente, per far funzionare le nostre cellule, bisogna che i loro diversi organelli coordinino le loro attività in modo ottimale. Questo complesso livello di coordinazione viene raggiunto anche grazie all’esistenza di zone di contatto tra gli organelli stessi. In queste regioni subcellulari, gli organelli sono fisicamente molto vicini uno all’altro e ciò permette loro di scambiarsi informazioni con elevata efficienza, per lo più sotto forma di un veloce scambio di molecole, contribuendo così alla sincronizzazione delle loro attività.
Dagli ulivi la salute: l'oleuropeina stimola i mitocondri e combatte l'invecchiamento muscolare
Team di ricercatori internazionale guidato dall’Università di Padova ha dimostrato come l’oleuropeina, una molecola presente nelle foglie di ulivo, sia capace di contrastare il declino della funzionalità mitocondriale legato all’invecchiamento muscolare. Lo studio Mitochondrial calcium uptake declines during aging and is directly activated by oleuropein to boost energy metabolism and skeletal muscle performance pubblicato sulla prestigiosa rivista «Cell Metabolism» è stato condotto da Gaia Gherardi, Cristina Mammucari e Rosario Rizzuto del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, e da Anna Weiser, Jerome Feige e Umberto De Marchi del Nestlé Institute of Health Sciences di Losanna. Ha inoltre coinvolto ulteriori ricercatori dell’Università di Padova, in particolare dei Dipartimenti di Scienze del Farmaco e di Biologia.
La focaccia: una tradizione culinaria neolitica di 9.000 anni fa
In uno studio pubblicato su Scientific Reports e condotto da ricercatori della Sapienza Università di Roma e della Università Autonoma di Barcellona è stato scoperto che durante il Neolitico tardo le più antiche comunità agricole della Mezzaluna fertile svilupparono una tradizione culinaria sofisticata che includeva la cottura di grandi pani e focacce dai diversi sapori
In uno studio condotto da ricercatori della Sapienza Università di Roma e della Università Autonoma di Barcellona è stato scoperto che durante il Neolitico tardo, tra il 7000 e il 5000 a.C., le più antiche comunità pienamente agricole della Mezzaluna fertile svilupparono una tradizione culinaria sofisticata che includeva la cottura di grandi pani e focacce dai diversi sapori in vassoi speciali, noti agli archeologi come husking trays. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature) e ha coinvolto anche l’Istituto Milà i Fontanals (IMF-CSIC) e l’Università di Lione (Francia).
Microscopia retinica in super-risoluzione "Scan-Less"
Uno studio condotto dall’Istituto di nanotecnologia del Cnr e dal Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma in collaborazione con l'azienda D-Tails ha portato, per la prima volta, all’introduzione di una tecnica di super-risoluzione senza scansione che sfrutta i movimenti oculari involontari legati alla determinazione delle distanze e al miglioramento dell'acuità visiva. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista ‘npj Imaging’.
L'esame del fondo oculare sta acquisendo sempre maggiore importanza grazie alla sua potenzialità di estendersi oltre le patologie oculari, utilizzando la retina come una finestra sul sistema nervoso centrale per la diagnosi precoce e il monitoraggio delle malattie neurodegenerative. In questo contesto, è essenziale sviluppare una “fundus camera” (ovvero una camera le cui ottiche sono sviluppate specificatamente per lo studio del fondo dell’occhio), che offra alta risoluzione (super-risoluzione), alta specificità (imaging in fluorescenza) e che funzioni senza ottiche di scansione (scan-less) per rilevare precocemente biomarcatori molecolari delle malattie neurodegenerative.
Chirurgia genica: arrivano le nanoparticelle d’oro per riparare il DNA
Il risultato frutto di I-Gene, un progetto coordinato dall’Università di Pisa che è stato premiato per l’alto contenuto innovativo dall'European Innovation Council
La chirurgia genica ha un nuovo alleato, sono le nanoparticelle d’oro grazie alle quali i principi attivi riescono ad entrare nel nucleo delle cellule e agire sul DNA eliminando le mutazioni dannose. La scoperta arriva dal progetto europeo I-Gene appena giunto a conclusione e premiato dall'European Innovation Council per il suo alto contenuto innovativo. Si tratta di un riconoscimento che la Commissione Europea concede in caso di risultati estremamente rilevanti.
“Siamo un'epoca in cui possiamo editare i genomi e questo significa che se ci sono degli errori, noi tendenzialmente li possiamo correggere, ma per trasformare tutto questo in terapie e applicazioni utili c’è un collo di bottiglia”, spiega la professoressa Vittoria Raffa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, coordinatrice del progetto.
Milano-Bicocca lancia la mappa interattiva delle foche monache nel Mediterraneo. Più di un terzo dei rilevamenti segnala tracce molecolari della loro presenza
Una mappa interattiva e in continuo aggiornamento per monitorare la presenza della foca monaca nel Mar Mediterraneo, man mano che vengono raccolti, analizzati e caricati nel sistema i campioni di DNA provenienti da diversi punti del Mediterraneo centro-occidentale, dal Mar Egeo allo Stretto di Gibilterra, dal Mar Adriatico al Mar di Sicilia, seguendo le tracce lasciate dall’unico pinnipede endemico del Mare Nostrum.
Il sito web di riferimento si chiama “Spot the Monk Observatory” (https://www.spot-the-monk-observatory.com/) ed è frutto di una collaborazione tra il dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra e quello di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Il progetto si inserisce all’interno di “Spot the Monk”, iniziativa nata nel 2020 che si avvale di una metodologia di rilevamento innovativa ed assolutamente non invasiva per l’intercettazione di tracce di presenza della foca monaca da semplici campioni di acqua marina. In che cosa consiste? Nell’analisi del DNA ambientale (eDNA) ovvero quel DNA contenuto nelle tracce biologiche che ciascun organismo lascia al proprio passaggio.
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