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Cellule derivate da Leucemia linfocitaria cronica trattate con quercetina e con il farmaco apoptogenico ABT-737. In verde chiaro, le cellule tumorali morte 

Un team di ricercatori dell’Isa-Cnr ha indagato in modo specifico l’utilizzo di questi antiossidanti naturali nelle patologie tumorali, evidenziando in due studi i pro e i contro del loro uso e dimostrando che in alcuni casi l’effetto prescinde dall’attività antiossidante.

Le ricerche sono state pubblicate su Seminars in Cancer Biology e su Oncotarget

I polifenoli, composti naturali presenti in abbondanza in frutta e verdura spesso presentati come salutari, fanno davvero bene? Hanno cercato di rispondere al quesito i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isa-Cnr) di Avellino con due distinti studi. Gli autori concludono che lo studio degli effetti benefici dei polifenoli nella prevenzione e nella terapia del cancro va affrontato sfruttando modelli cellulari adeguati e selezionati per la loro elevata specificità. L’efficacia va, pertanto, valutata con attenzione. Nella ricerca pubblicata su Seminars in Cancer Biology, il team dell’Isa-Cnr ha analizzato la capacità di queste sostanze di agire da antiossidanti, cioè di neutralizzare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento, evidenziando la differenza tra i dati ottenuti in modelli animali e cellulari, che confermano gli effetti antitumorali dei polifenoli, e i risultati degli studi clinici, spesso non chiari o addirittura negativi. “Quando consideriamo i potenziali effetti benefici dei polifenoli contro il cancro dobbiamo distinguere tra prevenzione e terapia”, spiega Gian Luigi Russo, responsabile del team di ricerca all’Isa-Cnr. “L’efficacia di un antiossidante non è la stessa nella cellula di una persona sana e in quella di un paziente affetto da tumore, a cui vengono somministrate alte dosi di antiossidanti in combinazione con radio o chemioterapia”.

Pubblicato in Medicina
Mercoledì, 21 Giugno 2017 13:25

Saturno all'infrarosso

Il telescopio terrestre ha osservato il pianeta con gli anelli nel medio infrarosso, svelandone una brillantezza inversa: le strutture più luminose alla luce visibile sono messe in ombra dall'anello C e dalla Divisione CassiniOcchi su Saturno nel medio infrarosso. Porta la firma dell’osservatorio terrestre Subaru il “negativo” del pianeta con gli anelli: attraverso una “vista” elettronica ad infrarossi, le misteriose e affascinanti strutture anulari aliene – composte da un numero incalcolabile di particelle di ghiaccio e polvere, disposte a cavallo dell’equatore di Saturno - sono state analizzate sotto una luce diversa.Lo studio, condotto sulla base di un reportage realizzato da Subaru nel 2008, rivela infatti un "canone di brillantezza" inverso per gli anelli: nelle immagini composte nella banda infrarossa, la Divisione Cassini e l’anello C appaiono più caldi e luminosi rispetto alle strutture A e B.

Pubblicato in Astronomia

L’interazione con lo spazio che ci circonda è disegnata dentro il nostro corpo. Concetti come alto e basso Concetti come alto e basso sono ancorati alle dita delle mani. Lo rivela uno studio del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Università di Reno (Nevada), appena pubblicato sulla rivista Cognition.

Milano, 14 giugno 2017 – Se sappiamo come muoverci nello spazio attorno a noi è anche grazie alla nostra mano nella quale si trova una mappa dello spazio intorno a noi, dove al pollice è associato il basso e all’indice l’alto.

Lo rivela lo studio Standard body-space relationships: fingers hold spatial information (doi: 10.1016/j.cognition.2017.05.014) appena pubblicato sulla rivista Cognition, realizzato da Daniele Romano e Angelo Maravita, rispettivamente assegnista di ricerca e docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Francesco Marini, ex dottore di ricerca dell’Ateneo milanese, attualmente assegnista di ricerca (post-doc) all’Università di Reno (Nevada, Stati Uniti).

Pubblicato in Medicina

L’osservatorio Climatico-Ambientale di Isac-Cnr a Lecce

Un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr di Lecce ha pubblicato uno studio sui potenziali effetti dannosi causati a livello cellulare dal particolato atmosferico. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università del Salento, dimostra che il potenziale ossidativo dipende dalla composizione chimica del particolato più che dalla sua concentrazione

Che il particolato atmosferico – l’insieme di polveri o particelle solido-liquide sospese nell’aria - abbia effetti dannosi per la salute umana è cosa nota: per questo motivo, nella comunità scientifica internazionale, il potenziale ossidativo è sempre più studiato come indicatore di rischio. Ora uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Lecce dimostra come il potenziale stress ossidativo vari a seconda della composizione chimico-fisica e delle sorgenti del particolato stesso: la tossicità per la salute umana dipenderebbe sensibilmente, quindi, dalla ‘qualità’ del particolato più che dalla sua concentrazione. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università del Salento, è pubblicato su Atmospheric Environment.

Pubblicato in Ambiente
Giovedì, 15 Giugno 2017 09:01

Sistema Solare... caotico

Un gruppo di ricercatori americani ha preso in esame un campione di rocce sedimentarie della formazione di Niobrara, in Colorado. In esso, la firma chimica del cambiamento climatico e un indizio a favore della teoria del caos

Con le rocce, dalla parte del caos. Fino ad una manciata di anni fa il Sistema Solare veniva immaginato come un meccanismo eliocentrico regolare, in cui i pianeti orbitavano attorno alla stella madre marciando con la puntualità delle lancette di un orologio con orbite semi periodiche e prevedibili. A partire dal 1989, con l’osservazione delle 'periferie' cosmiche e in particolare con lo studio del piccolo Plutone e del suo incedere irregolare, si è fatta largo la teoria di un moto caotico. Oggi un gruppo di ricercatori del Wisconsin-Madison e della Northwestern University ha trovato una possibile conferma all’ipotesi che il Sistema Solare sia governato dal caos, attraverso l’analisi delle rocce sedimentarie del Colorado: lo studio, apparso ieri su Nature, sembra fornire indizi a sostegno del fatto che le piccole variazioni registrate nel moto dei corpi e ripetute nel corso dei millenni producano grandi cambiamenti. La “teoria del caos” - nota anche come “effetto farfalla” – avrebbe indotto radicali mutamenti climatici, registrati sulla Terra nella memoria delle rocce.

Pubblicato in Astronomia

More than 90% of Earth’s continental crust is made up of silica-rich minerals, such as feldspar and quartz. But where did this silica-enriched material come from? And could it provide a clue in the search for life on other planets? Conventional theory holds that all of the early Earth’s crustal ingredients were formed by volcanic activity. Now, however, McGill University earth scientists Don Baker and Kassandra Sofonio have published a theory with a novel twist: some of the chemical components of this material settled onto Earth’s early surface from the steamy atmosphere that prevailed at the time. First, a bit of ancient geochemical history: Scientists believe that a Mars-sized planetoid plowed into the proto-Earth around 4.5 billion years ago, melting the Earth and turning it into an ocean of magma. In the wake of that impact - which also created enough debris to form the moon - the Earth’s surface gradually cooled until it was more or less solid. Baker’s new theory, like the conventional one, is based on that premise.

Pubblicato in Scienceonline

La risoluzione di conflitti cognitivi necessita di attenzione esclusiva. Ecco perché sono potenzialmente pericolosi in situazioni che richiedono un monitoraggio continuo, come la guida di un’automobile. Lo rivela un recente studio, pubblicato su Nature Scientific Reports, condotto dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca. Distrazioni zero: la risoluzione di conflitti nella percezione dei segnali derivanti dal mondo esterno richiede un’attenzione esclusiva. È quanto emerge da uno studio condotto da Alberto Zani, responsabile del Laboratorio di Imaging Elettrofunzionale Cognitivo dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr), in collaborazione con Alice Mado Proverbio del NeuroMI-Milan Center for Neuroscience e docente di Neuroscienze cognitive presso l’Università di Milano-Bicocca. L’indagine ‘How voluntary orienting of attention and alerting modulate costs of conflict processing’ è stata recentemente pubblicata su Scientific Reports della piattaforma Nature.

Pubblicato in Medicina

Bipolar patients tend to have gray matter reductions in frontal brain regions involved in self-control (orange colors), while sensory and visual regions are normal (gray colors). [Image courtesy of the ENIGMA Bipolar Consortium/Derrek Hibar et al.]

 

In the largest MRI study on patients with bipolar disorder to date, a global consortium published new research showing that people with the condition have differences in the brain regions that control inhibition and emotion. The new study, published in Molecular Psychiatry on May 2, found brain abnormalities in people with bipolar disorder. By revealing clear and consistent alterations in key brain regions, the findings shed light on the underlying mechanisms of bipolar disorder. “We created the first global map of bipolar disorder and how it affects the brain, resolving years of uncertainty on how people’s brains differ when they have this severe illness,” said Ole A. Andreassen, senior author of the study and a professor at the Norwegian Centre for Mental Disorders Research (NORMENT) at the University of Oslo.

Pubblicato in Scienceonline

Soybeans grown in fields that simulate 2050 temperatures show signs of stress. Researchers have discovered modified soybeans that yield more than current varieties in 2050 field conditions.

 

●    By 2050—in the midst of increasing temperature and carbon dioxide levels—we will need to produce 70 percent more food to meet the demands of 9.7 billion people.

●    Researchers at the University of Illinois have modified soybeans to yield more when both temperature and carbon dioxide levels increase, which suggests that we might be able to combat heat-related yield loss with genetic engineering.

●    Simplistically, carbon dioxide increases yield and temperature cuts yield; however, this work illustrates that these complex factors work together to influence crop photosynthesis and productivity.

 

By 2050, we will need to feed 2 billion more people on less land. Meanwhile, carbon dioxide levels are predicted to hit 600 parts per million—a 150 percent increase over today’s levels—and 2050 temperatures are expected to frequently match the top 5 percent hottest days from 1950-1979. In a three-year field study, researchers proved engineered soybeans yield more than conventional soybeans in 2050’s predicted climatic conditions.

Pubblicato in Scienceonline

Bombus Terrestris Bee

 

New research published in the journal Proceedings of the Royal Society B has found that wild bumblebee queens are less able to develop their ovaries when exposed to a common neonicotinoid pesticide. The research was conducted by Dr Gemma Baron , Professor Mark Brown of Royal Holloway, University of London and Professor Nigel Raine, (now based at the University of Guelph). The study investigated the impact of exposure to field-realistic levels of a neonicotinoid insecticide (thiamethoxam) on the feeding behaviour and ovary development of four species of bumblebee queen.

Pubblicato in Scienceonline

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