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Novembre 2025

Prosegue la scoperta dei Musei che hanno avuto una parte rilevante nella storia del sapere scientifico: questa volta la visita è al Museo Naturalistico Mineralogico del Collegio Nazareno di Roma, gestito dal Gruppo Mineralogico Romano presieduto dal dott. Vincenzo Nasti, che si ringrazia per aver fornito le notizie utilizzate nel presente articolo e per l’intervista concessa.
Entrando dalla sede dello storico palazzo del Collegio Nazareno (fondato da S. Giuseppe Calasanzio nel 1630 e destinato all’istruzione dei ragazzi più bisognosi) si raggiunge, attraverso una ripida scala a chiocciola, l’universo silenzioso del Museo, popolato, il sabato pomeriggio, anche dagli esperti collezionisti e dai ricercatori iscritti al GMR, solitamente impegnati a studiare nella postazione loro riservata.
Al centro della sala principale spicca una lunga teca che raccoglie esemplari di minerali e di marmi, lungo le pareti, invece, le grandi vetrine illuminano l’ambiente, con  altri preziosi campioni di pietre, marmi ed una collezione di animali impagliati: un’altra sala conserva, tra gli altri reperti, lo scheletro di una balenottera, detta “la Gismondina” (dal nome di Gismondi, cui si deve la scoperta del minerale Gismondina, composto da silicato di magnesio-calcio-alluminio).
La storia del Museo, uno dei più antichi di Roma, nasce da lontano, precisamente alla fine del ‘700, in un periodo storico che vede la sistematizzazione delle raccolte conservate presso gli Istituti di istruzione e le Università, con la creazione di nuove strutture museali dedicate ai temi tecnico-scientifici. Giuseppe II non era ancora imperatore quando, nel 1769, fece visita al Collegio (divenne imperatore dopo la morte della madre, Maria Teresa d’Austria,  avvenuta nel 1780); egli si era recato a Roma per ragioni di conclave (l’elezione del Pontefice Clemente XIV, rimasto alla storia per la soppressione dell’Ordine dei Gesuiti)  ma dopo la visita al Gabinetto di Mineralogia del Collegio egli decise di donare una preziosa raccolta di campioni provenienti dai giacimenti minerari dell’Ungheria: una targa ricorda questa memorabile visita.

Pubblicato in Scienze Naturali

Un procedimento di sintesi di un materiale catodico per batterie litio-ione, il LiFePO4, che permette di ottenere un composito LiFePO4/C dalle eccellenti prestazioni elettrochimiche: questa invenzione è il risultato della collaborazione del gruppo di ricerca dell’Istituto ISM-CNR (dr. C. Bellitto) con i gruppi di ricerca dell’Università “Sapienza” di Roma (Prof. M. Pasquali) e dell’ENEA-Casaccia (dr. P.P. Prosini).
Il consumo di energia da combustibili fossili ha prodotto forti cambiamenti nell’ambiente, quali l’aumento di temperatura del globo terrestre, l’aumento dell’inquinamento, l’esaurimento di alcune fonti di combustibili fossili e ha portato ad utilizzare sempre più fonti di energia rinnovabile quali il sole, il vento, le maree, il calore della terra e le biomasse. In parallelo allo sviluppo di nuove tecnologie per lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili si sono intensificati anche i tentativi di sostituire in parte il carbone ed il petrolio con la propulsione elettrica. Ecco quindi la necessità di avere a disposizione sistemi di immagazzinamento di energia elettrica, quali appunto le batterie ed altri tipi di dispositivi (fuel-cell, supercapacitori.).

Pubblicato in Tecnologia

Il diritto in Internet - Law via the Internet. Accesso libero, qualità dell'informazione, effettività dei diritti”

Il volume, in lingua inglese, si occupa degli sviluppi e delle prospettive in merito all’accesso libero e aperto all’informazione giuridica. Contiene gli atti della IX Conferenza internazionale dall’omonimo titolo, organizzata a Firenze dall’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR (ITTIG), il 30-31 ottobre 2008. I contributi, esaminando gli aspetti relativi alla libertà della cultura e alla conoscenza giuridica digitale, forniscono, a livello internazionale, uno spunto di riflessione sulla ormai inevitabile interazione tra sviluppo tecnologico e diritto.

a cura di G. PERUGINELLI e M. RAGONA
(EPAP, 2009; 494 pg; ISBN 9788883980589, € 40.00)


Law via the Internet: Free Access, Quality of Information, Effectiveness of Rights

Pubblicato in Libri

Donne raffinate, interni eleganti, e tutta la magia della belle epoque francese di fine Ottocento sono protagonisti della mostra Boldini e gli italiani a Parigi, allestita all'interno di quel prezioso scrigno che è il Chiostro del Bramante e prorogata a grande richiesta fino al 6 Aprile.
In un'epoca in cui è la Francia il faro dell'arte contemporanea e non solo, artisti come Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi seppero portare nella ville lumiere la tradizione e il fascino dell'arte italiana, imponendosi con il loro personalissimo stile.

Giovanni Boldini lascia l'Italia e l'avanguardia macchiaiola per trasferirsi a Parigi dove entra quasi subito nella scuderia del mercante Goupil facendosi conoscere ed apprezzare per la sua arte e  conquistando le dame della nascente borghesia parigina che fanno a gara per farsi ritrarre dall'italiano che riesce a trasformarle in creature eteree e a far trasparire tutta la loro sensualità sopita. A Parigi Boldini deve confrontarsi con un altro grande italiano, De Nittis, che interpreta la modernità della città immortalandola in affascinanti vedute. Entrambi gli artisti sono in grado di dipingere la contemporaneità che li circonda riuscendo a far trasparire nelle loro opere un “sentimento” di modernità, risultato, come diceva Baudelaire, dal rapporto tra la città e gli individui che la vivono.

Pubblicato in Arte
Mercoledì, 20 Gennaio 2010 00:00

Scienzaonline Anno 7° n. 72 Gennaio 2010

Scienzaonline Anno 7° n. 72 Gennaio 2010

Pubblicato in Numero uscita
Mercoledì, 20 Gennaio 2010 00:00

Angolo UE Gennaio 2010

Programma UE-Canada per la cooperazione in materia di istruzione superiore, formazione e gioventù Invito a presentare proposte 2010 Partenariati transatlantici di scambio Partenariati transatlantici di laurea

Nell’ambito di questo Programma  sono previsti due tipi di attività, nello specifico i programmi relativi ai partenariati transatlantici di scambio (TEP) e quelli relativi ai partenariati transatlantici di laurea (TDP).

Per quanto riguarda i progetti relativi ai partenariati transatlantici di scambio (TEP) , il sostegno è inteso a consentire ai consorzi di istituti d’istruzione superiore e di formazione dell’UE e del Canada di eseguire programmi congiunti di studio e di formazione e di realizzare la mobilità degli studenti e del personale docente e amministrativo. Include sostegno per l’amministrazione e sovvenzioni per gli studenti e i membri del personale docente e amministrativo. La durata massima dei progetti TEP è di 36 mesi.

Le attività sono illustrate in dettaglio nella sezione 5 della guida al programma.

Pubblicato in UE

Giovane profuga di guerra con lesione traumatica del pavimento pelvico (da probabile violenza), caratterizzata da una devastazione retto-vaginale e un unico meato (cloaca), è stata trattata chirurgicamente nel mese di settembre u.s. presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università La Sapienza di Roma, utilizzando un composto di gel di piastrine e globuli bianchi in grado di accelerare la riparazione di questi tessuti. La donna presentava incontinenza fecale totale, infezioni urinarie ricorrenti, e impossibilità ad una vita sessuale normale. E, ad aggravare la patologia, anche una sieropositività per HIV (Human Immunodeficiency Virus) ed per HCV (Hepatitis C Virus).

Una lesione perineale, dunque, di IV grado (lesione cloacale complessa retto-vaginale) che presentava assenza del perineo ano-vulvare con contestuale distruzione dello sfintere e del setto retto-vaginale. Problematica spesso legata a parti vaginali difficili (incidenza: circa un caso ogni 5000 parti), a lesioni da fistole perianali complesse con conseguenti ascessi (molto meno frequenti e difficilmente quantizzabili) o, come in questo caso, a lesioni traumatiche.

Pubblicato in Medicina

L’uso di radiazioni in esami medici è la maggior fonte artificiale di esposizione a radiazioni e superiore a quella dovuta alle sorgenti di radioattività naturale. Le fonti mediche di radiazione erano circa un quinto della radiazione naturale nel 1987, si avvicinavano al 50% nel 1993 e sono arrivate oggi a oltre il 100% della radiazione naturale nei paesi industrializzati.
Uno studio recente, finanziato dal governo federale statunitense e realizzato dal National Council on Radiation Protection,  ha riportato che negli Stati Uniti il numero di tomografie computerizzate (TAC) effettuate nel 2006 ha raggiunto i 62 milioni, un dato venti volte superiore a quello del 1980. Nello stesso periodo di tempo gli esami di medicina nucleare con l’impiego di traccianti radioattivi sono triplicati (Mettler FA et al. Health Phys. 2008).
Gli attuali standard radioprotezionistici e le conseguenti pratiche radiologiche sono basati sulla premessa che qualunque dose di radiazione- non importa quanto piccola- può risultare in effetti clinici a lungo termine, quali  cancro, leucemia ed  effetti ereditari.
In accordo alle ultime aggiornate e autorevolissime stime del Comitato per lo Studio degli Effetti Biologici delle radiazioni ionizzanti BEIR VII  (Biological Effects of Ionizing Radiation, BEIR VII 2006), per una singola esposizione a 15 mSv -corrispondente a 750 radiografie al torace (Picano BMJ 2004)- di un’angio-TAC coronarica la stima di rischio di cancro è pari a 1 su 750 pazienti esposti.
E’ importante sottolineare che il rischio di cancro varia molto in funzione dell’età (minore nell’anziano rispetto all’adulto) e del sesso (maggiore nella donna rispetto all’uomo, a tutte le età della vita). I bambini sono a rischio molto più alto rispetto agli adulti perché hanno cellule in divisione rapida e hanno una maggiore aspettativa di vita al momento dell’esposizione. Per una stessa esposizione radiologica, il bambino di 1 anno ha una probabilità 10-15 volte maggiore rispetto all’adulto di 50 anni di sviluppare un cancro.

Pubblicato in Medicina
Mercoledì, 20 Gennaio 2010 00:00

La ricerca non dimentica

E’ della metà di gennaio, pubblicata sull’ultimo numero di 'Proceedings of the National Academy of Sciences', la notizia che una ricerca made in italy, chiarisce l’origine dei danni alla memoria nel morbo di Alzheimer.
Nel mondo il 5% delle persone con più di 60 anni soffre di Alzheimer, una patologia che si manifesta con disorientamento spazio-temporale, amnesia, incapacità di riconoscere oggetti o di compiere azioni comuni come lavarsi i denti, cucinare, telefonare o scrivere. Questa malattia rende inermi e dipendenti dagli altri, incapaci di sopravvivere se lasciati da soli e spesso nell’impossibilità di riconoscere parenti e amici andando verso un progressivo e assoluto isolamento. Le origini di questa malattia non sono ancora state chiarite, mentre si sa molto di più sul funzionamento del processo di degenerazione: i neuroni cerebrali iniziano a produrre una proteina (beta-amiloide) che genera placche all'interno della cellula e dei grovigli neurofibrillari. Questa modificazione cellulare, da inizio ad una serie di eventi che portano prima ad una perdita della funzionalità sinaptica, che è probabilmente connessa con la proteina beta-amiloide la quale, in seguito, conduce alla morte del neurone.

Pubblicato in Neuroscienze

Cambiamenti climatici
Tra le tante sfide che l’umanità si trova oggi ad affrontare vi sono quelle relative ai temi della protezione e della salvaguardia dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento. Uno degli obiettivi più importanti che ci si pone è il rallentamento del riscaldamento globale causato dall’emissione nell’atmosfera di gas serra, il quale è stato oggetto di discussione nella recente Conferenza ONU sui cambiamenti climatici svoltasi a Copenhagen alla presenza dei più importanti leaders mondiali.
Alcuni dei problemi da risolvere con maggiore urgenza sono:

  • Esaurimento dei combustibili fossili e la necessità di trovare fonti alternative di energia rinnovabile quali i biocombustibili;
  • Emissioni gassose altamente inquinanti e dannose per l’ambiente (SO2, H2S, NOx);
  • Carenza di acqua potabile in molte parti del mondo;
  • Emissione di CO2 nell’atmosfera.

E’ comunemente e globalmente riconosciuto che la tecnologia a membrana è una delle più promettenti soluzioni per aiutare a risolvere molti di questi problemi. Le membrane agiscono come un filtro particolarmente efficace, che riesce a separare le specie inquinanti da liquidi o da miscele gassose. Esse vengono già ampiamente utilizzate per le loro grandi potenzialità applicative in moltissimi settori della tecnologia industriale, per esempio, nel campo della desalinizzazione dell’acqua di mare, nella produzione di aria arricchita di ossigeno e nella chiarificazione del vino.

Pubblicato in Ambiente

Medicina

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