Archeologia

Archeologia (43)

Aquae

17 Lug 2012 Scritto da

Sul tema dell'acqua e sulle opere a questa dedicate in epoca romana è stato realizzato un interessante percorso tematico intitolato "Aquae", esposto durante tutto il mese di febbraio presso il Museo della Civiltà Romana della Capitale. L'iniziativa, patrocinata dall'Assessorato alle Politiche Culturali e dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, è organizzata dalla “Zètema servizi museali”.

I numerosi plastici esposti, le ricostruzioni storiche degli avvenimenti e delle tecniche idrauliche testimoniano un'attenzione crescente nei confronti del tema dell'acqua durante l'antichità. Una risorsa, questa, determinante per la scelta dei luoghi per i nuovi insediamenti e che ha influenzato le strategie militari, le scelte architettoniche, le  politiche economiche e commerciali di qualsiasi comunità.

Non solo. Nella Roma antica, sia in età repubblicana sia durante quella imperiale, politici ed Imperatori erano pienamente consapevoli della importanza, in termini di propaganda, che le opere idrauliche garantivano nei confronti delle popolazioni. L'acqua, così come l'esercito ed il diritto, era una dei punti di forza che l'Impero offriva alle popolazioni barbare.

 

Posizionata a circa 400 km a nord di Bangkok, in Thailandia, adagiata sulle rive del Mae Nam Yom, la città di Sukhothai ("Felicità Nascente"), capoluogo dell'omonima Provincia, rappresenta un autentico gioiello archeologico ancora poco frequentato dal turismo di massa.

Fondata nel V secolo d.C. ed annessa al potente Impero Khmer, Sukhothai raggiunse l'indipendenza solo nel 1220, divenendo la capitale del primo regno di Thailandia. La città entrò in conflitto, intorno al 1350, con un altro regno thailandese, quello di Ayutthaya. Quest'ultimo riuscì a sottomettere Sukhothai solo nel 1438, ma quando l'esercito birmano distrusse Ayutthaya nel 1767, gli abitanti di Sukhothai abbandonarono la propria città. Da quel momento la città ha assunto il ruolo di piccola realtà di provincia. Solo nel XX secolo il rinnovato interesse da parte di alcuni studiosi europei ha consentito di riprendere opere archeologiche volte a strappare alla giungla quelle testimonianze storiche custodite per secoli.

La fede nella resurrezione dopo la morte simboleggiata nel mito del diluvio universale, in necropoli emerse dopo un'inondazione

 

La fede nella sopravvivenza del defunto dopo la morte è simboleggiata nelle rappresentazioni di rinascita della vita sulla terra dopo il diluvio universale, che sembrano narrate dalle decorazioni sui vasi restituiti dalle necropoli di Jiroft, capitale di una civiltà antichissima ultimamente scoperta sull’altopiano dell’Iran sud-orientale: è questa la suggestiva interpretazione formulata dall’archeologo veneto Massimo Vidale, sui reperti recuperati dalle tombe della cultura dell’Halil Rud (il fiume Halil), fiorita nella seconda metà del terzo milennio a.C., contemporanea alla civiltà dei Sumeri. Era lo stato di Marhashi (così lo chiamavano i Sumeri), molto ricco e forte, così potente che i regnanti di Ur ne cercavano l’alleanza mandandovi le loro figlie come spose.

Almeno una dozzina delle ricche necropoli di questa civiltà perduta furono saccheggiate nel 2001 in seguito ad una devastante alluvione che mise allo scoperto le tombe (si calcola che siano decine di migliaia i preziosi reperti trafugati e rivenduti clandestinamente). Gli scavi condotti dall’Iraniano Youssef Madjidzadeh, da Massimo Vidale e dagli altri suoi colleghi in una delle grandi necropoli saccheggiate della valle dell’Halil  hanno permesso di recuperare almeno parte dei corredi tombali distrutti dai clandestini. Una sola tomba è stata sinora  trovata inviolata.

Facciata principale della chiesa-monastero nestoriana a Haroba-Kosht

La struttura arcaica di un'antichissima domus cristiana è stata scoperta in un'oasi nel deserto del Turkmenistan, in Asia Centrale, da un archeologo veneziano: risale alla fine del regno dei Parti (fine del primo-inizio del terzo secolo d.C.), secondo quanto ci racconta Gabriele Rossi Osmida appena rientrato dall'ultima missione di scavo, il quale ha individuato la chiesa paleocristiana incastonata nella struttura più antica di Haroba Kosht (“Castello in Rovina”, in lingua turcomanna), un rudere devastato dal tempo e da millenni di guerre (la distruzione definitiva si deve alle orde di Gengis Khan, nel 1221).
E' una scoperta clamorosa. Ma l'edificazione di quel tempio cristiano così indietro nel tempo nel cuore dell'Asia centrale, come spiega Rossi Osmida in un'intervista concessa a pochi giorni dal suo rientro in Italia, trova riscontro nelle testimonianze registrate da alcuni testi del IV e VI secolo che parlano della predicazione dell’apostolo Tommaso (o dei suoi discepoli) nell'oasi di Merv, dove era giunto nella sua missione di evangelizzazione che infine sarebbe arrivata fino all'India.

 

“Sapore di mare, sapore di sale che hai sulla pelle, che hai sulle labbra….” Cosi Gino Paoli cantava, negli anni ’60, la voglia di rinfrescarsi al mare, di passare una bellissima estate in compagnia di amici e la voglia di flirtare spensierata dei giovani. Ancora oggi la maggior parte delle persone e delle famiglie passano le loro vacanze estive al mare, ad affollare le spiagge, ad abbronzarsi sotto il solleone d’agosto mentre i bambini giocano a palla urlando e ridendo sul bagnasciuga….e per citare un’altra famosissima canzone estiva “per quest’anno non cambiare stessa spiaggia, stesso mare….”

E' stata riscritta, con alcune sorprese, la storia della lotta millenaria dei catanesi per ricostruire e spostare più volte il loro porto, seppellito da colate laviche, sconvolto da terremoti, insabbiato da fiumi scomparsi e testimone di infinite guerre: una nuova storia dei porti nati, distrutti e rifatti a Catania esce da una ricerca interdisciplinare condotta dall'archeologa Elena Flavia Castagnino Berlinghieri e dal geologo Carmelo Monaco, e pubblicata nel volume “Il Sistema Portuale di Catania Antica” presentato dagli autori alla British School of Rome.
E' uno studio di archeologia marina condotto, un po' paradossalmente, sotto strati di lava, nel sottosuolo del moderno abitato catanese e fra le sabbie di fiumi scomparsi da secoli, oltre che sui testi degli storici antichi e sulla toponomastica delle strade e piazze attuali della città che è rivelatrice di grandi strutture e antiche funzioni ormai inesistenti. Per esempio, nell'area cittadina centrale oggi denominata Porticello è da localizzare l'antico porto militare romano, identificato da un “opus pilarum” che all'epoca costituiva un'opera di difesa esterna.

I rapporti tra le antiche metropoli etrusche del Lazio, Veio, Cerveteri, Vulci, Tarquinia, e Roma vengono indagati nella mostra che il Palazzo delle Esposizioni dedica alla grande civiltà etrusca, curata da Mario Tonelli e Anna Maria Moretti.
L’esposizione, che è stata prorogata fino all’8 Marzo grazie al successo di pubblico che ha riscosso, è stata organizzata su iniziativa della Regione Lazio - Assessorato alla Cultura Spettacolo e Sport con la diretta partecipazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, e si propone di far conoscere questa grande civiltà attraverso l’analisi dei suoi principali centri urbani e della loro produzione artistica.

Lo studio degli eventi che riguardano la storia dell’umanità e la ricerca  nel settore spaziale oggi hanno un punto in comune.
L'Agenzia Spaziale Italiana e la Soprintendenza Archeologica di Pompei hanno condiviso l’opportunità di avviare un progetto pilota volto a utilizzare il sistema satellitare COSMO-SkyMed per monitorare e  sorvegliare l'area archeologica di Pompei, Ercolano e  Castellamare di Stabia.

L’Egitto è universalmente noto come fulcro di grande cultura. Fino dalla dinastia 0 si è sempre ritenuto al centro del mondo  registrato come diverso, strano. Nel medio regno aumenta la sua estensione nei Paesi vicini, conta sempre una maggiore presenza di Asiatici ed anche l’esercito è multietnico. Prima del Cristianesimo, la sua religione è stata la più estesa. Naturalmente la civiltà egiziana ha influenzato tutti i popoli con i quali è venuta in contatto, nelle varie epoche, ricevendone a sua volta stimoli e suggerimenti, ed è appunto di questo argomento che ha trattato il Convegno “La cultura egizia ed i suoi rapporti con i popoli del Mediterraneo durante il I millennio a. C.” L’incontro si è tenuto a S. Martino al Cimino, in provincia di Viterbo, nel prestigioso palazzo seicentesco Doria - Panphilj, nei giorni 6 e 7 novembre 2008, ed ha visto alternarsi alcuni dei più importanti egittologi del mondo, per riferire le ultime novità dello loro ricerche sul succitato periodo storico.

Si dice che il profeta Solimano avesse una moglie bellissima e che l’amasse molto. A qualsiasi richiesta della donna Solimano non diceva mai di no. Un giorno la donna disse al marito: “Desidero un palazzo costruito con le piume degli uccelli”.
Leggende del popolo Curdo
 
Anche se l’uomo non riusciva a scorgerli, sentiva però gli occhi della foresta puntati su di lui: gli occhi gelidi del serpente, quelli rossi e fieri del babbuino, quelli gialli e ardenti del giaguaro. Sapeva che degli occhi lo seguivano, vigili, attraverso tutta la verde parete della foresta, e non erano occhi amici, non erano occhi birboni, maliziosi; ma occhi di cacciatori come lui.
Favole dei Caraibi


Sin dalle origini l’uomo ha rappresentato gli animali, come testimoniano i cicli pittorici rinvenuti nelle grotte paleolitiche dell’Europa o la pittura rupestre del Sahara.

 

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