BED-REST Modello per simulare gli effetti fisiologici dell’assenza di gravità sull'organismo
Si è da poco compiuto il quarantesimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna. Un evento epocale per l’umanità che ha segnato un nuovo traguardo raggiunto nel cammino della conoscenza. Il 20 luglio del 1969, quando Neil Armstrong ha lasciato la prima impronta umana sul suolo lunare, non è stata solo la vittoria degli Stati Uniti sulla rivale Russia per la corsa allo spazio, ma ha rappresentato l’ affermazione dell’uomo nella sua infinita ricerca di esplorazione e conquista di nuovi territori, aprendo la strada nell’immaginario collettivo a una nuova era di pionieri spaziali. L’esigenza di superare i propri limiti e il gusto della scoperta sono insite nel DNA degli esseri umani e ormai da tempo gli Stati Uniti, l’Europa e la Cina pensano a nuove missioni sul nostro satellite e alla più grande delle sfide, la prima missione umana verso il pianeta rosso.
Mostra-Convegno su “Tecnologie e materiali innovativi per la conservazione di manufatti cartacei costituiti da libri e documenti d’archivio d’interesse storico, artistico e culturale nel bacino del Mediterraneo
La conservazione dei manufatti cartacei è un imperativo di ogni società in quanto ha il compito di preservare, custodire e tramandare, attraverso i libri e i documenti cartacei, le conoscenze accumulate lungo secoli di storia.
Tanto maggiore è il valore di tale imperativo allorché esso è riferito alla conservazione di testi dell'area del Mediterraneo e, specificamente, di Paesi come Egitto e Italia, dove la numerosità dei testi e dei documenti di archivio non si limita a libri, giornali e riviste ma anche a riproduzioni d'arte, a carte geografiche, a fotografie e a manoscritti in grado di esprimere le più significative e preziose tracce di conoscenze culturali che sia possibile mettere a disposizione degli uomini del nostro tempo e di quelli delle generazioni future.
Scienzaonline Anno 6° n. 66 luglio 2009
Scienzaonline Anno 6° n. 66 luglio 2009
Quando il cervello va in tilt: quali possibilità di ‘ricambio’ dei neuroni dopo un ictus?
Una ricerca internazionale di prossima pubblicazione su PLoS ONE ha individuato alcuni fattori che impediscono la formazione di nuovi neuroni, ad opera di staminali cerebrali, dopo un episodio di ischemia cerebrale. Un modello matematico ha permesso di confermare il ruolo dei fattori di inibizione e di simulare l’attività di queste cellule durante la crisi, aprendo la strada anche a una sperimentazione più affidabile di nuovi farmaci che siano in grado di potenziare l’azione delle staminali ‘riparatrici’.
Durante un'ischemia cerebrale, quando il sangue non arriva più a una porzione del cervello, per esempio a causa dell'ostruzione di un vaso sanguigno, alcuni neuroni cominciano a morire per mancanza di ossigeno e altri elementi nutritivi necessari al metabolismo della cellula cerebrale. L’ischemia, nei casi più gravi, può portare all’ictus, una malattia che in Italia colpisce ogni anno 200 mila persone ed è la terza causa di morte. Ma possono nascere nuovi neuroni, al posto di quelli ‘morti’? In teoria sì, ma in pratica le cose sono molto più complesse. Infatti, nonostante l’intensa attività di ricerca degli ultimi dieci anni sulla possibilità di generare nuovi neuroni in un cervello adulto, restano ancora da capire molte cose in questo campo.
Sardegna preziosa... anche per la genetica
Il patrimonio genetico dei sardi è oggetto di studio da parte di numerosi scienziati. Nell’ultimo decennio la ricerca è stata focalizzata principalmente sulla speciale longevità di alcuni ceppi di popolazione sarda (es. progetti AkeA presentato nel 2002 e PogeNIA nel 2001).Oggi l’indagine si è ampliata a seguito del riscontro di un aumento significativo delle malattie autoimmuni e/o dismetaboliche nell’isola. Le patologie più segnalate sono: il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla, la tiroidite cronica e la celiachia.
La Sardegna è un osservatorio unico e prezioso per lo studio epidemiologico di tali malattie di matrice genetica o autoimmune la cui eziologia non è ancora chiarita. Essa rappresenta quello che epidemiologi e genetisti definiscono un “isolato genetico”, cioè una popolazione geneticamente omogenea che ha una localizzazione geografica isolata, presenza di barriere linguistiche, numero di fondatori ridotto, frequenti matrimoni all’interno dello stesso paese, scarsa emigrazione ed immigrazione.
20 luglio 1969: la Luna
Il 20 luglio del 1969 l’uomo, con Neil Armstrong, metteva per la prima volta piede su un corpo celeste che non era la Terra. Quell’impresa apriva e chiudeva un’era. L’era della conquista dello spazio e della competizione tra USA e URSS. Quel primo fondamentale passo, che apriva l’uomo all’esplorazione umana del Cosmo, rappresentava però anche la implicita fine della corsa alla Luna. Poco più di tre anni dopo, con la missione Apollo XVII, si concludevano le missioni umane con obiettivo il nostro satellite e il mondo spaziale, allora unito verso quell’unico obiettivo, perdeva interesse verso il pallido chiarore della Luna, che tornava ad essere oggetto dei rimandi romantici a cui poeti e romanzieri e poi ancora cineasti, si sono ispirati. Il mondo spaziale tutto, in primo luogo ancora USA e URSS, rivolgeva la propria attenzione verso altri corpi celesti, Venere, Marte, Mercurio e poi Giove, lo stesso sole, mentre l’uomo nello spazio faceva scegliere alle due potenze spaziale vie diverse, lo shuttle, per gli USA, le stazioni orbitanti per l’URSS.
A caccia d'acqua sulla Luna
Occhi puntati sulla Luna in questi giorni. E non solo per ricordare la missione Apollo 11, che giusto quaranta anni fa (era il luglio del 1969) portava per la prima volta degli esseri umani a mettere piede sul nostro satellite naturale, ma anche e soprattutto grazie a due missioni della NASA, le prime a raggiungere la Luna (senza astronauti, ovviamente) dopo dieci anni, chiamate LCROSS (Luna Crater Observation and Sensing Satellite) e LRO (Lunar Reconnaissance Orbiter). A loro spetta tra l'altro il compito di risolvere uno dei grandi punti interrogativi che ci restano sulla Luna, che per il resto è tutto sommato il corpo celeste che conosciamo meglio. Ovvero, c'è acqua lassù?
Come e quando su Marte cap. 2
Molte sono ancora le incognite di una viaggio umano su marte. Sia di tipo tecnologico, che di tipo scientifico, o meglio fisiologico.
Attualmente il viaggio di un sonda robotica sul pianeta rosso non può essere inferiore ai sei mesi. La distanza minima tra la Terra e Marte, ovvero quando i pianeti si trovano l’uno opposto all’altro è di 56milioni di chilometri e il razzo che avesse il compito di condurre un equipaggio umano sul suolo marziano non solo dovrebbe avere abbastanza energia per sfuggire alla gravità terrestre, ma anche per resistere all’attrazione solare. Inoltre il vettore dovrebbe avere una capacità di propellente tale da permettere all’equipaggio di lasciare il suolo di Marte vincendo la sua forza di attrazione, che sebbene minore di quella terrestre, è comunque importante. Con le attuali tecnologie è ora impresa ardua. Alcuni anni or sono è stata ipotizzata l’ipotesi di un razzo a propulsione nucleare, le cui incognite sono comunque tali che il progetto è stato per il momento accantonato.
L'eredità della Luna
Il 4 ottobre 1957 un oggetto di produzione terrestre orbitava per la prima volta al di fuori dell’atmosfera del pianeta Terra, dodici anni dopo,il 20 luglio del 1969, un uomo, George Armstrong, posava per primo il piede su un corpo celeste che non fosse il pianeta che aveva dato i natali al genere umano, la Luna. Due momenti fondamentali di un’era che oggi è denominata l’era spaziale. Oggi, 52 anni dopo lo Sputnik, si riconosce a questa era di aver prodotto un balzo in avanti all’umanità non già eguale, ma superiore, all’evoluzione che il genere umano aveva conosciuto nei 500 anni precedenti. Quelli per intenderci della fine del geocentrismo con la rivoluzione copernicana, con l’avvento dell’astronomia grazie a Galileo,ma anche agli studi di Leonardo, la rivoluzione industriale, gli avanzamenti nello studio della medicina grazie a Pasteur e Fleming, allo studio dell’atomo e delle regole dell’universo grazie ad Einstein e Fermi.
La Luna, vista dall'Italia
Venti luglio del 1969. La data che segna un prima e un dopo nell'esplorazione umana dello spazio. A dire il vero, in Italia era ormai il 21, le 4 del mattino del 21, quando Neil Armstrong faceva quell’ormai proverbiale piccolo, grande passo che cambiava per sempre la storia umana. Una diretta-tour de force di oltre 25 ore, prima volta nella storia della RAI aveva tenuto inchiodati tutti gli italiani davanti al televisore, seguendo momento per momento la missione Apollo 11, fino all’allunaggio (avvenuto sei ore prima, alle 22 circa ora italiana) e la discesa di Armstrong e Aldrin sul suolo lunare.
Tra loro anche alcuni spettatori decisamente interessati: alcuni già interpreti dell'avventura spaziale del nostro paese, o che ne sarebbero diventati protagonisti negli anni a venire. Per loro, ripensare lo sbarco sulla Luna a quaranta anni di distanza significa rivivere un momento che ha influenzato profondamente la loro vita professionale, e che ha finito per influenzare, per quanto indirettamente, il corso stesso delle attività spaziale italiane.
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