Diritti di libertà nel mondo virtuale della rete

Trentacinque anni dopo la sua nascita, la Rivista “Informatica e diritto” intende
rinnovarsi sia nell’articolazione delle sue rubriche, sia nella modalità di acquisizione dei
contributi da pubblicare, sia nelle tematiche da privilegiare.
La Rivista, com’è noto ai suoi lettori, ha da sempre prestato grande attenzione alla
speciale natura del rapporto tra tecnica e diritto, costituendo tale rapporto la sede naturale
delle discipline cui la Rivista stessa è dedicata, cioè il “diritto dell'informatica” e “l'informatica
giuridica”.
Si tratta di un rapporto articolato ed affascinante al contempo, che l'avvento di Internet
ha reso negli anni ulteriormente complesso, ponendolo sovente all'attenzione dei giuristi per la
mole di questioni nuove che esso ha saputo sollevare.
Rights of freedom in the virtual world of the web
Thirty five years after its birth, the review “Informatica e diritto” is going to renew itself both in its columns and methods of choice of the contributions to publish, and in the topics to favour.
The Review, as the readers know, has always given particular attention to the special character of the connection between techniques and law, being such relation the natural place of the topics whom the Review is devoted, “Information Technology and Law” and “Legal Informatics”.
It's an articulated and, at the same time, fascinating connection, that the arrival of Internet, during the late years, has made further complex, submitting it to the attention of the jurists because of the new matters that it has been able to raise.
Purpose of the review is to linger over these matters again, publishing contributions that try to look into the different aspects of the complexity of the connection between Internet and law, in particular between Internet and the old generation rights, changed in their own nature because of the mean through which they are exercised.
La corrispondenza inedita del matematico Mauro Picone e la nascita del FINAC/CNR
Il volume La “lunga marcia” di Mauro Picone (1885-1977), a cura di A. Guerraggio, M. Mattaliano, P. Nastasi, pubblica una corposa corrispondenza recuperata dall’Archivio storico dell’Istituto di Calcolo del CNR (IAC). Il libro ricostruisce la storia che vide fortemente impegnato il matematico italiano Mauro Picone – fondatore dell’INAC/CNR (oggi IAC) – nel tentativo di realizzare a Roma, sin dall’immediato dopoguerra, il primo grande calcolatore elettronico italiano. La corrispondenza presentata dai curatori dell’opera spazia dal 1944 alla fine del 1955, anno in cui il primo grande computer “romano” viene inaugurato nella sede dell’INAC/CNR, alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
Quella pubblicata nel volume costituisce una corrispondenza inedita, ricca di riferimenti a fatti e persone. Una corrispondenza epistolare indubbiamente molto interessante dal punto di vista storico-scientifico, in quanto aiuta a farsi un’idea riguardo al grande sforzo occorso all’epoca per giungere alla conclusione del Progetto “romano” di fornire l’Italia di un potente mezzo di calcolo automatico: un grande computer, di ausilio alla ricerca scientifica e all’industria italiana, capace di risolvere problemi di elevata complessità.
Vecchie e nuove epidemie. convegno di studio. sabato 24 aprile 2010, Archiginnasio di Bologna, ore 10-12
Le epidemie hanno sempre attraversato il cammino dell'uomo seminando lutti e sofferenze. Peste, vaiolo, sifilide, colera, tubercolosi, influenza hanno cambiato la storia dell'umanità per i loro effetti sulla vita e la salute degli uomini e per gli effetti demografici, economici, sociali. Le grandi epidemie creavano panico ed angoscia perchè falcidiavano intere popolazioni. Se la malattia e la morte di una singola persona rappresenta una tragedia per i familiari, la morte collettiva aggiunge il sentimento di impotenza e di paura per il destino degli uomini. Le epidemie non sono solo un terrribile ricordo del passato, ma rappresentano ancor oggi un rischio per l'umanità. Negli ultimi 30 anni oltre 30 nuove malattie infettive a carattere epidemico ( chiamate "malattie infettive emergenti" ) hanno fatto la loro comparsa. Tra queste l'AIDS, la SARS, l'infezione da virus Ebola, l'influenza aviaria da virus H5N1, la nuova influenza da virus H1N1.
Scienzaonline Anno 7° n. 74 Marzo 2010
Scienzaonline Anno 7° n. 74 Marzo 2010
Angolo UE Marzo 2010
1. Il servizio sanitario dell'UE è di qualità?
L'Unione europea sostiene una nuova indagine sulle prestazioni dei sistemi sanitari in tutti gli Stati membri. Inizialmente lo studio di 3,99 milioni di euro riguarderà 7 paesi comunitari, ai quali se ne aggiungeranno altri nel corso dei 4 anni in cui sarà svolto il progetto.
Il progetto EUROHOPE ("European health care outcomes, performance and efficiency") è stato finanziato con 3 milioni di euro attraverso il tema "Salute" del Settimo programma quadro (7° PQ) dell'UE ed è coordinato dal Centro per la salute e l'economia sociale presso l'Istituto nazionale finlandese per la salute e il welfare (THL).
Nel 2007 la direzione generale per la Salute e i consumatori (DG SANCO) della Commissione europea ha fatto svolgere un sondaggio su oltre 27.000 cittadini degli Stati membri per misurare il loro interesse nei trattamenti sanitari di altri paesi comunitari (ovvero, la sanità transfrontaliera).
Tra le persone che dichiaravano di non essere disposte a recarsi in altri paesi UE per ricevere cure sanitarie, il livello di soddisfazione rispetto ai servizi sanitari nazionali ha mostrato notevoli differenze nei diversi Stati membri. In generale, si sono detti soddisfatti delle cure disponibili nel proprio paese l'89% dei cittadini degli Stati membri dell'UE-15 e il 59% di quelli dei nuovi Stati membri dell'UE, con quindi una differenza del 30%.
Mentre il sondaggio era basato su colloqui individuali e affrontava solo indirettamente la questione nazionale, il progetto EUROHOPE si propone di indagare l'efficacia dei sistemi nazionali in modo più esaustivo. L'obiettivo è di sviluppare metodi che possano essere usati per la valutazione regolare delle cure sanitarie nell'UE e di migliorare gli standard di monitoraggio attuali.
I ricercatori useranno speciali metodi di mircroeconomia per misurare le prestazioni, la qualità, l'uso delle risorse e i costi sanitari. Questi settori saranno misurati in riferimento al trattamento di cinque problemi di salute specifici: l'infarto acuto del miocardio, l'ictus, la rottura dell'anca, il cancro al seno e i neonati prematuri sottopeso alla nascita.
Goffredo Mameli e la Repubblica Romana del 1849
L’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria
inaugura l’anno accademico 2009-2010
Con l’approssimarsi delle celebrazioni per il 150°anniversario dell’unità d’Italia, l’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria ha voluto dedicare al tema ‘Goffredo Mameli e la Repubblica Romana del 1849’ la cerimonia inaugurale dell’Anno Accademico 2009-2010 (nell’ottantanovesimo anno dalla sua Fondazione) che si è tenuta il 18 marzo a Roma presso la Sala Alessandrina, all’interno del Museo storico dell’Arte Sanitaria del Complesso Monumentale di Santo Spirito.
Per l’occasione è stata data anche adeguata sistemazione ad un cimelio, da tempo in possesso del Museo, rappresentato dalla lastra di marmo sulla quale fu deposto il corpo esanime di Goffredo Mameli, deceduto in seguito all’amputazione di una gamba per una ferita ricevuta durante la battaglia per la Repubblica Romana.
Sin dalla sua fondazione, nel 1920, l’Istituto Storico Italiano dell’Arte Sanitaria’, poi ‘Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria’, si è particolarmente dedicato non solo ad accrescere e valorizzare la raccolta del museo, dell’archivio e della biblioteca già esistenti, ma anche alla pubblicazione degli atti e memorie dell’Accademia.
Filamenti di gelida polvere nell’arazzo di Planck
Planck compie un cielo. Il suo primo cielo. Il satellite dell’Agenzia spaziale europea, progettato per fotografare l’alba dell’universo, ha infatti appena completato la prima survey, la sua prima ricognizione completa dell’intera volta celeste (per essere precisi, il 98% di essa: il 100% è atteso per la fine di maggio).
Lanciato in orbita il 14 maggio 2009, Planck ha iniziato a mappare il cosmo a microonde a metà agosto. E proprio in questi giorni sta iniziando a ripercorrere porzioni di cielo già visitate, zone dell’universo primordiale che d’ora in avanti torneranno a riflettersi nel suo specchio più e più volte, per un totale di quattro survey a tutto cielo. A ogni passaggio, la qualità dei dati diventerà sempre migliore. Ma già in questa prima ricognizione Planck ha collezionato una quantità d’informazioni tale da dar lavoro per anni a cosmologi e astrofisici.
Che cosa ha dunque raccolto, Planck, in questo suo primo cielo di vita? Il team internazionale di scienziati che lo ha progettato si attendeva una mappa. E gli è arrivato un arazzo. Un cielo che, nei falsi colori a tinte espressioniste con i quali i ricercatori codificano le impercettibili variazioni di temperatura alle quali è sensibile Planck, pare rubato a una tela di Edvard Munch. Un kilim dall’intreccio complesso e sorprendente, nel quale spettacolari filamenti di polvere gelida, fino a circa 260 gradi sotto lo zero, sembrano estendersi dalla nostra galassia come lingue infuocate.
Strutture di filamenti di polvere fredda (cold dust) assai suggestive, quelle immortalate dagli occhi sensibili alle microonde di Planck, ma soprattutto ricche di contenuto scientifico: i ricercatori si attendono che studiarle a fondo possa essere di grande aiuto per determinare le forze che hanno dato forma alla nostra galassia e innescato la formazione stellare.
«Non siamo ancora riusciti a comprendere pienamente il motivo della forma caratteristica di queste strutture», dice Jan Tauber, dell’Esa, che di Planck è il project scientist. E fra le tante domande che questi primi dati sollevano, una particolarmente affascinante riguarda la singolare somiglianza fra i filamenti a grande scala osservati da Planck e quelli a scala assai più ridotta osservati dal suo “satellite gemello”, Herschel, sempre dell’Esa (Planck e Herschel sono stati lanciati in orbita insieme, a bordo dello stesso razzo Ariane V).
Luce fatta sul perché il 90% delle osservazioni astronomiche delle galassie distanti mancano il loro bersaglio
Gli astronomi sanno da sempre che in molte osservazioni dell’Universo più distante una parte consistente della luce emessa dai corpi celesti non viene osservata. Ora, grazie ad un’indagine estremamente approfondita compiuta usando due dei quattro telescopi giganti da 8,2metri che compongono il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO ed un apposito e specifico filtro, gli astronomi hanno determinato che una larga frazione delle galassie la cui luce impiega 10 miliardi di anni a raggiungerci è rimasta a noi sconosciuta. L’indagine ha permesso inoltre di scoprire alcune delle galassie più deboli mai trovate a questo stato iniziale dell’universo.
Gli astronomi usano frequentemente la forte , caratteristica “impronta digitale” della luce emessa dall’idrogeno conosciuta come la riga Lyman –alfa, per determinare il numero di stelle che si sono formate in un Universo molto distante [1]. C’è stato a lungo il sospetto che galassie molto distanti andassero perse in queste indagini. La nuova osservazione del VLT dimostra, per la prima volta, che questo è esattamente quello che sta accadendo. La maggior parte della luce Lyman-alfa resta intrappolata dentro la galassia che la emette, e il 90% delle galassie non si mostra alle indagini condotte in Lyman-alfa.
“Gli astronomi hanno sempre saputo che stavano perdendo qualche frazione delle galassie nelle osservazioni Lyman-alfa” spiega Matthew Hayes, il primo autore delle studio, che esce questa settimana su Nature, “ma per la prima volta ora noi abbiamo una misurazione. Il numero di galassie perse è sostanziale”.
Per riuscire a capire quanto della luminosità totale andasse persa, Hayes e il suo team ha usato la camera FORS al VLT e un apposito filtro in banda stretta [2] per misurare questa luce Lyman-alfa, seguendo la metodologia standard delle osservazioni in Lyman-alfa. Poi, usando la nuova camera HAWK-I, unita ad un altro telescopio del VLT, hanno esaminato la stessa area dello spazio per luce emessa ma a una differente lunghezza d’onda, anche questa emessa dall’idrogeno eccitato, e conosciuta come la riga H-alfa. Hanno specificatamente indirizzato lo sguardo alle galassie la cui luce stava viaggiando da 10 miliardi di anni (redshift 2.2 [3]), in una ben conosciuta area del cielo, chiamata campo GOODS-South.
Biodiversita’
Il Mediterraneo rappresenta soltanto lo 0,8% della superficie marina dell'Oceano mondiale; ma la consistenza della sua biodiversità è paradossalmente relativamente elevata.
Le alterazioni ambientali, di origine sia naturale (cambiamento climatico globale, eventi sismici, dissesto del suolo ecc.) che antropica (eccessivo sfruttamento delle risorse rinnovabili, inquinamento, indiscriminato utilizzo della fascia costiera ecc.) e l’invasione di specie aliene, costituiscono le maggiori minacce per la biodiversità marina. Preservare la biodiversità nei popolamenti marini significa conservare le specie autoctone ed endemiche, mantenendone intatti i patrimoni cromosomici, in modo da garantire alle diverse popolazioni la possibilità di evolversi geneticamente in modo autonomo; la diversificazione all’interno di una stessa specie è garanzia di una maggiore adattabilità alle modificazioni dell’ambiente.
Lo studio della biodiversità marina, sottovalutato per troppo tempo, si è intensificato negli ultimi anni per identificare le problematiche e le priorità di azione per individuare strategie di intervento per la tutela degli habitat e di tutti gli organismi a rischio di estinzione o in condizioni di precario equilibrio. Allo stato attuale i frequenti episodi di depauperamento ambientale provocano spesso la perdita di “particolarità” biologiche, soprattutto a livello di quegli organismi che si trovano ai vertici della piramide alimentare (cetacei, pesci cartilaginei, tartarughe ecc.).Le attività antropiche che insistono lungo le coste meridionali del nostro territorio nazionale sono caratterizzate, per lo più, dalla mancanza di una seria programmazione ecocompatibile. L’eccessivo sfruttamento della fascia costiera provoca una condizione inevitabile di alterazione dell’ecosistema marino soprattutto per quanto riguarda la piattaforma continentale.
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